5.

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Ninive

Il fine settimana era passato in fretta. L'incontro con Collin nei bagni mi aveva destabilizzato, e questo mi recava un fastidio non indifferente.

«Lo stai evitando come la peste!» commentò Amy stando al mio passo, mentre i corridoi della Harrison, semivuoti, ci accompagnavano nella loro immensa eleganza.

«Di chi stai parlando?» chiesi ingenua, sapevo a chi si riferiva ma era più facile mentire e lasciar cadere la conversazione nel dimenticatoio.
«Il batterista...» commentò abbassando di un tono la voce dolce e armoniosa, poi mise una mano vicino la bocca prima di nominare l'innominabile. «Collin» concluse, guardandomi seccata.

Amy era buffa, spesso poco aggraziata nei movimenti, eppure emanava una luce così pura che quasi mi dispiaceva rovinarla con la tristezza che portavo addosso. Scoppiai in un risolino sostenuto proprio per i suoi modi così delicati, poi la guardai dritta negli occhi, pronta a sfidarla.

«Lui è la peste, meno lo vedo, meglio è per tutti!» continuai.
«E poi, vogliamo ricordarci di come hai ignorato Roy negli ultimi giorni?» alzai le sopracciglia, fingendo stupore.
Mi fermai accanto a lei che era intenta ad aprire il suo armadietto, era diventata paonazza e nervosa.

«Oh bene, io cerco di aiutarti...Invece tu sei scorretta!» i suoi capelli profumavano di lavanda, mentre ondeggiavano a destra e a sinistra chiari e splendenti.
«Non sono il suo tipo. Poi i miei genitori cambierebbero stato, pur di non farmi uscire con uno stronzo patentato come lui!» chiuse con forza l'armadietto.

Non potevo biasimarla, aveva ragione.
Loro erano avventati in ogni cosa, anche se Gregory mi sembrava il meno pericoloso dei quattro.

«Se il tuo cuore ti suggerisce di fare altro, fai altro» le consigliai diretta e scocciata.
«Potrei dirti lo stesso»
«Non ricominciare, ti prego!» alzai gli occhi al cielo.

«Girati Nì!» esclamò a mezza bocca, prima di arrotolarsi i capelli tra le dita.
Senza rifletterci troppo mi voltai, e il cuore accelerò fino a farmi male.

Collin, Logan, Roy e Bryan camminavano arroganti e spavaldi lungo il corridoio, che diventò immediatamente troppo stretto, così tanto da mozzarmi il fiato. Ridevano tra di loro come se nessuno potesse toccarli.
Sembravano i re del mondo.

Gli occhi di Collin si fermarono su di me, forse più del dovuto perché questo bastò per ammutolirlo, dopo l'ultimo nostro incontro avevo deciso di prendere le distanze.

Erano delle divinità irresistibili, scolpiti nel marmo e rivestiti di virilità disarmante e magnetica. Probabilmente erano il desiderio proibito di tutte le donne che incontravano per strada, ma io non volevo essere una delle tante. In realtà non volevo essere nessuno, sopratutto per lui.

«Bene, io vado fuori a prendere aria. Tu che fai?» chiesi ad Amy tornando a dare le spalle alle "quattro anime nere".
«Io rimango qui»
«Sicura?»
«Si, miss "faccio altro"!» mi sorrise ironica, così roteai gli occhi infastidita.

Appena varcai la porta principale, alla fine del corridoio, una folata di vento freddo mi scosse. New York era una città magica e io non avevo avuto ancora modo di visitarla, ero così presa dai problemi che non mi ero resa conto che fosse passata già una settimana.
Quella sera Dylan ed Amy mi avrebbero portata in un pub vicino la Harrison. Lo chiamavano "il quartierino" perché, nonostante fosse piccolo, ci andavano tutti quelli che frequentavano l'accademia.

«Pensi che sfuggirmi cancellerà quello che ci siamo detti nel bagno?» la voce baritonale del batterista risuonò nelle mie orecchie. Chiusi gli occhi, poggiando una mano sul petto per lo spavento, poi li riaprii prendendo fiato.
«Mi segui per caso?» chiesi tagliente, poi assunsi una posizione sicura incrociando le braccia al petto.

Con gli stessi occhi Where stories live. Discover now