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"Silence can destroy, get up and raise your voice"
- 'Noise', Tokio Hotel, 00.51, Humanoid

È incredibile quanto velocemente scorra il tempo. Le lancette dell'orologio danzano in un vortice inesorabile, trascinandoci con loro. Come foglie alla deriva su un fiume impetuoso, ci ritroviamo immersi in questa corrente temporale, incapaci di fermarla o rallentarla. Ci svegliamo un giorno e ci rendiamo conto che sono passati giorni, eppure sembra che sia stato solo un istante.

Il tempo è un mistero, un flusso inafferrabile che ci sfugge tra le dita. Forse è proprio questa fugacità a renderlo così prezioso. Ogni momento, ogni battito del cuore, è un dono che ci viene concesso. Eppure, spesso lo sprechiamo, lo lasciamo scivolare via come sabbia tra le mani.

Queste furono le parole che risuonarono nella mente di Thomas quella mattina quando a svegliarlo fu come al solito l'aria fredda che entrava dal balcone che Newt apriva per andare a fumare la sua solita sigaretta della mattina.

Per Thomas il fatto che fossero passate già due settimane da quando era arrivato in Italia era surreale. Ma era così. Ogni giorno si ripeteva la stessa routine a cui oramai Thomas reagiva in modo automatico, come se ci fosse abituato da una vita.

Ogni mattina, come un orologio ben oliato, il suo compagno di stanza si svegliava alle nove precise. Sembrava avere una sveglia incorporata nel cervello, un meccanismo interno che lo catapultava dalla dimensione dei sogni alla realtà con precisione millimetrica. Thomas, invece, si svegliava sempre un po' smarrito, come se la notte avesse cancellato ogni traccia del suo passato.

Newt si alzava, attraversava la stanza con passi decisi e si dirigeva verso il bagno e ne usciva dopo qualche minuto. Prendeva poi un pacchetto di sigarette usciva sul balcone lasciando la porta aperta. L'aria fredda del mattino entrava nella stanza, svegliando Thomas dal torpore del sonno. Si alzava, ancora confuso, e si guardava intorno.

Si recava poi anche lui al bagno e, una volta uscito, il compagno di stanza gli rivolgeva un saluto cordiale. "Buongiorno" diceva, e Thomas rispondeva con un sorriso. Chiacchieravano poi del più e del meno, in attesa che Minho bussasse alla porta per parlare con Newt di cose che Thomas non origliava mai, per non invadere la loro privacy.

Scendevano poi tutti e tre insieme a fare colazione raggiungendo gli altri ragazzi . Durante la colazione mentre gli altri si scambiavano occhiate, parole e domande Thomas si guardava intorno cercando di memorizzare i volti delle altre persone che risiedevano nell'hotel cercando di ricordare se le avesse già viste, ma ogni mattina era sempre la stessa storia: riconosceva solo i ragazzi del suo gruppo, nessun'altro.

I pomeriggi, invece, erano diversi ogni giorno. Roma si svelava a poco a poco, un pezzo alla volta. Visitavano luoghi diversi, scoprendo angoli nascosti e segreti millenari. Thomas cercava di memorizzare ogni dettaglio, ogni sensazione. Il calore del sole sulla pelle, il profumo delle strade, il suono delle voci intorno a lui.

La sera, dopo le visite, si riunivano con il resto del gruppo. Dove mangiare? Dove andare? Le decisioni venivano prese sul momento. Thomas si sentiva un osservatore silenzioso, un fantasma che fluttuava tra le scelte degli altri. Sembrava andare tutto per il meglio.

Quella mattina, mentre Minho parlava con Newt, Thomas controllava il proprio telefono. Stranamente aveva ricevuto parecchie chiamate e altrettanti messaggi da parte di Nicolas. Thomas provo a richiamarlo ma l'amico non rispose quindi lesse i messaggi.

Humanoid~ Newtmas AUWhere stories live. Discover now