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Piazza Teatro sembrava spoglia, ora che gli studenti fuori sede erano tornati a casa per il fine settimana

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Piazza Teatro sembrava spoglia, ora che gli studenti fuori sede erano tornati a casa per il fine settimana. Soltanto pochi ragazzi stavano occupando i tavolini del pub; sentivo il tintinnio dei loro bicchieri e l'odore dei loro panini. Dall'altra parte, una mamma dall'aria stanca aveva appena comprato il cono gelato ai suoi due bambini, un maschio e una femmina. Erano felici, di quel genere di felicità che si dimentica crescendo, quando tutto smette di essere lieto e colorato per diventare confuso e grigio.

Mi ero seduta a gambe incrociate sulla panchina di pietra, e stavo fumando una camel. Un anziano con una bottiglia in mano attraversò la piazza, barcollando, e venne quasi spinto a terra da un bel ragazzo biondo, coi capelli molto corti, che scappava da un connazionale che lo inseguiva inveendo in una lingua simile al russo. Li guardai sparire lungo la strada, e poi tornai a guardare i bambini: non stavano ridendo più.

Stefano e i ragazzi non si erano accorti di nulla. Stavano bevendo delle birre, in piedi davanti a me, parlando con grande coinvolgimento dell'ultima partita della Juve. Una noia mortale per me, che ero anche di malumore. Mi rilassavo gustando lentamente la mia camel. 

"È un ictus, quello?" Domandò Asia.

Anche la mia amica stava fumando, sedendo a cavalcioni accanto a me; dai buchi dei suoi jeans strappati si vedeva la calza a rete nera. Le piaceva apparire come una dura, probabilmente perché dentro non lo era affatto, e l'altezza giocava in suo favore, dato che sfiorava il metro e settanta; il suo viso rotondo circondato da una cascata di capelli neri, però, non faceva paura a nessuno. Persino il suo rossetto rosso scuro stava sbiadendo, rimanendo attaccato alla sigaretta.

"Può darsi." Risposi, scoprendo di avere guardato nel vuoto troppo a lungo. "Non riesco a smettere di pensare a Quasimodo, a quanto sia imbecille e inopportuno. Sono una cattiva persona se gli ho augurato di morire?"

Asia espirò il fumo da un lato, con espressione scettica.

"Dipende. Ti ha messo le mani addosso?"

"Sei seria? Forse non l'hai visto bene." Replicai incredula. "È un nerd, non sa nemmeno come si fa! No, ho perso la testa perché ha messo in mezzo mio padre. Ha detto che mi ha abbandonato, ma lui che cazzo ne sa? Mio padre vive di trasferte, è il suo lavoro!"

Presi un altro tiro, molto lungo. Mi stavo innervosendo, e la sigaretta riusciva a malapena a calmarmi. 

"Devi dirlo a tua madre." Commentò la mia amica. "Lui è un estraneo, non ha diritto di parola sul vostro rapporto!"

Sbuffai, alzando il sopracciglio: "Mia madre non mi ascolta quando si tratta di Dario. Non capirò mai perché le piace. Non ha carattere, non è nemmeno bello."

"Però sembra uno che sa darle sicurezza." Disse ancora Asia, e il suo sguardo si era rabbuiato. "Forse è per questo che ci sta. Meglio coglione che strafottente, no?"

Sbuffai, perché aveva indovinato. Dario era comunque il ragazzo più colto, serio e affidabile che mia madre avesse mai trovato. L'avevo vista uscire con molti ragazzi simpatici, ma alla fine si erano tutti rivelati degli stronzi.

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