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Mio padre si era bloccato, sconvolto, davanti alla porta

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Mio padre si era bloccato, sconvolto, davanti alla porta. Una vena gli pulsava sul collo come in un manga giapponese. Il suo sguardo vagava tra me e Gianmarco addormentato, che a un tratto, come a voler peggiorare la situazione, si grattò distrattamente il pacco.

La sua compagna, Anna, soffocò una risata. Toccò mio padre e gli ricordò di avere ancora il cellulare in mano. Dall'altro capo del telefono, infatti, il suo interlocutore continuava a urlare con voce ovattata:

"Davide? Che cazzo stai facendo? Pronto?"

Lui portò di nuovo il cellulare all'orecchio e disse soltanto:

"Emergenza di famiglia, ti richiamo." Infilò il telefono nella tasca della tuta e aggiunse, guardandomi severo: "Allora? Che cazzo ci fai con lui? Come lo conosci?"

"Non lo conosco." Ammisi, per poi pentirmene. "È amico di un mio amico. Ieri sera ho... ho litigato con Stefano, non sapevo dove andare, mamma non c'è..." Arrossii completamente. "Mi ha detto che quella stanza era per me, ma non che era per me me... o che c'eri anche tu. Cavolo, lui lo sapeva! Ha fatto finta di non conoscermi, ma sapeva!"

"Non ci sto capendo niente!" Sbottò mio padre, grattandosi il capo rasato. "Voglio sapere perché cazzo eri qui!" E indicò il letto di Giamma.

Ero distratta, confusa e stanca. Anna se ne rese conto e intervenne:

"Basta, Davide, ne parliamo dopo. Forse la ragazza ha bisogno di fare colazione. Vieni, tesoro."

Mi guidò per pochi passi fino alla cucina. Mio padre lanciò un'ultima occhiata sprezzante su Giamma prima di richiudere la sua porta e borbottare:

"E continua a dormire! La piccola testa di cazzo..."

Di fronte a una cucina piccola, ma con ogni evidenza appena arrivata da Ikea, c'era un tavolo rettangolare bianco altrettanto nuovo. Le sedie erano di un semplice e comodo design svedese. Mi gettai su di una di loro e mi tenni la testa. Non era sicuramente uno dei miei giorni migliori.

"Ti piace lo yogurt greco?" Mi domandò Anna, aprendo il frigo. "Noi mangiamo solo quello. Ci puoi mettere i biscotti dentro."

"Lo yogurt va bene." Risposi.

Mio padre sedette di fronte a me e continuò a scrutarmi, come se la risposta ai suoi sospetti potesse trovarsi stampata sulla mia faccia. E io ne avevo fatte di cose imbarazzanti, quella sera, ma andare a letto con Giamma non era in lista. Eppure mio padre credeva di sì.

Portava i capelli rasati quasi a zero, coi quali cercava di nascondere un principio di calvizie, e aveva degli occhi castani temprati da anni di esercizio fisico. La forma del suo viso squadrato era completamente diversa dal mio, ma ci somigliavamo un po' nel naso e in alcune espressioni.

Mi era mancato. Ma per non morire di vergogna a causa dei pensieri che gli frullavano in testa, mi distrassi voltandomi verso la parete d'ingresso. Quando ero arrivata, di notte, avevo notato alcune foto di famiglia appese al muro. Ora vedevo i volti di Davide e Anna, altre con Anna e Giamma, e una con me e papà: era stata scattata al mio diciottesimo e, malgrado il trucco e il bel vestito da sera blu scuro, il mio viso era facilmente riconoscibile. Gianmarco avrebbe potuto riconoscermi anche per strada.

StepfatherWhere stories live. Discover now