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Troppe stranezze in poche ore; era questo il mio unico pensiero

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Troppe stranezze in poche ore; era questo il mio unico pensiero. Dopo avere ingurgitato una brioche, Giamma era tornato nella sua stanza ed era sparito. Anna era andata a lavoro, e mio padre si era buttato sul divano dopo avere mimato il gesto di sbattere il telefono contro il muro.

Dovevo ancora realizzare che quel posto e quelle persone fossero reali; che papà fosse proprio davanti a me, e che potessi parlargli in un posto tranquillo, dove non c'era muffa sul tetto e una reception al piano terra, dove non servivano alcol e non c'era musica. Stavolta eravamo soltanto noi due. Peccato che non eravamo mai stati così apparentemente a pezzi.

Mi sedetti al suo fianco e lo guardai sospirare e toccarsi la testa, pensieroso. Si voltò, come se si fosse appena ricordato di me, e mi accarezzò grezzamente la schiena.

"Stai bene, papà?" Gli domandai, ma era evidente che avesse avuto dei giorni migliori.

"Sì, dai." Rispose, quasi sorpreso dalla domanda. "Non è niente di grave, è solo che certe persone non si possono battere ai calci di rigore. Tu come stai? Hai detto di avere litigato con... come si chiamava?"

Compresi che non volesse più parlare del suo lavoro, così mi limitai a rispondere alla domanda.

"Stefano. Sì, è diventato tutto molto strano, con lui, nell'ultimo periodo. Non so cosa fare."

Abbassai lo sguardo, sapendo che non avrei trovato il coraggio di guardarlo negli occhi e ammettere, anche solo nella mia testa, che preferivo un altro uomo... uno che lui conosceva e che aveva sempre trattato come un moscerino insignificante. Uno che, secondo lui, non era buono neanche per stare con la sua ex.

"Detto da uno che è stato mollato da un sacco di ragazze: mollalo. Se non ti piace, vuol dire che è un buon a nulla. È quello che dicevano a me, comunque."

Non era giusto. Mi avvicinai a lui e lo abbracciai, poggiando la testa alla sua spalla. Mio padre non si era mai lasciato andare a delle manifestazioni d'affetto sdolcinate, ma stavolta si sciolse dopo un primo momento in cui era rimasto sulle sue. Si rilassò e mi abbracciò in silenzio. Quando inspirai l'odore della sua tuta, realizzai che finalmente ero a casa.

"Sono tanto felice di rivederti." Gli dissi, chiudendo gli occhi. "Mi sei mancato tanto."

"Anche tu, piccola. Ora che ho una casa, mi aspetto di vederti qui più spesso. Ti è piaciuta la nuova stanza?"

"C'è troppo rosa, per i miei gusti..." Risposi, con un sorriso incerto. "Ma apprezzo il gesto. Grazie."

I suoi occhi si rallegrano. Quando sciolse l'abbraccio, mi sentivo già meglio. Il divano si trovava proprio sotto l'unica finestra della stanza, di fronte alla parete più lunga, e il dolce tepore della primavera ci accarezzava portando con sé l'odore dei cornetti appena sfornati. C'era il bar sotto casa. Pensai che se mi fossi trasferita qui sarei svenuta ogni mattina dalla voglia di mangiarli tutti.

StepfatherWhere stories live. Discover now