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Rasha osservò il giovane Perlustratore allontanarsi, mentre Kuhjiarth lo riaccompagnava sull'altra riva del lago.
Per un momento si pentì di aver detto al guerriero di condurlo sulle scure acque del lago, desiderando invece poterci parlare ancora un po'.
Era così tranquillo, gentile, intelligente...

Si voltò.

Spalancò la porta della Rocca degli Squali e la varcò. Si avviò a grandi falcate verso la sua stanza.

Camerieri e servitori, che entravano ed uscivano da quella moltitudine di stanze che caratterizzava la Rocca degli Squali, osservavano stupiti la loro Capotribù perdere di colpo la tutta la sua eleganza, con quell'andatura così inusuale per Rasha... o almeno, per la Rasha che la Tribù conosceva.

Rasha era uno spirito libero: ribelle, coraggiosa, impavida e determinata, ma anche sentimentale... un carattere non molto consono ad una Capotribù, per cui Rasha era, agli occhi dei suoi sudditi, fredda, scostante, ma pacata...

In realtà, odiava apparire così.

A dirla tutta, odiava proprio essere Capotribù. Dodici anni prima, suo padre Iraq degli Squali, l'attuale Capotribù degli Squali, era stato ucciso dal suo squalo, Nahvajo, sotto gli occhi inorriditi di una giovanissima Rasha di soli cinque anni. Essendo l'unica erede di Inaq, divenne subito Capotribù: il giorno dopo venne svolta la sua Sacra Cerimonia, con undici anni di anticipo, poiché non poteva diventare Capotribù senza essere unita con uno squalo. Venne rispettata un'antica tradizione della Tribù degli Squali, ovvero quella di ereditare, oltre al titolo di Capotribù, anche lo squalo. Rasha, quindi, iniziò subito ad addestrarsi nel combattimento insieme a Nahvajo, nonostante lo odiasse per ciò che aveva fatto a suo padre.

Finalmente, raggiunse la sua camera.

Solitamente, alla vista del cartello appeso alla porta che riportava la scritta "Lasciate ogni speranza, voi che entrate", che le aveva regalato Malvern, a Rasha sfuggiva sempre un sorriso.
Ma non quella volta.
Quella volta si fermò per un attimo ad osservarlo, sforzandosi di rimanere impassibile, ma le lacrime s'insinuarono con prepotenza nei suoi occhi. Batté le palpebre per scacciarle, ma queste scesero con insistenza lungo le sue guance. Scosse la testa, frustrata. Aprì la porta e se la richiuse alle spalle, lanciandosi nella sua stanza.

Si lasciò cadere sul suo morbido letto, stringendo tra le braccia il cuscino ed affondandovi il volto in lacrime.

I doveri e le responsabilità che aveva in quanto Capotribù, che con l'imminente guerra e dopo la discussione con il giovane Perlustratore dei Lupi si ampliavano, improvvisamente le pesavano come macigni.

Ma non era finita qui.

Rasha aveva un segreto, un segreto che non sarebbe mai dovuto essere svelato, per il bene delle Tribù dei Lupi e degli Squali.
Senza di esso, la giovane non avrebbe potuto vivere, ma con esso metteva a rischio la vita di centinaia di persone.

«Perché proprio io?», si chiese, disperata, la giovane Capotribù. «Perché, tra tutti, doveva capitare proprio a me?»

In quel preciso istante, qualcuno bussò alla porta.
«Vostra Altezza, desiderano vederla», annunciò una voce che Rasha riconobbe come quella di Trish, la sua più fedele servitrice.
«Non fate entrare nessuno», singhiozzò Rasha in risposta.
«Si da il caso che il vostro ospite sia il Capotribù dei Lupi Sua Altezza Gloriosissima Malvern dei Lupi», obiettò l'anziana servitrice, con la sua voce gracchiante.

Rasha si alzò, asciugandosi in fretta le lacrime.
«In tal caso», disse allora, «lo raggiungerò io».

Detto ciò, uscì dalla sua stanza e si lanciò di corsa nel lungo corridoio che conduceva all'entrata, ignorando le occhiate di rimprovero dei camerieri che incrociava nella sua corsa sfrenata.

Wilderness | A Shadow In The Hearts Of WarriorsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora