Capitolo 8

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Noah

Uscì da quella sottospecie di scantinato e cercai mio padre. 
Non aveva il diritto di toccare quello che spetta a me. Le regole sono regole anche per noi.
Lo trovai seduto al tavolo, mentre era preso a baciarsi con Kevin.

Questa era una di quelle scene a cui detestavo prendere visione.

Schifato me ne andai. Ci avrei parlato dopo, molto probabilmente, perciò cercai il Manuel che trovai nel mio ufficio.
«Che ci fai qui?» lo guardai con le braccia conserte. Sapeva che gli era proibito entrare negli uffici di tutti e tre. 
Lo vidi sobbalzare sul posto e balbettare cose incomprensibili.

Possibile che questo mocciosetto abbia paura anche di una semplice domanda? Non mi stupisco che mio padre abusi di lui ogni volta che vede, perché questo è esattamente quello che lo fa eccitare di più. 
Stessa cosa vale per Kevin. Sono uno peggio dell'altro e io posso confermarlo con estremamente certezza.

Scossi la testa con ancora il cotone, la pomata e il disinfettante nelle mie mani sporche del sangue di Joshua.
«Seguimi Manuel» sospirai e lui annuì correndo dietro di me.
Andai in bagno a posare quello che avevo preso dal mobiletto dei medicinali e iniziai a lavarmi le mani sotto lo sguardo attento del più piccolo. «Ho un compito per te» dissi e lo vidi tremare.
Inizialmente non capì il motivo, poi mi ricordai i compiti che gli dava mio padre o Kevin. 
Non erano molto piacevoli, dato che erano più delle torture che dei compiti.

Mi sentì in obbligo a rassicurarlo «Tranquillo, non è una di quelle bestialità che ti fanno fare gli altri due.» finì di lavarmi le mani e me le asciugai lentamente «O-Okay, allora che devo fare padrone?» mi si gelò il sangue per come mi aveva chiamato «Facciamo che sono due, va bene?» mi avvicinai a lui e gli accarezzai i capelli. 

Non riusciva a guardarmi in faccia senza tremare e questa cosa mi fece irrigidire. 
Però era questo quello che voleva mio padre. La totale sottomissione delle sue prede. Infatti gli aveva fatto firmare la liberatoria per renderlo un suo oggetto. 
Manuel aveva firmato la sua condanna da solo. Era così disperato che ha firmato.

Pensai per un attimo a Joshua. Ero felice che non avesse intenzione di mettere una firma a quella liberatoria. Perché così ho potuto falsificare la sua firma, in modo che se dovesse riuscire a scappare e chiamare la polizia, trovavano un documento contraffatto. Perché non c'era la sua vera firma. L'avevo falsificata io stesso.

Tornai alla realtà quando una mano si posò sulla mia. Mi resi conto di star stringendo i capelli a Manuel, proprio perché cercò di allentare la mia presa.
Gli lasciai subito i capelli. Come se bastasse per scusarmi. 
«Sei curioso di sapere quali sono i tuoi due compiti?» gli alzai la testa per guardarlo in faccia «Il primo compito è che devi portare un vassoio con un pasto completo a Joshua. Mi raccomando, mettici anche dell'acqua e un dolce qualsiasi che trovi in cucina. Ha bisogno di mangiare, soprattutto dopo quello che gli ha fatto mio padre. Non resisterà qualche ora di più, altrimenti.» lo vidi annuire stupito di quel compito così semplice «Poi, oltre questo gli dovresti portare anche dei vestiti. Puoi prendere tranquillamente i miei vestiti, magari quelli che sono piegati nei cassetti. Tanto non li uso mai, quindi non mi dispiace nemmeno» feci un passo indietro per allontanarmi da lui. Poi proseguì «Il secondo compito è ancora più semplice» stavolta il suo sguardo era curioso di sapere di cosa si trattasse. 

Mi venne da sorridere, ma mi sarei condannato da solo. In quella casa c'erano le telecamere e mio padre mi controllava spesso e volentieri.

«Quando siamo solo io e te, chiamami Noah.» gli feci cenno di andarsene e scioccato corse via. Probabilmente era andato a fare il più velocemente possibile l'ordine assegnato.

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