Controllo

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La guardo, mentre mi domando perchè non possa essere mia e io suo.

Cosa ho fatto di male per non meritarmela?

"Sei semplicemente inadatto. Si merita molto di meglio, mentre tu sai a malapena alzarti dal letto senza urlare, picchiare qualcuno o lamentarti riguardo la tua vita."

Giusto.

Spengo la sigaretta e rimango alla finestra, osservandola spingere la sua sorellina sull'altalena.

Si chiama Ilary, quella piccola peste.

Ha solo 2 anni, eppure è un vero diavoletto.

Ogni lunedì lei e sua sorella maggiore stanno insieme, giocano al parco e fanno merenda lì.

Lo so perchè è diventato il mio giorno preferito della settimana.

Di sempre.

Non nego che la mia testa mi giochi brutti scherzi e la notte mi faccia dannare: da anni non chiudo occhio senza timore di fare gli incubi.

E il mio malumore non riguarda solo le ore di sonno: mattina, pomeriggio, notte.

È qualcosa di costante, radicato nel mio essere.

Non vivo più, amici miei.

E va bene così.

Almeno, andava. Perchè poi, qualche mese fa, questa famiglia si è trasferita proprio di fianco a me.

E i miei occhi si erano posati su di lei.

Solare, bellissima e leggera in tutto ciò che faceva.

La reincarnazione della spensieratezza, almeno per me.

Chissà se era davvero così disinvolta o anche lei aveva i suoi demoni a farle compagnia...Avrei tanto voluto saperlo.

In quel momento, la bambina alza lo sguardo e si accorge di me.

Mi regala un piccolo sorriso, con quella bocca a forma di cuoricino.

Adoravo i bambini, perchè non avevano ancora appreso quanto il mondo fosse arido di gentilezza e comprensione.

Oppure, ne erano già coscienti a causa di qualcosa.

E speravo davvero di no.

Sorrisi alla piccola e la salutai con la mano, finché non sentii la porta di casa sbattere.

Mio padre, quel pezzo di merda.

Tornava solamente quando gli serviva qualcosa, altrimenti non si faceva vedere mai.

"Johnny, hai mica una bottiglia di Wisky? Non ho più soldi" cadde sul divano e un pessimo odore si diffuse per la casa.

"No, e ora sparisci" il disprezzo che provavo per quest'uomo era assurdo.

"Ma è tuo padre"

Ma vaffanculo.

Da sempre lo ricordo con uno spinello o una bottiglia di liquore tra le mani, addirittura qualche volte me la porgeva.

La prima volta avevo 4 anni.

Vero, mia "madre" ci aveva abbandonati entrambi poco dopo avermi partorito, ma non era di certo colpa mia.

Giusto?

Non avevo avuto dei genitori, ero cresciuto solo.

Lui mi guarda arrabbiato e comincia a blaterare cose senza senso, ma poi la sento.

Quella cazzo di frase.

"Che figlio tremendo, davvero. Ha perfino fatto scappare sua madre, aveva previsto che stronzo sarebbe stato."

Perchè lui dava sempre la colpa a me, mai a lei.

La mia testa si riempì di brutti pensieri.

Perchè non mi lasciava vivere? Perché non moriva?

Non ne posso più della gente che cerca in tutti i modi di farmi perdere le staffe.

Lo afferro per un braccio e immediatamente lo sbatto fuori di casa.

"Vaffanculo"

E poi cerco di respirare in maniera tranquilla, ma è più difficile del previsto.

Morirò in questo posto, a causa delle persone che avrebbero dovuto volermi bene.

Senza farci caso, ritorno alla finestra e noto che le due sorelle non sono più al parco.

Deluso, mi incammino verso la cucina, con lo scopo di preparare qualcosa da mangiare.

E poi lo sento.

Il campanello.

Vado ad aprire, chiedendomi chi diavolo fosse a quell'ora, e mi ritrovo davanti proprio loro due.

La bambina mi sorride amorevolmente e salutandomi con la manina, mentre l'altra mi dice che avrebbero voluto passare la serata in compagnia di qualcuno.

Ma io sapevo.

Sapevo che aveva sentito me e mio padre litigare.

Me lo fece capire quando mi regalò uno sguardo di comprensione, che stranamente non mi diede fastidio.

Non le facevo pena, voleva solo passare una serata insieme e aiutarmi a passare oltre.

"Abbiamo portato la crostata! Ness dice sempre che rallegra l'umore!"

La ragazza della quale avevo appena scoperto il nome mi regalò un sorrisetto ed entrò.

"Tutti abbiamo bisogno di qualcuno, quando i pensieri intrusivi si fanno largo nella nostra testa. Io ne so qualcosa, Jhonny."

Come conosceva il mio nome?

La guardai sorpreso e le sorrisi leggermente, per  farle poi  accomodare.

Quella sera non mi sarei sentito solo al mondo.

E forse avevo una speranza, con quella ragazza.

Forse non mi avrebbe considerato inferiore a nessuno.

Avrei fatto di tutto pur di farle entrambe felici.

Così come loro quella sera avevano fatto con me.

Senza TitoloWhere stories live. Discover now