Capitolo 7

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Seduta in un angolo, la schiena curva, Scarlett aspettava che suo padre finisse di visitare Alex. Eravamo a casa sua. Io giravo avanti e indietro, incapace di stare fermo dopo la scena a cui avevo appena assistito e dopo la notizia che avevo appena scoperto.

Alex, il doppelgenger, il ragazzo di cui mi ero innamorato, stava morendo. Un cancro lo stava consumando da tempo. Aveva fatto tutti i cicli di chemio possibili, ma non erano serviti. La malattia aveva vinto su tutto e presto lo avrebbe ucciso.

La porta della camera si aprì e un uomo sulla quarantina uscì. Il padre di Scarlett, un angelo come la figlia. Aveva lo sguardo puntato sul terreno e la testa china. Non era un buon segno. L’odore del sangue si era attaccato ai suoi abiti ed era disperso nell’aria. O forse era semplicemente rimasto nelle mie narici.

- Come sta?- domandai, andandogli incontro, mentre la ragazza si alzava.

Gli occhi dell’uomo mi fissarono per un lungo ed estenuante secondo, poi tornò a guardare il vuoto sul pavimento. – E’ peggiorato, molto. Le attività che ha fatto in questi tempi, lo hanno affaticato troppo, aggravando le sue condizioni. Temo che gli resti al massimo una settimana-.

Quelle parole furono come un pugno allo stomaco. Barcollai indietro, sbattendo la schiena contro al muro e prendendomi la testa tra le mani. Una settimana… Alex avrebbe vissuto solo un’altra settimana. E solo perché…

- Quindi il suo doppio ha accelerato la sua malattia?- domandai, con la voce che tremava.

- No, sono state solo le cazzate che ha fatto- replicò Scarlett, passandosi il dorso della mano su una guancia per cancellare le lacrime che la rigavano.

- Potete entrare, ma solo per un attimo. Deve riposare- asserì l’uomo.

Scarlett mi fece cenno di precederla. Con il cuore che batteva frenetico e il respiro corto, oltrepassai la soglia della stanza di Alex, avvolta dalla penombra.

Il ragazzo era steso in un letto a due piazze, accanto a una grande finestra con le tende tirate. Sembrava fragile, quasi etereo. Avevo paura che potesse scomparire da un momento all’altro. Il puzzo della malattia aleggiava tutt’attorno. Era lo stesso odore che ha la frutta quando inizia a marcire. Dolciastro e insopportabile.

- Alex- lo chiamò dolcemente Scarlett, sedendosi accanto a lui sul materasso.

Bite to SaveWhere stories live. Discover now