Sacrificio

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"Bene, domani alle 9.00 di mattina verranno a prenderla con il furgone, scortato da tre guardie. Dovrà portarsi via il cibo e acqua a sufficenza, non ci saranno soste. Arrivederci." la voce resa metallica dal telefono, mi avvisa della mia partenza.

Evvai, si torna all'Accademia!

E da Haley.

§§§

"Logan!" Urla mia sorella una volta entrata in camera mia.

"Io. Ti. Odio" sbotto guardandola. 

"Che dolce... anche io ti voglio bene!" Dice lei sorridendo e saltandomi addosso.

"Sai, se fai così non aiuti a farmi cambiare idea." la mia voce è soffocata dai cuscini.

"Lo so, fratellino, lo so. È che oggi parto anche io e non ci vedremo per tantissimo tempo... mi mancherai un casino." sussurra abbracciandomi un fianco.

Sposto un braccio e tolgo tutti i cuscini che avevo sulla faccia, per guardare mia sorella piangere.

"Alexis... appena finisco il mio addestramento troverò un modo di contattarti. Fosse l'ultima cosa che faccio" la rassicuro, guardandola.

"Davvero?" 

Sembra una bambina adesso.

"Davvero." affermo.


"Vedi di non picchiare più nessuno..." mi rimprovera mia madre, quando sono ormai sull'uscio di casa.

Non prometto nulla, donna.

Indosso la divisa dell'Accademia, con il mio fidato coltello dentro lo scarpone.

"E poi chissà, magari la prossima volta che ci vedremo saremo sul campo di battaglia." continua.
Mi immagino i miei genitori che combattono insieme a me ed Haley... no, troppo raccapricciante.

"Logan..." mi chiama mio padre.

È comparso in cucina, con un cofanetto di velluto blu scuro in mano.

"Penso che tu sappia già cosa stai per ricevere. Fanne buon uso." dice sorridendomi, per poi passarmi la scatoletta.

La apro lentamente e anche se sapevo già cosa aspettarmi, rimango sorpreso lo stesso.

Un pugnale, dalla lama bianca perlata, brilla alla luce del sole. Il manico è nero, rilegato in pelle, con una perla incastonata al centro. Sembra quasi una mini-spada.

È passata per generazioni tra la nostra famiglia. È una specie di rito di passaggio, tenere il pugnale finchè non si è trovata la propria arma.

"Grazie!" sussurro.

"È per l'azione che hai compiuto venerdì sera, alla protesta. Hai avuto coraggio, figliolo. Sono fiero di te." dice dandomi una pacca sulla spalla.


Questa volta è più dura andarsene, avevo già detto addio per un anno ai miei genitori, sorella, la casa, la pizza...

Si okay, l'ho mangiata per quattro cene di seguito.

Comunque, mi dirigo verso lo spiazzo dove l'altra volta il furgone mi aveva lasciato e aspetto.

Appena arriva, mi fanno fare le solite procedure e mi chiudono le portiere alle spalle.

Stranamente sono in tre, mentre di solito ce n'è solo uno.

Cerco di mettermi comodo su un angolo, sdraiandomi per terra e mi metto a guardare fuori: la città, grigia e monotona, lascia presto spazio a un'arida steppa. 

Compagni Di GuerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora