capitolo 1-Presagi

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Mi acconciai i capelli color miele in una treccia. Di solito li raccoglievo in una coda alta, ma questo era un giorno speciale...era il mio sedicesimo compleanno. Schiusi le labbra in un sorriso. Finalmente, mi sarebbe stata concessa maggiore libertà.
"Diana!Sbrigati!" Mia madre mi richiamò dal piano di sotto ed io mi affrettai a scendere le scale. Un fragrante odore di frittelle penetrò nelle mie narici. "Uhm, che buon profumo!"esclamai. Mia madre si voltò e mi sorrise. "È il tuo compleanno! Pensavo che le frittelle ti avrebbero fatto piacere." "Le adoro!" Esultai, sedendomi a tavola. Lei mi scoccò un bacio sulla testa che io respinsi scherzosamente. "Auguri!" Ringraziai e, dopo aver terminato la colazione, indossai la giacca e presi lo zaino. Quando lo sollevai, però il polso mi bruciò in corrispondenza della voglia. Confusa, posai lo zaino e scoprii il polso destro. Su di esso, campeggiava una voglia bizzarra. Racchiuso in un cerchio di rampicanti, spiccava un cervo dagli occhi dolci. Pareva quasi un disegno, tanto che più di una volta mi ero chiesta se fosse un tatuaggio. Lo accarezzai col dito ma il bruciore era già scomparso. Sebbene titubante, decisi di non dargli peso e mi diressi a scuola.

"Ecco arrivata la festeggiata!" Esclamò raggiante la mia migliore amica, Clelia. Mi corse incontro e mi abbracciò. Ricambiai con slancio. Quando ci staccammo, ci raggiunse anche Den, il ragazzo di Clelia, nonché mio grande amico. Anche lui mi fece gli auguri, ottenendo un mio sorriso come ringraziamento. "Ragazzi, ricordatevi: stasera alle otto al bosco." Gli ricordai, lanciando un'occhiata di ammonimento. "Portate anche la tenda, mi raccomando" Per festeggiare il mio compleanno, decisi infatti di organizzare un campeggio. Potrebbe sembrare strano, lo riconosco, ma io preferisco i boschi ai soliti luoghi di raduno dei ragazzi. La natura mi rilassa e mi distende i nervi. Difatti il bosco è sempre stato il mio rifugio, il luogo dove posso concedermi una pausa dalla vita frenetica. "Sei sicura di quello che vuoi?" Mi chiese Clelia grattandosi la testa in un atteggiamento di disagio. "Voglio dire..." proseguì arrossendo. "Non ti piacerebbe una bella festa, circondata dai tuoi amici?" Le rivolsi un'occhiata interrogativa. Ero piuttosto stupita dal suo atteggiamento. "Clelia, mi conosci. Preferisco una tendata insieme a voi." Lei si morse il labbro inferiore. "Lo so, ma.." Den troncò la replica con un gesto fermo della mano. "Ragazze, non vorrei interrompervi, però ora dovremmo entrare in classe."
Lanciai un'ultima occhiata dubbiosa a Clelia ed entrai.
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Quando la prof ci annunciò che avrebbe consegnato le versioni, la classe entrò nel panico. Mormorii di ansia e paura percorrevano l'aula. "Spero che sia andata bene" mi sussurrò Vanessa, la mia vicina di banco. Le rivolsi un sorriso rassicurante. "Vedrai che avrai preso un buon voto" la rassicurai. Il mio tentativo di confortarla fu però un buco nell' acqua dal momento che sospirò. "Facile parlare per te. Tu sei un genio del greco!" Sbottò irritata scuotendo la chioma corvina. Alzai le spalle. Non potevo obiettare. Avevo una straordinaria abilità nella traduzione del greco, tanto più strana se si considera che nel resto delle materie avevo voti discreti. Il greco però faceva eccezione. Traducevo senza alcuna difficoltà, quasi fosse la mia lingua madre. Una capacità piuttosto invidiata dai miei compagni, come era possibile notare dall' atteggiamento di Vanessa. "Sei stata bravissima, Diana, come sempre!"mi sorrise raggiante la prof, consegnandomi la verifica. La sua voce mi riscosse dalle mie riflessioni. Dato il suo commento, non fu dunque una sorpresa quando notai il dieci rosso che spiccava sul foglio. Vanessa mi lanciò un'occhiata di pura invidia ma si ricompose quando notò il sette scritto a caratteri cubitali sulla sua versione. Il suono della campanella dell' intervallo interruppe la lezione. "Visto? Non c'era bisogno di preoccuparsi!" Lei sembrò sul punto di rispondere ma l'arrivo di Gabriel la fece desistere. "Il solito dieci, eh, secchiona?" Mi schernì con un sorriso derisorio, lo stesso che avevano i suoi amici alle sue spalle. Mi voltai verso di lui, stampandomi un sorriso volutamente falso. "Il solito scemo, eh Gabri?Perchè non vai a farti un giro?" Il sorriso gli morì sulle labbra e socchiuse gli occhi, i pugni stretti lungo i fianchi. Era evidente che odiava essere contraddetto, caratteristica che accomuna tutti i bulletti. Gabriel era uno di questi, il tipico ragazzo che per sentirsi forte deve prendere in giro gli altri. "Oh, ma guardatela! Si crede pure superiore! È chiaro che è la cocca della prof! Chissà in che modo avrà pagato il vicepreside per ottenere dei voti così alti...magari sua madre..." Fece un sorriso ammiccante in direzione dei suoi amici e mi si avvicinò ancor di più, con la chiara intenzione di intimidirmi. Con la sua altezza, mi sovrastava, ma non ne fui per niente intimorita. "Ah, davvero, Gabri, dunque sarei io la cocca?"gli domandai alzandomi in piedi. Feci un sorrisetto, pronta a scoccare la mia freccia. "Allora come si spiega che, dopo aver preso quattro in italiano, i tuoi voti si sono magicamente alzati? Hai mandato la mammina a protestare?Magari aveva un bel rossetto...il prof ne sarà stato felice" I suoi amici scoppiarono in una sonora risata. Gabriel invece divenne paonazzo per la rabbia e lanciò con gli occhi blu saette nella mia direzione. Potrei quasi giurare che il fumo gli uscisse dalle orecchie. Improvvisamente, mi afferrò il mento e lo portò all'altezza del suo viso, in modo che i nostri occhi si incrociassero. Osservando quegli abissi blu, mi rammaricai che fosse un bullo. Con quegli occhi magnetici, i capelli castani ed un fisico statuario, avrebbe stregato qualunque ragazza. Peccato che fosse uno stronzo. "Te ne pentirai."mi sibilò con rabbia. "Clelia non potrà proteggerti per sempre" aggiunse. Poi lasciò la presa ed uscì dall' aula, lasciandomi sgomenta. Le sue ultime parole, dal significato a me sconosciuto, mi allibirono. Che mai voleva dire? Vanessa, che fino a quel momento si era mantenuta in disparte, mi posò una mano sulla spalla, facendomi sussultare. "Tutto bene?" Mi voltai lentamente verso di lei, rendendomi conto solo in quel momento che avevo mantenuto lo sguardo fisso sulla porta. Annuii. "Non avresti dovuto provocarlo." Mi ammonì. Incrociai le braccia sul petto. "Avrei dovuto rimanere zitta mentre mi insultava?" Le chiesi con stizza. Lei arrossì leggermente. "No, ma...insomma sai com'è fatto. Sfidare un tipo così è pericoloso"
"Io non ho paura di lui" dichiarai decisa. "E nemmeno voi dovreste averne. In questa classe sono l'unica ad affrontarlo. Se invece..." fui interrotta dalla voce sprezzante di Gabriele. "Tu sei l'unica capace di sfidarmi "

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