Capitolo 4-Riunione Divina

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Il tempio era molto più vasto di quello di Artemide a Delo. Innanzitutto, il peristasi era doppio, conferendo notevole maestosità all'edificio. Esso era composto da colonne eterocrome, bianche e nere. Quest'ultimo era l'unico accenno di colore, perché il resto era bianco abbacinante.
Il frontone rappresentava invece un simposio degli dei del Dodekatheon. Naturale, dato che era il tempio ospitante le riunioni degli dei che decidono le sorti dell'universo.
"Allora, entri?" M'esortò Morfeo. Annui e salii l'imponente gradinata che precedeva l'ingresso.
Quando finalmente misi il piede dentro, la grandiosità mi colpì al punto di spalancare la bocca. Era ancora più sfarzoso e maestoso dell' esterno. Il soffitto era la raffigurazione di un cielo stellato, in cui erano segnate chiaramente le costellazioni.
Le pareti erano poi ricoperte da fregi realizzati con abilità, rappresentanti le gesta eroiche delle divinità più importanti dell' Olimpo. Esse sedevano su imponenti troni in fondo alla sala. Feci un respiro profondo e mi avvicinai, i miei passi lenti ed incerti che echeggiavano sul lucido pavimento di marmo.
"Benvenuta tra di noi, Diana" esordì con voce profonda da baritono Zeus.
Alzai lo sguardo verso il dio. Con la sua statura di almeno tre metri, incuteva soggezione.
Sul petto ampio, scendeva una lunga barba grigia. In mano stringeva il sfolgorante fulmine, segno che lo contraddistingue come dio della tempesta, nonché, naturalmente, padre degli dei.
"Che ci faccio qui?" Chiesi inarcando un sopracciglio,
con le braccia incrociate sul petto.
Il dio si protese verso di me.
"Piccola umana, la tua natura ancora non ti è stata rivelata?"
Alzai gli occhi al cielo, esasperata. Quante volte me lo avrebbero chiesto ancora?
"No"
Mormorii di disapprovazione passarono sulle bocche delle divinità. Rivolgendo ad ognuno una rapida occhiata, mi accorsi che i troni erano differenti tra loro. Erano, per così dire, personalizzati. Per esempio, quello di Atena, la quale mi scrutava con i suoi freddi occhi ametista, era piuttosto spartano, foderato di velluto color porpora e sormontato da una civetta. Afrodite, invece sedeva alla sua destra nel trono più raffinato dell' intera sala. Imbottito di fine damascato rosso cremisi, aveva intarsi dorati ed era persino dotato di uno specchio sul bracciolo.
All'estremità dell' ala opposta a quella delle divinità femminili, sedeva Ares. Il suo era certamente il più inquietante. Di un rosso cupo, della stessa tonalità del sangue, il suo trono era dotato su entrambi i braccioli di due teschi. Al suo fianco, sostava un levriero color nocciola dagli occhi rossi iniettati di sangue. Non appena incrociai il suo sguardo, mi ringhiò, mostrando aguzzi denti bianchi. Distolsi immediatamente lo sguardo.
"Cara Diana" esordì Zeus con un sospiro "non sei una comun..."
Lo interrupi bruscamente. "Mi risparmi i preamboli"
Il dio si accigliò un momento ma riprese a parlare. "In tal caso..." si passò una mano sulla barba "hai un forte legame con la dea Artemide. Un legame che trascende la natura, divina e mortale."
Lanciai un'occhiata ad Artemide, la quale ricambiò con sicurezza.
Sgranai gli occhi. "Sarei una semidea...figlia di Artemide?"
Avevo letto la saga di Percy Jackson, per cui ero piuttosto sensibile all'argomento. Tuttavia non avevo mai creduto alla loro effettiva esistenza. Inoltre, la situazione era del tutto differente.
La dea della caccia fece una risatina. "No, assolutamente. Ho fatto voto di verginità. Per me è impossibile avere figli."
Inarcai il sopracciglio in una muta domanda.
"Tu, Diana, condividi con me l'essenza divina."
Scoppiai in una risata. Probabilmente gli dei mi avrebbero considerato una pazza. Io però non riuscivo a fermarmi tanto era assurda l'idea.
Artemide si alzò dal suo scranno verde scuro, ornato sui lati da fregi scolpiti di animali del bosco. "È la verità" asserì rivolgendomi uno sguardo risentito.
"Essenza divina?" Chiesi con un sorriso canzonatorio. "Dai, è assurdo!"
A quelle mie parole, Demetra balzò in piedi, abbandonando il trono dorato adornato da tralci di grano e mais.
"Come osi deridere la nostra autorità?"
Serrai le labbra in una smorfia contrita. "Io veramente..."
Zeus sbattè forte a terra il fulmine, producendo un sonoro tuono. "Ora basta!" Intervenne con voce minacciosa. "Demetra, risiediti." Disse, accennando alla dea delle messi. "E tu, umana, ascolta tutto in silenzio. Potrai porre domande dopo"
Demetra scosse la chioma castana e si sedette, non prima di avermi fulminato con i suoi occhi verde prato.
Artemide si schiarì la voce e riprese. "Devi sapere che ogni dio ha una propria essenza che la contraddistingue dagli altri. Per esempio" disse indicando Afrodite " lei è la dea dell' amore, in tutte le sue forme, della bellezza e del desiderio sessuale."
Afrodite, dopo aver abbandonato la cura dei capelli che stava attuando grazie allo specchio, fece apparire su una mano una fiammella rosata, tendente al rosso verso la punta. La osservai esterrefatta.
"Come hai constatato tu stessa, ognuno di noi la può manifestare in qualunque momento. Possiamo maneggiarla come..."
Fu interrotta da un gridolino di orrore di Afrodite. "Come sei vestita!?"
Guardai il mio abbigliamento.
Indossavo un paio di jeans blu abbinati ad una t-shirt bianca con una felpa verde sopra. Era semplice e sportivo. Cosa aveva di sbagliato?
"Oh, ero così presa a sistemarmi l'acconciatura che non me ne ero accorta. Ma rimedio subito"
Con uno schiocco di dita, convertì i miei abiti moderni in un lungo chitone zaffiro con inserti d'argento. Si prese inoltre la licenza di cambiare acconciatura, trasformandola in un elaborato chignon. Osservandomi, repressi una smorfia. Era pur vero che ero elegante e raffinata ma io detestavo lo stile da madamigella bon ton. Apprezzavo molto di più un abbigliamento sportivo.
Artemide fu del mio stesso avviso e non fu contenta dell' ingerenza. Lanciò infatti un'occhiata ammonitrice ad Afrodite, la quale si limitò ad alzare le spalle. Dal canto mio, trovai la scenetta divertente. Feci un mezzo sorriso, pensando a come gli dei non resistessero alla tentazione di provocarsi l'un l'altro.
"Prima di essere bruscamente interrotta" riprese Artemide, indirizzando un sorriso falso alla dea dell' amore "ti stavo parlando dell'essenza divina, la quale, oltre ad essere manifestata, può essere..." mi rivolse uno sguardo penetrante "trasmessa."
Non mi scomposi. "Interessante." Scrutai la mano con finto interessamento "ma io che centro?"
La mia indifferenza provocò occhiate maligne e stupite da parte degli dei.
Artemide scese dal piedistallo e mi raggiunse. Sospirò lievemente. "Io avevo necessità di avere figli per cui, essendo per me irrealizzabile, ho trasmesso la mia essenza divina ad un'umana." Fece una pausa "A te."
"Cooosa?" Esplosi immediatamente "ma è impossibile!" Quella situazione era assurda a dir poco.
"Anche noi lo credevamo" intervenne Atena con voce ferma, incrociando con grazia le gambe. "Invece, attraverso un lavoro di analisi e ricerche, siamo riusciti ad installare la nostra somma essenza, ciò che racchiude la nostra personalità ed i nostri poteri, in un'umana comune come te."
Il tono con cui descrisse l'operazione, così freddo, distaccato e con una nota di superbia, mi fece sentire come Frankenstein: il risultato di un bizzarro esperimento. Non era certo una sensazione piacevole.
"Ma...cioè. .come può, come posso io...?" Digrignai i denti, imprecando mentalmente per la mie improvvise balbuzie "cioè quest'installazione, come la chiamate voi, é davvero inconcepibile per me! Davvero credete che io...una comune umana " dissi, riprendendo la definizione della dea dagli occhi ametista "possa contenere un simile potere? È assolutamente assurdo!" Mentre parlavo, gesticolavo in modo frenetico, sinonimo della mia confusione.
Artemide mi posò una mano sulla spalla, facendomi sobbalzare. "Io capisco che tu sia disorientata ma questa è la verità. Condividi con me il mio aspetto, le mie passioni, i miei interessi e persino il mio carattere "
Passeggiò circolarmente, con le mani giunte dietro la schiena.
"Posso dartene la prova. Come me, ami la natura, ma prediligi i boschi. Viceversa, odi la città, la confusione e l'inquinamento. Ad una serata in discoteca preferisci una passeggiata in alta quota. Di carattere sei una ragazza forte, determinata ed indipendente, che non ama sottostare alle regole"
Artemide mi lanciò un'occhiata d'intesa. "Ci ho azzeccato, non è vero?"
Ero senza parole. Per la prima volta in vita mia non ero in grado di articolare nemmeno un suono. In quelle parole avevo ritrovato me stessa. Completamente.
"Coincidenze" borbottai, ritrovando l'uso della parola
"Semplici coincidenze" dissi alzando fieramente il mento.
Gli dei incresparono le labbra in un sorriso derisorio. Non potevo biasimarli. Anche alle mie stesse orecchie, suonava come una difesa debole ed inconsistente.
"Mia cara" intervenne Era "tramite la mia esperienza millenaria, ti posso assicurare che le coincidenze non esistono" Aggiunse un sorriso rassicurante.
Tra gli dei lì presenti, Era era certamente quella che m'ispirava di più. Con i suoi capelli del medesimo colore dell' argento, qualche ruga d'espressione e due placidi occhi azzurri, era più simile ad una nonna amorevole che ad una dea autoritaria. Tuttavia non dovevo dimenticare che gli dei possono assumere qualsivoglia forma. Magari aveva scelto l'aspetto di una nonna per muovermi a compassione. Socchiusi gli occhi, rammentando a me stessa di non potermi fidare di nessuno.
Al mio fianco, Artemide sospirò lievemente. "Immaginavo non ci credessi. Sei una ragazza testarda, mi piaci" Sorrise "Però, posso fornirti un'altra prova. Il tuo nome, Diana, è il modo in cui m'invocano i romani" Si avvicinò ancor di più a me "certamente ciò non dimostra niente per cui..." sospese la frase e mi mostrò il polso. Su di esso, campeggiava una voglia identica alla mia. In ogni dettaglio. "È il marchio che sancisce il nostro legame" mi spiegò, usando le medesime parole del sogno. Spalancai la bocca ed arretrai di un passo.
L'aspetto fisico, il carattere...ed ora questo. Inoltre, ciò spiegava anche le mie eccezionali abilità di traduzione del greco antico. Non potevano più essere semplici coincidenze.
I pezzi del puzzle si ricomposero lentamente nella mia mente, dando vita ad un quadro grottesco ed inquietante. Perché se le parole di Artemide corrispondevano al vero, allora io...cos'ero? Una figlia acquisita? Una sua...copia? Il solo pensiero mi fece rabbrividire.
"Io...io..." balbettai. No. Non dovevo dare prova di confusione. Piuttosto, avrei dovuto mostrarmi sicura di me, per nulla turbata. Solo così avrei evitato che gli dei si approfittassero della mia momentanea debolezza.
"Ebbene, sembra che Artemide dica la verità" ripresi con una sicurezza che ero ben lungi dal provare "in tal caso, cosa significa?" Incrociai le braccia sul petto "sono una sorta di semidea?"
Gli dei si accigliarono assai nel notare la mia spavalderia. Gongolai in silenzio, complimentandomi con me stessa per la capacità di dissimulare le emozioni. L'unica che non credette alla mia recita fu naturalmente Artemide, che mi lanciò un'occhiata sospettosa prima di parlare. "In realtà, sei ben più di una comune semidea. Loro ricevono le caratteristiche divine solo parzialmente, attraverso la trasmissione genetica. Tu invece hai dentro di te tutta la mia essenza. Per cui..." si fermò un momento, con espressione assorta "la mia forma immanente, per così dire" Grazie alle mie nozioni da classicista, intuii che lei intendesse dire che ero la sua forma mortale. Ciò però implicava un problema piuttosto spinoso, quale la mia identità. Io ero dunque solo un contenitore in cui era stata versata l'essenza divina di Artemide? Ero quindi priva di personalità? Non potei gioire di questo pensiero. Anzi, semmai mi rattristava assai scoprire una simile verità. Tutti gli adolescenti della mia età s'interrogano sulla propria natura. Tuttavia, sono tutti dotati di proprio carattere. Ed io...invece? Non avevo davvero nulla che mi appartenesse?
"Dovresti esserne orgogliosa." S'intromise nuovamente Atena dal suo trono "sei la prima umana a cui è stato concesso il beneficio di essere investita dell' essenza divina." Disse freddamente, intrecciandosi i lisci capelli di una calda tonalità castana " il primo esempio d'intervento divino sulla genetica" concluse, abbozzando un sorriso.
Non ricambiai la sua gioia. Le sue parole non mi tranquilizzarono affatto. Anzi, mi sentii nuovamente come un esperimento. Un esperimento riuscito, realizzato sul tavolo di un laboratorio. Una sorta di Frankenstein, insomma. Un mostro. Né umana né dea...e nemmeno una semidea. Una cosa mai esistita prima, dunque, constatai con amarezza.
"Capisco" mormorai con gli occhi bassi, incapace di dissimulare la mia afflizione.
"Tuttavia, pur avendo accertato che l'essenza divina è stata instillata dentro di te" intervenne Zeus "non sappiamo fino a che punto sia penetrata nei tuoi geni" Ridusse gli occhi a due fessure "In altri termini, non siamo certi che tu abbia ereditato i poteri di Artemide"
"Ma come?" Sbottai, senza più trattenermi "Prima affermate che sono la forma immanente di una dea, e poi sostenete che non abbia i suoi poteri?"
Artemide sembrò indignata quanto me. "L'avete vista voi stessi! È identica a me, nell' aspetto e nel carattere!" Protestò
Il padre degli dei fulminò entrambe con lo sguardo che, notai solo in quel momento, era tra l'azzurro limpido di un cielo senza nuvole e il grigio delle nembi. Lo puntò a lungo su di me, facendomi rabbrividire per l'intensità e per la magneticità. Ero sicura che avrebbe potuto incenerirmi, se solo avesse voluto. Zeus era certamente colui che conosceva meglio l'espressione fulminare con lo sguardo.
"Artemide, riconosco le vostre affinità, ma dobbiamo avere l'assoluta certezza delle sue reali capacità. Sai bene quanto la situazione sia delicata." Le rivolse uno sguardo d'intesa che la dea ricambiò. "Naturalmente, eppure io sono certa che. .."
Venne interrotta bruscamente da Apollo "È un'umana! È più che probabile che la tua essenza sia stata corrotta in quel corpo mortale!"
Inarcai un sopracciglio, piuttosto arrabiata. "Posso accettare che voi esistiate, posso accettare di essere il contenitore di un'essenza divina, ma non posso tollerare che si parli di me come un'umile umana, disprezzata per la mia natura mortale!" Sbraitai con i pugni stretti lungo i fianchi e le guance arrossate "In più, come se io non fossi qui presente!" La frustazione accumulata in quel lungo e difficile colloquio esplose così, in modo incontrollabile.
Tra gli dei serpeggiarono mormorii di disapprovazione, gridolini di stupore e sentii persino epiteti assai poco lusinghieri rivolti alla mia persona. Io tuttavia non me ne curai. Né tantomeno mi pentii del mio sfogo. Avevo dimostrato loro che non ero un burattino nelle loro mani, bensì una persona capace di ribellarsi all'autorità. Avevo dato un chiaro segnale:non mi spaventate.
"Umana, non osare mai più rivolgerti a noi in modo così sfrontato!" Gridò Zeus adirato, scuotendo la fulmine.
Un tuono echeggiò nell' aria.
"Ho solo espresso la mia opinione" replicai alzando le spalle.
Il signore del cielo s'alzò imperioso e mi puntò contro la folgore, già luminosa e carica di elettricità. Un brivido di paura mi raggelò. Nonostante avessi tenuto un atteggiamento spavaldo, non gradivo affatto l'idea di morire incenerita. Il dio intanto mi aveva raggiunto. Solo pochi metri ci separavano. Alzò la fulmine, pronta a scaricare elettricità sulla sottoscritta. Istintivamente, levai in alto le braccia per proteggermi, pur sapendo che a nulla sarebbe servito contro una scarica elettrica di diecimila volt. Ironia della sorte, era proprio a causa dell'eredità di Artemide che stavo per morire. Almeno, sarei perita col sorriso sulle labbra. Feci un lungo respiro, preparandomi mentalmente alla morte. La folgore calò su di me. Istintivamente, chiusi gli occhi. Mi aspettavo un dolore indicibile, insopportabile. Non provai nulla. Assolutamente nulla. Riaprii gli occhi, chiedendomi se fossi già stata spedita negli Inferi.
Innanzi a me, con mio sommo stupore, c'era Artemide che reggeva la fulmine con una mano. Si era davvero frapposta tra me e Zeus?
"Padre, non fatelo." Lo esortò con la voce affannata. "Ricordate il legame che la lega a me." Quella supplica così accorata mi strinse il cuore.
"Rammentate il suo ruolo. Ci serve viva" Il groppo in gola che mi si era appena formato si sciolse subito. Cosa? Ero solo. ..una pedina?
Zeus fissò la figlia a lungo prima di ritirare la fulmine. "Va bene, Artemide. Convengo con te l'utilità della ragazza." Si risedette sul trono. "Tuttavia necessito una prova che testimoni il suo reale valore." In quel momento ogni traccia di rabbia sparì e fu sostituita dal disgusto. Provavo davvero disgusto per quegli dei che parlavano di me come se fossi merce da vendere.
"Padre, io credo che lei..." fu interrotta dal signore dei cieli "Lo metteremo ai voti. Chi desidera che Diana sostenga la prova?" Tre dei alzarono timidamente la mano. Ad essi si aggiunse Demetra che commentò "Affidare le nostre sorti ad un'umana. Assurdo!"
Apollo, dall' altro lato ribattè "sono d'accordo. Se il nostro destino è nelle sue mani, almeno verifichiamo che sia all'altezza" Poseidone, a fianco di Zeus, alzò la mano "Tanto non riuscirà a superarla" affermò con sicurezza, lanciandomi con i suoi occhi acquamarina uno sguardo denigratorio. Gli altri dei annuirono con veemenza, alzando tutti la mano, fuorché, naturalmente, Artemide. Dai loro commenti velenosi, dalle loro occhiate maligne, era evidente che fossero più che certi che avrei fallito. La fiducia, loro non la conoscevano nemmeno. Non mi feriva, piuttosto m'irritava parecchio.
"E perchè, di grazia, sarei tanto importante per voi?" Avevano tutti farneticato riguardo al mio ruolo decisivo, volevo capire che intendessero.
"Al momento, non ti è dato saperlo" tagliò corto Zeus. "Ad ogni modo, data la quasi totale unanimità, è deciso che affronterai la prova."
Artemide sgranò gli occhi, allarmata. "Aspettate! Ciò a cui intendete sottoporla è piuttosto duro, lasciate che la alleni."
"Ma non eri tanto sicura delle sue capacità, sorella?" La canzonò Apollo.
Lei lo ignorò e si rivolse a Zeus. "Padre, sapete quanto quella prova sia rischiosa, sebbene non mortale. Lasciatemi qualche settimana per impartirle lezioni base" lo supplicò a mani giunte.
Il signore dei cieli la scrutò qualche secondo e annuì. "E sia" Artemide si aprì in un sorriso trionfante ma esso le morì sulle labbra non appena Zeus dichiarò che l'allenamento sarebbe durato solo una settimana.
In tutto questo, io non avevo avuto alcuna voce in capitolo. Ancora una volta, ero trasparente. "Ed io?La mia opinione non conta nulla?" Chiesi piuttosto scocciata.
"Tu" ribattè Ares "ritieniti fortunata per essere ancora in vita." Fece un sorriso maligno "Presto, molto presto, assaggerai il sapore del sangue."

Il marchio della cacciatriceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora