Capitolo 63- rabbia

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*POV RAMON*
Volavo via cercando di non piangere. Io non piango, io non piango mai.
L'avrei salvata, qualsiasi cosa fosse successa io l'avrei salvata e l'avrei tolta dalle loro grinfie.
Percepivo il suo sguardo seguirmi, mi trapassava da parte a parte con aria speranzosa. Non l'avrebbero uccisa, lei gli serviva. Non potevano ammazzare la figlia di Anthia.
Ero tentato di tornare indietro, rimanere con lei in quello status di prigionia ma sapevo che in quel modo sarei stato semplicemente inutile. E lei aveva bisogno di me, non potevo fare il vigliacco.
Mia cugina poco più avanti aspettava, in forma umana, il nostro ritorno. Già... nostro... non mio, perche io l'0avevo abbandonata, l'avevo lasciata con quei kitsune e anche se sapevo che era la cosa giusta da fare mi sentivo tremendamente in colpa.
Avrei dovuto provare a combattere per lei, non lasciarla in quel modo. L'avevo in qualche modo tradita e sapevo che dovevo diventare più potente se volevo tornare da lei, più forte che potevo. Avevo bisogno di un esercito, ma sarebbe arrivato troppo tardi.
Quando diana mi vide parve sollevata, poi il suo volto s'incupì.
-Dov'è?-
Mi chiese mentre, silenziosamente, ritornavo umano.
Non avevo il coraggio di risponderle. Sapevo perfettamente di chi stava parlando ma non volevo risponderle.
-Ramon, dove sta Dafne?- chiese preoccupata. La sua voce tremava appena, ma lo leggevo nel suo sguardo, dietro quegli occhi verdi che in quel momento mi parvero quasi grigi.
-L'hanno presa.- dissi cercando di non far trapelare nessuna emozione. Perché è questo che fa l'amore: è come una droga, che quando te la portano via ti distrugge lentamente dall'interno a partire dal tuo cuore, ormai morto. Ed in quel momento il mio povero cuore da vampiro cercava di sopravvivere correndo appresso alla speranza che lei era viva. Era viva, ma non sapevo per quanto. Proprio in quel momento poteva essere stata ferita, legata e trascinata via esattamente come una prigioniera: quello che era.
-Come sarebbe a dire l'hanno presa?- mi chiese di nuovo quella lupa. Non intuiva quanto io stessi male? Lo dovevo ripetere!? Aveva capito perfettamente!
-Vuol dire che l'hanno rapita, presa, forse per torturarla o ucciderla, non ne ho idea, resta il fatto che lei no è con noi ma con quei bastardi.- dissi dando sfogo a tutta la mia rabbia.
Ero inutile, non potevo fare assolutamente niente contro un branco come quello. La rabbia mi scorreva nelle vene come fuoco, come un incendio divampava dentro di me ma non c'era la solita acqua fredda per placarlo, non c'era l'unica persona in grado di spegnere quelle fiamme ardenti che mi bruciavano dall'interno.
Non c'era il mio ossigeno da bruciare, non c'era una parte del mio cuore. Non c'era tutto il mio cuore, e senza cuore non si vive.
Ma io potevo riprenderla, potevo ritrovare la ragazza che mi aveva fatto impazzire in quel modo.
Dovevo solamente cercare un modo per riprenderla, ed era un'impresa ardua.
Lo sguardo afflitto e arrabbiato contemporaneamente di Diana mi trapassava da parte a parte, non era arrabbiata con me ma condivideva il mio stesso pensiero: dovevamo salvarla da quei maledetti. La mano di Philippe si posò delicato sulla spalla di diana dimostrandole quanto ci tenesse a lei. Mi voltai e me ne andai senza sapere che alle mie spalle, la mia rabbia in contenuta, aveva dato fuoco ad una grossa quercia che lentamente si trasformava in cenere, cenere che presto avrebbe fatto compagnia ai cadaveri dei maledetti che avevano trovato il coraggio di mettersi contro di me togliendomi la cosa che mi era più cara al mondo: Dafne.

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