Sempre e per sempre.

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4 Ottobre, Compleanno di Ignazio, Spagna, Ore 7:30, camera di Piero.
Maria's pov
"No, non va bene...cerca di rannicchiati di più, riesco ancora a vederti." si lamenta Piero mentre fa il giro del carrello. Ha avuto un'idea diciamo 'geniale'. Visto che Ignazio non voleva neanche sentir nominare il mio nome, sarei andata da lui con l'inganno. Ma l'idea di Piero sembrava non funzionare. In fondo nascondersi nello scomparto in basso di un carrello per la colazione non è il massimo.
"Piè.. Non sono snodabile, più di cosi non posso." affermo esausta. È da tipo 10 minuti che cerca di farmi rimpicciolire per rendere la mia presenza quasi invisibile...anzi, leviamo il quasi.
Esco da sotto al carrello e lo guardo con aria preoccupata, di sicuro se sarei andata normalmente da lui mi avrebbe mandata a quel paese o si sarebbe rifiutato di parlarmi. L'idea del carrello sembrava così giusta.
"Allora.. Piè, che facciamo?" domando mentre mi torturo un ricciolo che, ribelle, è scappato via dalla coda e si è posato sulla mia guancia. Lo allungo con le dita e poi lo lascio e quello subito ritorna riccio, e cosi che l'azione si ripete. Questo vizio, diciamo che me lo ha trasmesso Ignazio,che fin da piccolo era sempre stato innamorato dei miei capelli. Ricordo che mentre guardava le partite, o un film, o ascoltava la musica, o cantava, insomma tutte quelle cose che faceva comodamente seduto sul divano. Io mi mettevo li, seduta a terra fra le sue gambe e lui, che con le mani fra i miei capelli, ci giocava, li allungava, si avvolgeva i riccioli fra le mani, diceva che lo rilasava ed io lo lasciato fare. Passavamo ore cosi, tanto che per me è diventata un'abitudine, che se non lo fa Ignazio lo faccio io.
"Sto pensando...dammi tempo." risponde Piero con aria pensierosa, mentre fissa le porte che danno sul balcone della stanza. Sono coperte da pesanti tende di color bordò, fatte appunto per impedire alla luce del sole di infiltrarsi nella stanza e svegliare le persone.
"E se..." dice lui avvicinandosi alla tenda.
"Che vuoi fare?" affermo io curiosa, senza però ricevere risposta, perché Piero prende la tenda e con un pesante strattone la tira giù, facendola staccare dall'asse da cui pendeva.
"Ma sei pazzo?" affermo io urlando.
"Mutaa devi staree." dice lui ridendo. "Togli la colazione da la sopra -indica con la testa il carrello- e lo copriamo con questa, cosi tu non ti vedi."
"Piero..Tu, sei un genio." dico felice per poi saltargli praticamente addosso e riempirlo di bacini sulla guancia mentre lo tengo stretto in un abbraccio.
"Miij frena freena. Sono felicemente fidanzato." dice lui ridendo mentre mi stringe.
"Oohh no, che peccato." affermo triste.
"Dai scema, muoviamoci."
"Agli ordini sergente Barone." dico facendo il saluto da militare, per poi mettermi sul serio all'opera. E, a fine lavoro, davvero non mi vedo da sotto al carrello e Piero è entusiasta dell'idea. Cosi esco di li ed insieme ci dirigiamo verso la camera di Ignazio, ad ogni passo ci avviciniamo sempre di più ed il mio cuore perde sempre più un gattino. Avete presente i tamburi? Ecco, il mio cuore ora è un tamburo.
Boom, boom, boom.
Ecco che arriviamo davanti alla stanza.
"Piero.." sussurro impaurita, faccio in passo indietro. Tutte le certezze che avevo prima di andare li, era come se fossero sfumate. Non ricordavo nulla, non sapevo cosa avrei potuto dirgli, l'unica cosa che avevo ben fissa in mente e che da quella famosa sera ad oggi non mi aveva mai abbandonata erano gli occhi di Ignazio. Quegli occhi che per colpa mia avevano persi la loro lucentezza ed allegria, quegli occhi che erano capaci di faetu sprofondare dentro, che erano lo specchio della sua anima ora erano vuoti, tristi, privi di emozione e celati a tutti.
"Fai un bel respiro, andrà tutti bene, gli manchi tantissimo anche se non lo da a vedere, fidati di me. Conosco mio fratello. Non ti dico che non litigherete, anzi, di sicuro, conoscendovi, urlerete fino a perdere la voce ma poi, poi sono certo che vi amerete, perché voi siete cosi, uniti contro tutti. Me lo hai detto tu quella volta quando ti chiesi com'era il vostro rapporto di amicizia, ricordi?" dice Piero sorridendomi in modo tranquillo.
"Grazie Piero, sei davvero un amico." sussurro felice.
"Bene allora, sei pronta?" dice lui per poi alzare un lembo della tenda che adesso fa da tovaglia al carrello.
"Pronta." ed entro dentro.
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"Minchiaaa ma quantu pesi?"
La sua voce, quanto mi era mancata, quasi scoppio a ridere per il modo in cui lo ha detto. Con la sua voce stridula ma ancora impastata dal sonno, la mia preferita insomma. Certo che Ignazio sa avere la delicatezza di un coccosauro certe volte. Mi aggrappo saldamente ad una delle gambe del carrello per non cadere visto che mi sembrava di essere sulle montane russe. Ma poi finalmente si ferma e tiro un sospiro di sollievo, non ero stata ancora scoperta e questo già era qualcosa.
"Cumpáááá, grazie per la colazione, ma la prossima volta fammi dormire, dai su vienii, chiamiamo Gianluco e facciamo colazione insiemee." ridacchio per il modo con cui ha chiamato Gianluca e sbircio da sotto la tenda i suoi movimenti. Finalmente lo vedo, è girato di spalle, mi era mancato cosi tanto. Eppure lo avevo visto per l'ultima volta il 21 settembre, ma durante le ultime tappe del tour era sempre come non vederlo. E questo faceva male, tanto.
Sento che parla con Piero, che mi lancia un'occhiata, lui si è accorto di me, lo vedo farmi cenno alla porta, senza che Ignazio se ne accorga ed io lentamente annuisco, e poi succede tutto velocemente. Piero che chiude la porta, Ignazio che inizia a sclerare dando pugni alla porta ed urlando. Se continua cosi di certo attirerà l'attenzione di altri e allora si che il nostro piano sarebbe andato in fiumi. Ecco, questo è il mio momento, prendo un profondo sospiro ed esco dal mio nascondiglio.
"Ignazio... dobbiamo parlare."
Vedo che si blocca letteralmente davanti alla porta, con il pugno ancora alzato, non si gira, ma vedo le sue spalle tendersi e poi rilassarsi, cosi di colpo. Magari per lo spavento, magari perché aveva capito che ero semplicemente io, fatto sta che abbassa la mano ma non si gira.
"Ignaz..." provo a richiamarlo ma lui mi blocca.
"Che ci fai tu qua?" dice lui con voce fredda, senza neanche lasciarmi il tempo di finire la frase. Ancora non si gira.
Non ne ha il coraggio, l'ho capito. Ma quando si conosce una persona praticamente da sempre si impara a conoscerla, mi sembra di rivedere quell'Ignazio di 10 anni che andava a giocare insieme agli amici, giù a Marsala, a calcio ed ogni 5 minuti andava a bussare la mamma a dire "mamma sto giù". E quando c'era la partita del secolo, o il rigore che avrebbe decretato il vincitore ci mandava me, che ahimè, ero l'unica ragazza li. Ci andavo solo perché Ignazio mi voleva con lui, invece di starmene a casa o in giro con le mie amiche, io passavo i pomeriggi interi li ad aspettare che finissero di giocare, mi annoiavo si, ma ogni volta che Ignazio segnava o vinceva la partita subito correva da me e mi prendeva in braccio facendomi girare e dicendomi di essere il suo portafortuna. E allora, in quel momento capivo che ne valeva la pane di passare pomeriggi cosi a non fare nulla. Sembra quasi una barzelletta dirlo ma Ignazio è un siciliano nato a Bologna, ma pur sempre siciliano e in quanto tale era gelosissimo, orgoglioso, testardo. E bisognava essere preso di petto, se no non avrebbe mai ragionato. Ed io in tutti questi anni lo avevo imparato a fare.
"Dobbiamo parlare, siamo chiusi dentro, non puoi scappare." rispondo acida mentre cammino per la stanza e mi siedo sul letto che è ancora scompigliato, non mi avvicino a lui, dovrà essere lui a fare il primo passo.
"Non abbiamo nulla da dirci." risponde lui sempre freddo.
"Oh invece ne abbiano divise da dirci, cosi tante che ne potrebbero farci una saga."
Lo sento ridacchiare dalla mia risposta, ma ancora non si gira, ho bisogno del contatto dei suoi occhi, adesso...oh giuro, potrei dare di matto.
"Ignazio, non hai più 10 anni, non puoi comportati come allora, non siamo a Marsala, non abbiamo litigato perché io non volevo venire al pozzo con te, girati, affronta la situazione da uomo, parlami, sfogati, urlami in faccia se vuoi. Ma smettila di fare il bambino." ed ecco, colpito ed affondato. Conoscevo i suoi punti deboli ed io lo avevo colpito proprio nell'orgoglio.
Vedo le sue spalle irrigidirsi, stringe le sue mani a pugno tanto che le nocche gli diventano bianche. Ma poi finalmente si gira, si gira e i suoi occhi si posano sui miei. Erano passati due mesi, ma a me sembravano anni. Se non fossi stata seduta probabilmente le mie gambe sarebbero cedute tanto che era forte quel contatto. I suoi occhi, i suoi occhi erano il paradiso. Mi erano mancati cosi tanto. Sento i miei farsi lucidi, come possono due ogni color cioccolato fare così tanto? Come possono due occhi condizionare cosi tanto una persona? Ma quelli non erano due occhi, quelli erano i suoi occhi.
Mi alzai di scatto dal letto.
"Ignazio..." sussurro quasi in lacrime.
"Nica..." sussurra lui, nelle mie stesse condizioni. E in men che non si dica, mi ritrovo a correre verso di lui e lui verso di me. Non era molta la strada che ci divideva, si e no 4 metri, ma a me sembravano infiniti. Mi fiondo fra le sue braccia, lego le mie intorno al suo busto e affondo il viso sul suo petto, il suo profumo mi avvolge tutta. Quando mi era mancato, minchia se mi era mancato. Mi sembra di ritornare a respirare, mi sembra di ritornare a vivere. E quando la presa delle sue braccia si fa più forte intorno a me, cosi forse quasi a volerci fondere, mi sento al sicuro, mi sento protetta, mi sento a casa. Ignazio nasconde il viso nell'incavo del mio collo e sento le sue lacrime calde scorrermi sul collo. Stiamo piangendo entrambi, ma poco importa, il mio cuore è ritornato a battere, perché io accanto a lui sono ritornata a vivere. Ma non era finita li, oh no, ed entrambi lo sapevamo. Quella era una piccola tregua, la calma che precede la tempesta, ed entrambi lo sapevamo, entrambi ne eravamo consapevoli ma entrambi ne avevano bisogno.
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Intanto fuori alla porta.

Dimmi che mai, che non mi lascerai mai!Where stories live. Discover now