08- Resta qui con me, non andare via

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Se tu vai via, io soffrirò questa notte.

Ian stava ancora alla finestra, non gli importava dell'orario, nemmeno del lavoro.
Non sarebbe andato, non prima di aver ritrovato Elena. Non sapeva cosa provava per lei, ma le voleva bene, non avrebbe mai accettato che le accadesse qualcosa.

«Che cosa pensi, Ian?» Chiese Paul, che interruppe il silenzio.

Ian non rispose subito, sospirò profondamente. Era stanco, voleva sapere cosa era successo. Non poteva aspettare la polizia, non sarebbe riuscito a mantenere la calma chiuso in casa.
Voleva vederla, voleva abbracciarla e dirle che alla fine, avrebbe potuto contare sempre su di lui.
Che lei, in quel momento, era la sua cura. Che grazie a lei, non sentiva la necessità di drogarsi.
E non si dava pace, si chiedeva il perché. Perché la stessa cosa, non succedeva mai con Rebecca.

«Penso che, non sto vivendo una vita felice.» Rispose. «Non so se sto vivendo, o se sto sognando. Paul, io non so cosa né sto facendo della mia vita.» Ammise, lanciando la sigaretta ormai consumata, dalla finestra.

«Parlami chiaro, amico.» Chiese Paul, purtroppo molto confuso.

«Credo di essere stato abbastanza chiaro.» Disse. «Non sono felice, non lo sono per niente.» Guardò un punto fisso nella stanza, era immerso nei suoi pensieri.
Viveva in una realtà che non gli apparteneva. La vita non gli aveva mai sorriso, non gli aveva mai dato niente di buono. La cosa più bella doveva essere vivere insieme alla sua famiglia. Ma non lo era più. Non sopportava nemmeno l'odore di casa sua. Amava suo figlio, ma non sapeva più cosa provava per la moglie. Si era stancato della vita, si era stancato di soffrire, forse anche di drogarsi, era meglio morire.

Elena era ancora rinchiusa in quella stanza, con Mark.
La ragazza era ormai priva della maglietta e del Jeans che portava. Era rimasta in intimo. Aveva qualche graffio sul viso, e dei lividi sulle braccia e sulle cosce. Ma non aveva abusato di lei, almeno, non ancora.

«Ti prego, lasciami andare.» Lo supplicò Elena, ma lui non si fermò, provò a sganciarle il reggiseno. «No no, non mi toccare.» Urlò, spostandolo con violenza. A quella spinta lui reagì, tenendola per i polsi e poi, le lanciò uno schiaffo, e ancora un altro. Quanta violenza, quanta cattiveria in quegli occhi.

«Piccolina, prima di rubare le cose degli altri, pensaci bene. Queste sono le conseguenze.» Fece un ghigno, sollevandosi dal letto. Si avvicinò alla porta della camera, per poi aprirla e andare via. Elena corse subito verso la porta, ma l'aveva già chiusa a chiave. Non si sarebbe liberata mai di quegli occhi maledetti, forse era costretta a rimanere lì.

«Cosa ho fatto per meritarmi questo?» Urlò in preda alle lacrime. Ma guardandosi intorno, vide un cellulare. Non aveva idea di chi fosse, o se lo avesse dimenticato Mark. Lei doveva assolutamente prenderlo, doveva chiamare Paul.

«Mi scoprirà sicuramente. Non m'importa, ho sopportato tanto, posso sopportare ancora.» Disse fra se e se, singhiozzando ad ogni parola. Si sentiva addosso ancora la sensazione di quei colpi, dati con forza e cattiveria.

Ian era arrivato ormai al limite, faceva avanti e indietro fra le stanze. Era passato anche nella camera di Elena, che era perfettamente in ordine. Si sentiva ancora il suo odore, e poteva ancora vedere il suo sorriso fra le varie foto che erano appese in camera. Ne aveva anche una con Ian, era una foto che avevano fatto all'inizio dell'anno, in una gita. Lui sorrise vedendo quella foto, ricordava esattamente il momento.

«Elena, perché sei cosi agitata? Certo che voglio farmi una foto con te.»

«M-mi scusi, sono un po' timida quando chiedo queste cose.»

Still A LieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora