2) Sonia

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Ero sbigottito nel vedere quella suora inginocchiata che abbracciava e baciava la bambina.

Mi sarei aspettato di vedere due genitori che con ansia avevano denuciato la scomparsa della figlia, non una suora.

Tutto quello a parer mio poteva significare poche cose, la più plausibile era quella che la bimba fosse orfana.

-Oh Sonia! Eravamo tutte in ansia!- Disse la suora mentre il singhiozzo le segnava la voce.

La bambina abbracciò la donna, ma il suo sguardo restava sempre fisso e vuoto. Aveva assistito ad una tale atrocità che si sarebbe ripresa dopo un po' di tempo, ma la donna continuava ad abbracciarla e toccarla per controllare che fosse tutta intera.

La bambina si faceva spostare, alzare le braccia, rispondeva ai baci, ma restava senz'animo.

-Lei è la madre superiora dell'orfanotrofio Cornwell della trentaduesima?- Disse d'un tratto la poliziotta che poco prima aveva guidato l'auto che mi portò in centrale.

Non appena disse il nome dell'orfantrofio, presi il pezzo di carta che confiscai al vecchietto qualche minuto prima, una penna che avevo nel taschino della giacca e scrissi il nome dell'istituto e della via.
In quel momento non sapevo benissimo perchè lo stessi scrivendo.
Mi interessava quella bimba? Semplice curiosità?
Non ne avevo proprio idea, ma le cose accadono per un motivo e se non accadono da sole qualcosa ti spinge a compierle, quel qualcosa quella notte mi aveva spinto a scrivere.

-No, la madre superiora aveva da fare.- Disse singhiozzando la suora, mentre si rimetteva in piedi.
-Io sono Suor Anastasia.- Continuò la donna, mentre frugava nella sua borsa tirando fuori i documenti.

La poliziotta prese visione dei documenti insieme ad un suo collega e confermò l'identità della suora, dopo di che portarono me, il signor Yang che nel frattempo aveva confermato la sua identità e la piccola Sonia in un altra stanza per scoprire di più sulla faccenda.

Ci tennero due ore e mezza nella stanza e ognuno disse la sua.

Il signor Yang era parecchio traumatizzato dall'accaduto, raccontò che in quel negozio la sera parecchie volte sono arrivati malviventi armati.

-UN GIOLNO MI MOLILANNO!- Disse alla fine, esponendo la sua paura di lasciarci le penne in futuro.

Io raccontai che ero appena uscito dal lavoro.

Sono un Broker finanziario e il mio lavoro mi tiene spesso sulla scrivania anche fino a sera tardi.  Quella sera era una di quelle visto che avevo parecchie pratiche da esaminare che mi avevano rifilato all'ultimo momento.

La piccola Sonia non parlò.
La suora poco dopo chiarí al posto della bimba, quando venne chiamata dato che non riuscivano a farla parlare.
Disse che la bimba scappò dall'orfanotrofio la sera, senza farsi accorgere e chiaramente si intrufolò nel negozio.
Ovviamente si nascose perché non voleva starci, non si aspettava che mezz'ora dopo un malvivente e un uomo (che sarei io) sarebbero entrati e sarebbe successo quel casino.

Erano le cinque di mattina quando finalmente potemmo uscire dalla centrale. I poliziotti volevano chiamarmi un ambulanza visto il mancamento che ebbi nel negozio quando realizzai che era tutto finito.
Rifiutai dicendo di star bene, assumendomi la responsabilità. Stavo bene davvero dopo tutto, ero solo traumatizzato.
Sentivo quel formicolio nello stomaco di quando hai paura e poi ti tranquillizzano, era un formicolio piacevole diciamo, perche sapere che non c'era più pericolo mi rendeva anche molto molto contento.

I poliziotti ci portarono a casa.
Non avevo l'auto con me quella sera dato che il mio posto di lavoro era abbastanza vicino a casa quel giorno avevo voglia di camminare.

-Per qualsiasi cosa la polizia c'è signor Gavin-. Mi disse il poliziotto che mi accompagnò a casa, convinto di ciò che stava dicendo.

-Si, ciao.- Risposi quasi tra me e me, mentre uscivo dall'auto con aria sfiduciata.

Aprii la porta di casa con le chiavi e appena dentro mi buttai subito sul letto a corpo morto, ignorando il mio cangnone che subito si fiondò su di me leccandomi e saltellando.

Fissai il soffitto della stanza, riflettendo su quella giornata.

Mi tolsi la scarpa destra col piede sinistro e viceversa, sfilai i calzini. Avevo i piedi doloranti, ma il sonno pian pianio mi prese, chiusi gli occhi.

La mia vita è sempre stata un po' quel che è.

I miei genitori non mi amavano particolarmente.
Sono l'ultimo di sei fratelli, quello che "avrebbe pure potuto evitare di venire al mondo" visto che la mia famiglia era già numerosa.
I miei genitori non hanno mai capito che se sono venuto al mondo è perchè non hanno mai avuto una benedetta televisione e io sinceramente non ci posso far nulla se sono nato, non l'avevo deciso io.

Gli anni del college furono fantastici, conobbi Christine, la mia fidanzata che in quel periodo stava in Italia per lavoro e che appena sarebbe tornata, avrei sposato.

Non appena presi la laurea cercai subito lavoro, fu dura ma un agenzia dopo sette mesi decise di assumermi, peccato che il posto dove svolgo i miei doveri dove  vivo non sia esattamente l'Olimpo appunto.

Ero la, che vivevo la mia vita, tra alti e bassi, a volte avrei detto più bassi che alti, altre viceversa.

Dormii un sacco.

Mi svegliai di pomeriggio senza nemmeno avvisare a lavoro che non sarei andato visto l'accaduto, ero intontito.
Non mi ero nemmeno cambiato e avevo dormito con i vestiti di lavoro, avevo solo tolto le scarpe.

Mi alzai dal letto e andai verso la finestra per guardare fuori.
C'era il Sole ed era una bella giornata, che avevo perso per gran parte visto che erano le tre di pomeriggio.
Mentre guardavo fuori e rimuginavo un po, misi le mani in tasca e toccai un pezzo di carta.
Non ricordai subito cosa fosse, ma dopo qualche attimo lo riconobbi e spalancai gli occhi perchè mi venne in mente subito il motivo per cui lo avevo in tasca e cosa diceva.
C'era scritto: "Orfanotrofio Cornwell- Trentaduesima strada" con grafía un po' tremolante e visibilmente agitata.
Era l'istituto dove stava la bambina. Come mai lo avevo scritto? Non capivo bene perchè, ma la piccola Sonia mi colpì e forse è stato per quello.

Ero spaventato da me stesso perchè scrivere il nome di un orfanotrofio dopo aver visto una bimba fa pensare subito all'idea di adozione ed io in quel preciso istante ero un uomo che abitava da solo con un cane, la mia fidanzata lontana e non sapevo nemmeno se a lei sarebbe piaciuta l'idea.
A dirla tutta non sapevo nemmeno se a me stesso sarebbe piaciuta l'idea.
Non avevo mai pensato di adottare un bambino, ho sicuramente pensato al mio futuro con una famiglia, ma non sapevo se sarei stato in grado di affrontare assistenti sociali o cose del genere.

Stavo pensando troppo.
Era solo un biglietto nella tasca e io mi stavo facendo tutte quelle seghe mentali?
"Classici divaghi mentali di quando sei appena sveglio" pensai.
Perchè non andare a visitare quell'istituto? Insomma non sapevo cosa mi spinse a scrivere l'indirizzo sul pezzettino di carta.

La bimba è rimasta da quella sera nella mia mente visto anche per quello che aveva passato.

Cosa mi avrebbe impedito di andarla a trovare?

Nulla.

UN CIELO BIONDO [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora