Sixty Fifth Shade [R]

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L'atmosfera era così pesante che si sarebbe potuta tagliare con il coltello.

Agathe raddrizzò le spalle, l'espressione grave. «Papà, devo parlarti» esordì. «Tra pochi mesi prenderò il diploma, e per me è arrivato il momento di fare quelle scelte che fino ad ora ho potuto rimandare. So già cosa stai per dirmi: che non ho decisioni da prendere perché mi hai già detto che devo iscrivermi a Giurisprudenza e diventare un avvocato come te e Benedict. Ed è esattamente di questo che voglio parlarti». La ragazza prese un respiro profondo, racimolando il coraggio. «Io non voglio studiare Legge né diventare un avvocato». Agathe alzò la mano con un gesto repentino. «Aspetta! Prima di dare in escandescenze, lasciami finire». Tacque per qualche istante, raccogliendo le idee. «Non ho mai provato nessun interesse per le leggi, le questioni legali e tutte queste cose. A me piacciono l'arte, il disegno, i lavori creativi: non... non voglio trascorrere la mia vita dirimendo liti in tribunale e cercando cavilli in migliaia di testi. Quindi non studierò Giurisprudenza. Voglio diventare una designer. E niente di quello che dirai o farai mi convincerà a cambiare idea».

La ragazza terminò il proprio discorso fissando lo specchio, e quello le rimandò indietro uno sguardo tutt'altro che convinto.

«Per l'amor del cielo, come diavolo lo convincerò a non dare di matto?» gemette Agathe, al sicuro nella propria camera. Ormai da tempo componeva quel discorso nella propria mente ed era una settimana che lo provava davanti allo specchio usando toni diversi: ostinato, supplichevole, determinato, agguerrito... eppure non era mai persuasa dal risultato.

In parole povere: era ancora al punto di partenza.

«Mi serve Richard» decise. Agguantò la giacca e uscì dalla propria stanza come una furia; aveva appena finito di scendere le scale saltando i gradini a tre a tre quando suo padre emerse dal suo studio.

«Agathe, hai spedito le domande per il college?» le chiese.

«Ehm...». Agathe aveva evitato Evan più che poteva nella speranza di schivare anche quella fatidica domanda. Decise che era meglio tergiversare. «Senti papà, sto uscendo, possiamo parlarne dopo?»

«Preferisco parlarne adesso» replicò Evan.

Agathe mise su un'espressione implorante. «Ma papà, sto andando a casa di Mr. Prescott per controllare alcune cose per l'interrogazione di domani! È importante, se voglio prendere il massimo!»

Funzionò; solo accennare alla possibilità di non prendere il massimo dei voti a scuola bastò a far desistere Evan da qualsiasi proposito.

«Va bene» acconsentì. «Allora ne parliamo a cena».

«Papà, ma sono già d'accordo con Lara per cenare da lei in modo da poterci ascoltare a vicenda e correggerci: non basta sapere i concetti, anche l'esposizione deve essere perfetta, scorrevole e senza errori né incertezze, e questo lavoro si può fare soltanto in due!» inventò lei su due piedi.

Evan aggrottò la fronte. «Non me l'avevi detto».

«Ma sì che te l'avevo detto» mentì Agathe. «Te l'ho detto ieri pomeriggio, quando sono passata allo studio mentre ti preparavi per l'appuntamento con un cliente. Si vede che eri troppo impegnato per ascoltarmi...»

L'uomo scrollò le spalle, come ad ammettere le proprie colpe, e per un attimo Agathe si sentì terribilmente meschina: raggirare in quel modo suo padre a volte la faceva sentire un verme, ma non era ancora pronta a discutere quella questione che Evan aveva tanto a cuore.

«Be', io vado. Ciao!» salutò frettolosamente, imboccando la porta.

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99 Shades of...Where stories live. Discover now