Cerulean frost

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In quel sabato di inizio dicembre spirava una brezza gelida sulle Dolomiti; nuvole pallide si rincorrevano nel cielo azzurro cupo di metà pomeriggio, mentre la luce tenue del sole morente si rifletteva sulla neve che copriva ogni cosa come un ricco mantello.

Le stradine del pittoresco paesino d'alta montagna brulicavano di vita: i residenti e i turisti si mescolavano gli uni agli altri, attratti dai piccoli locali tipici e da un tradizionale mercatino natalizio, e chiacchiere in lingue diverse si intrecciavano nell'aria simili a una melodia ben studiata.

Immersi in quel fiume umano, Richard e Agathe passeggiavano, a braccetto e rilassati: i fine settimana trascorsi a visitare i borghi italiani per loro erano diventati un'abitudine sin da quando lo storico aveva accettato un lavoro da professore associato in una delle università romane per stare più vicino ad Agathe.

In quella particolare occasione l'onere della scelta era ricaduta su Richard e per lui, sempre più nostalgico di Hallstatt, la scelta di un luogo che gli ricordasse il paese d'origine della madre era stato naturale. Non che ad Agathe dispiacesse: più tempo trascorreva nel piccolo borgo austriaco più se ne innamorava a sua volta, e considerato che in due anni di permanenza in Italia non aveva ancora avuto l'occasione di visitare quella parte della penisola, non avrebbe potuto essere più felice di trovarsi lì.

Un soffio di vento ghiacciato investì la folla; Agathe si sistemò meglio la sciarpa intorno al collo e si strinse al braccio di Richard, senza mai staccare lo sguardo dalle casette del centro storico.

«Hai freddo?» le domandò lo storico.

«Questo paese è troppo carino: vale la pena di sfidare anche il gelo invernale, pur di goderselo» replicò Agathe, incantata.

Richard la guardò. La pelle chiara della ragazza era ancora più pallida del solito: sul suo volto incorniciato dai capelli corvini le uniche note di colore erano le gote arrossate dal freddo e la bocca rosea, screpolata dall'aria secca. Come sempre, però, furono gli occhi di lei a colpirlo: erano spalancati e saettavano da un punto all'altro, quasi a voler catturare il più possibile della bellezza che li circondava, le iridi grigie brillanti come gemme.

Richard si fermò in mezzo alla strada, incurante delle persone che, prese alla sprovvista, lo urtavano o gli lanciavano occhiatacce per aver bloccato in parte il passaggio. Anche Agathe fu costretta a fermarsi, ma si limitò a scoccargli uno sguardo perplesso: aveva scoperto da un pezzo che, sotto tutta quella razionalità di cui si vantava, il suo fidanzato era un eccentrico, pieno di piccole stranezze che passavano inosservate agli occhi di chi non lo osservava con particolare attenzione, e che a volte semplicemente non c'era una spiegazione per alcuni suoi comportamenti. Perciò la ventenne rimase lì dove si trovava, in paziente attesa che lo storico giustificasse quella fermata improvvisa con una parola o un gesto.

Quasi le avesse letto nel pensiero, Richard si chinò su di lei e le baciò la punta del naso, che iniziava a tingersi di una sfumatura rosata al pari delle sue guance.

Agathe sorrise indulgente. «Non potevi proprio aspettare di essere lontano da questa fiumana di gente, vero?»

«No». L'uomo le accarezzò il viso con una mano inguantata e la baciò di nuovo, stavolta sulla fronte. Esitò per un istante. «È che a volte devo... devo assicurarmi che tu sia davvero qui».

La ragazza sbuffò una mezza risata e lo abbracciò, affondando il naso nel cappotto pesante di lui.

«Non vado da nessuna parte, Prescott» esclamò, divertita, mentre tornava a guardarlo. «Mi dispiace dirtelo, ma temo che non ti libererai più di me».

«Lo spero proprio». Richard tacque, l'espressione seria e lo sguardo saldamente appuntato sul volto giovane che gli stava di fronte. «Ti amo, Agathe, più di quanto possa esprimere con quest'espressione tanto banale e abusata».

99 Shades of...Where stories live. Discover now