Capitolo 9

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Nella piccola stanza che Botticelli utilizzava come studio faceva molto freddo, non voleva approfittare ulteriormente della generosità di Piero Vespucci utilizzando senza parsimonia la legna che l'uomo, comunque, gli lasciava sempre vicino al piccolo camino.

"Finirà che un giorno ti troverò congelato con la matita in mano, Sandro!". Come faceva quasi ogni giorno, Piero era passato a salutarlo.

"Vedo che mia nuora ha colpito anche te" gli aveva poi detto sfogliando gli schizzi buttati in maniera disordinata sul tavolo ricavato da una vecchia quercia.

"Non riesco a farla uscire dalla mia mente dal momento in cui l'ho vista per la prima volta. Credevo aveste esagerato tessendo le lodi della sua bellezza, ma non lo avete fatto". Era divertente vedere lo sguardo compiaciuto dell'uomo, quasi che Simonetta fosse un purosangue appena acquistato di cui vantarsi. Ma era anche l'unica occasione da sfruttare per Sandro: la vanità di Piero gli avrebbe regalato una risposta affermativa.

"Messere, vorrei chiedere il vostro permesso per ritrarre Simonetta, vorrei che posasse per me"

"E' un ottima idea, ragazzo mio, ottima. Questo accrescerà ancora di più la sua fama e la tua, naturalmente" gli aveva risposto l'uomo entusiasta. Non era un segreto per nessuno che Botticelli fossi in cerca del successo, quel piccolo studio anonimo cominciava a stargli troppo stretto.

"Dobbiamo aspettare però l'occasione giusta, una commissione pubblica o qualcosa di simile. Puoi esercitarti intanto facendo posare la ragazza che è arrivata insieme a lei. Dovresti vederle insieme, sembrano due gocce della stessa lacrima"

"L'ho incontrata giù nella cucine, la loro somiglianza è impossibile da non notare. Solo gli occhi le differenziano: quelli di Simonetta sono candidi come la prima neve dell'inverno, quelli di Brigida bruciano di un fuoco che potrebbe consumarla. Vorrei fare almeno una seduta con Simonetta, poi mi accontenterò dell'altra" gli aveva allora risposto facendosi coraggio.

"Credo che questo sarà il destino di Brigida: riempire gli spazi lasciati vuoti dall'altra. Ma credo che, d'altra parte, questo farà la sua fortuna" aveva sentenziato Piero con lo sguardo perso nel vuoto di un ricordo ancora vivido per poi aggiungere "domattina, dopo la messa del mattino, la manderò da te. Ricordati di accendere il fuoco".

Quella notte non avrebbe chiuso occhio. L'attesa gli sembrava interminabile, ma la sua mano si muoveva sicura tratteggiando i contorni del viso della giovane.


...

L'ansia dell'attesa sembrava consumarlo. Dopo essersi alzato e aver raggiunto il palazzo dei Vespucci non era ancora nemmeno riuscito a sedersi, continuava a camminare senza sosta nel piccolo studio, ripetendosi nella mente le parole che le avrebbe detto una volta che fosse arrivata. Temeva però di perderle quelle parole, temeva che l'emozione gli avrebbe tolto la voce e che lei avrebbe riso di lui e i suoi disegni non sarebbero bastati a farle capire quanto fosse importante per lui, quanto fosse importante per la sua arte poterla ritrarre.

"Ho mantenuto la promessa, Sandro. Ecco la tua modella". La voce di Piero Vespucci lo aveva distolto dai suoi pensieri e girandosi verso la porta l'aveva vista: Simonetta era lì davanti a lui. Teneva gli occhi bassi, forse era impaurita dalla situazione.

Sandro Botticelli era rimasto senza parole, proprio come temeva. Era come se all'improvviso il suo piccolo studio si fosse trasformato e più la guardava e più sentiva l'ispirazione correre dentro di lui. Aveva rivolto un piccolo inchino ai due ospiti e, in silenzio, aveva avvicinato due sedie al camino.

"Non preoccuparti per me, la lascio a te per tutta la giornata. Ho dato disposizione affinché il pranzo vi sia servito qui". Piero Vespucci se ne era andato lasciandoli soli.

La venere di FirenzeDonde viven las historias. Descúbrelo ahora