Capitolo 16

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"Non oggi, ve ne prego. Smettetela di annoiarmi con le vostre chiacchere inutili"

"Avete passato la notte fuori, di nuovo". Clarice riusciva a stento a trattenere le lacrime dopo aver passato un'altra nottata da sola nel grande letto a baldacchino della loro camera matrimoniale. Dal giorno delle loro nozze le visite notturne di Lorenzo si erano fatte sempre più rade e le sembrava un vero miracolo il fatto di essere rimasta incinta così in fretta, dopo solo poche settimane. Poco le importava il fatto che avesse perso il bambino che aspettava, le bastava sapere di essere in grado di procreare. Ci sarebbero stati altri figli, aveva deciso di non lasciarsi abbattere. Ma aveva bisogno che suo marito frequentasse anche il loro letto.

"Siete stato di nuovo da quella donna?" gli aveva poi detto piena di rabbia mentre lui si ostinava a restare in silenzio mentre faceva colazione.

"Non nominatela" le aveva allora risposto con fermezza senza però alzare la voce, "Non vi permetto in nessun modo di parlare di Lucrezia. Voi non sapete, voi non potete capire. Siete stata per quasi tutta la vostra vita chiusa in un convento, come potete sapere cosa è l'amore?"

Clarice capiva. Capiva che le stava dicendo per l'ennesima volta che il loro matrimonio era solo un contratto, che per lei non provava niente. Ma stava imparando a sue spese di avere le armi per difendersi.

"Sapete, conosco bene il mio ruolo, la mia posizione. E' vero, sono stata a lungo in convento, ma provengo da una grande famiglia, imparentata con il papato, con forti legami in ogni stanza del potere di Roma. Voi mi avete sposata perché avete bisogno di me, del mio nome e io non vi permetto di mancarmi di rispetto in questo modo"

"E in che modo vi mancherei di rispetto, signora?"

"Frequentando la vostra amante, Lucrezia Donati. Ho sperato che la giostra fosse l'ultimo assurdo omaggio che le rendevate, ma da quando sono giunta a Firenze non ho fatto altro che sentire bisbigliare il suo nome. Credete che non vi veda uscire a cavallo a tarda sera, senza insegne e accompagnato solo dal capitano della vostra guardia? Pensate che non sente le voci delle cameriere sussurrarsi pettegolezzi sulle folli feste che vedono quella donna fare da padrona di casa? Mi pensate davvero così sciocca?".

Lorenzo non si sarebbe mai aspettato che Clarice avesse la forza di affrontarlo apertamente. A Firenze era consuetudine rispettare le apparenze e a nessuno importava più di tanto quello che succedeva dietro il velo di tacito accordo. Ma sua moglie era diversa. Era nata a Roma, la città che aveva visto succedersi imperatori e poi papi, custodi di uno sconfinato potere temporale e spirituale. Aveva creduto che Clarice, educata nel silenzio del convento sotto il peso della rigida moralità di una certa nobiltà romana, sarebbe stata una moglie docile e remissiva. Ma si era sbagliato e, nel guardarla con occhi diversi, ne era rimasto piacevolmente stupito.

"Clarice" le aveva detto andando verso di lei che per tutto il tempo era rimasta in piedi contro la porta della camera, "sedete con me, facciamo colazione insieme".

Avrebbe voluto andarsene, non voleva dargli la possibilità di replicare, di dirle altre bugie. Ma i modi del marito erano stati all'improvviso così affabili che si era lasciata condurre come una bambina ubbidiente e aveva preso posto accanto a lui.

"Sapevate di Lucrezia ancora prima del nostro matrimonio, prima di giungere a Firenze" aveva cominciato a dirle con modi pacati mentre le versava del vino nel bicchiere, "I miei informatori a Roma me lo avevano confermato" aveva poi aggiunto per evitare ogni possibile rimostranza. Ma il suo non era un tono di sfida.

La venere di Firenzeحيث تعيش القصص. اكتشف الآن