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Quella era la sua prima... "uscita ufficiale", se così si poteva definire, con il suo amico, non che sapesse molto di lui, era un anno più grande, faceva il quinto, e dai discorsi che faceva nessuno avrebbe mai pensato che fosse un genio della matematica, compreso Gerard, eppure quell'afro spettinato era bravo sul serio. Inoltre aveva il sorriso contagioso, non che Gerard amasse particolarmente tanto sorridere, ma lo metteva di buon umore anche se non lo dava a vedere.
Gli aveva chiesto di venire sotto casa sua, non perché avesse paura di andare solo, ma semplicemente per far vedere a sua madre che esisteva davvero e che non lo aveva inventato per evitare che lo tormentasse, Donna sapeva che il figlio era un caso perso, ma quando vide l'afro affacciandosi fuori dal balcone lo invitò subito a salire tutta contenta, fortunatamente Ray declinò l'invito, anche perché lo sguardo di Gerard lo aveva fulminato con un bel "prova a dire di sì e ti taglio le palle", e quindi in nome dell'amore che il ragazzo provava per i suoi gioielli, disse educatamente di no.

Camminarono fino ad arrivare al centro storico, il minore non aveva idea di quale chiesa avrebbe scelto. Probabilmente doveva essere spaventato, ma invece era entusiasta. Ray si fermò davanti alla chiesa vicino al vecchio ospedale psichiatrico, sì, quel paese era pieno di cose fighe/inquietanti, pensate che la loro scuola fu prima un convento e poi un carcere, per cui non c'era da meravigliarsi, eh.
Era tra due palazzi, probabilmente disabitati considerando i balconi di ferro dove era rimasto poco smalto e pieni di ruggine. Meglio così, almeno potevano fare casino.
L'afro si fece spazio tra i due palazzi, la via era molto stretta e terminava con un cancello, non c'erano finestre da quel lato e Gerard si chiedeva come avrebbero fatto ad entrare, ma prontamente Ray si mise a spingere la rete, era molto più morbida di quello che sembrasse, un lato non era per niente attaccato.
«Cammina» disse tenendo con le mani la trama metallica.
Gerard si strinse al muro e passò e con cura Ray richiuse il tutto.
C'era un lato nascosto, che non si vedeva dalla via, era molto stretto, si doveva obbligatoriamente passare in fila indiana, c'era un muretto da dove si vedeva il mare, Gerard si affacciò leggermente, sotto il suo naso c'era la roccia, effettivamente quel paese era costruito su una roccia, gli vennero le vertigini, sotto c'era la strada che portava alle spiagge.
«Non guardare, che ti senti male» lo toccò.
Il ragazzo annuì e vide Ray infilarsi in una finestra molto bassa circondata da sbarre di ferro arrugginito, sicuramente tenevano il vetro della finestra, ed erano state evidentemente tagliate, dopo un balzo comparve la sua testa sorridente in quel quadrato.
«Sai che par fare l'antitetanica usano un ago molto grosso?» disse terrorizzato.
«Non farmi incazzare donna, usa il buco nel muro come scalino, muoviti».
Gerard provò ad infilarci un piede, ma la paura prese il sopravvento e il piede scivolò ancora prima che potesse sollevarsi anche l'altro.
«Cazzo...» imprecò.
«Sono troppo grasso Ray...». piagnucolò spazientito.
«Dammi la mano» disse porgendogli la sua attraverso quel buco e sospirando.
Il minore lo fece e con la spinta dell'amico infilò un ginocchio nella strettoia per poi buttarsi in avanti, facendo molta attenzione e riuscendo a saltare.
La puzza era insopportabile.
«Che schifo!» esclamò tappandosi il naso.
«Siamo nel cesso! E' ovvio che puzzi, dai seguimi principessina»
Effettivamente c'era un vecchio water ricoperto di roba verde e marrone non identificata e che non avrebbe voluto identificare mai e poi mai.
«Non chiamarmi co...».
Le parole gli morirono in bocca non appena vide lo spettacolo.
Grazie alla luce pomeridiana poteva vedere benissimo tutti i mosaici che creavano luci ed ombre all'interno, non erano colori esageratamente luminosi, anzi per via del tempo era sbiaditi, pallidi e assolutamente perfetti. Lo spazio era grande, erano entrati dalla parte dove c'era l'altare, lunghe ragnatele lo ricoprivano, e lo rendevano ancora più bello.
«Wow...» riuscì solo a dire.
L'afro scomparì dal suo campo visivo, girandosi lo vide vicino ad grande divano rosso tutto rotto.
«Come cazzo hai fatto a farlo passare?»
«Abbiamo scassato la porta e l'abbiamo ricostruita» rise sedendosi sonoramente.
«E dove lo avreste trovato?» disse avvicinandosi.
«Qualcuno lo aveva lasciato vicino ad un cassonetto giù a mare».
«Bene».
Gerard si sedette sopra quel coso scassato ed effettivamente era comodo, Ray non aveva tutti i torti.
«E con chi lo hai portato?»
«Amico sembra un interrogatorio!»
«Scusa» mormorò imbarazzato, ecco che si era giocato il suo nuovo amico per la sua stupida curiosità, si diede dell'idiota.
«Comunque con il mio amico Frank e abbiamo fatto una fatica assurda, ma è stato divertente!».
Ray cominciò a raccontargli quella bizzarra storia di come si fossero fatti almeno trecento, e ben trecento scalini a spingere quel divano puzzolente e di come poi per farlo passare non stesse per schiacciare il suo amico e di come per aggiustare la porta avessero dovuto usare della colla industriale rischiando di attaccarsi le dita e non staccarle più. Questo Frank doveva essere un tipo simpatico, pensò innocentemente Gerard.

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