Ricordare

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Quanta forza hanno i ricordi.
A distanza di anni, ancora posso ricordare il tocco gentile mi di mia madre e lo sguardo tenero di mio padre.
Sento il profumo delle castagne fatte al forno a novembre e mi ricordo ancora le lucine dell'albero di Natale che facevamo ogni anno.
Basta un profumo per scatenarli, o una frase o una canzone.
E sei fottuto, tutto torna a galla e rompe gli argini del fiume. Investono tutto ciò che trovano e non puoi fermarli in nessuno modo, devi solo lasciarli scorrere.

Li sentivo litigare dal divano, sentivo la voce di Mark piena di angoscia e quella di mio zio pacata come sempre. Avevo male ovunque, alla gola per quanto avevo urlato e alle braccia per quanto avevo lottato.

"Portami a casa" Avevo chiesto a mio zio mentre mi accasciavo al suolo vicino alla cucina, troppo stanca per camminare ancora ma troppo inquieta per continuare a dormire.

Ed ora ero a letto, a casa mia, al caldo. Avevo indossato la mia maglia preferita che usavo per dormire e che tanto mi faceva sentire bene e avevo stretto forte il cuscino. Ma se chiudevo gli occhi rivedevo l'aggressione. 
Non potevo dormire senza sognarlo e non potevo restare sveglia senza pensarlo.
Con tutta la forza dei ricordi sapevo già che questo momento mi avrebbe perseguitata a lungo.
Dove era lui ora? Mi stava cercando? Mi stava forse osservando dalla strada?

Cercai di pensare ad altro e nella mia testa comparvero due occhi azzurri e un sorriso beffardo. Una calda voce che mi diceva che profumavo di limoni. Una cicatrice che solcava un viso altrimenti perfetto. Potevo sentire ancora la sua mano che mi toccava la testa, le sue spalle forti che mi sostenevano. Stava forse pensando anche lui a me?
Scivolai in un sonno pieno di incubi.

Il giorno dopo ero uno straccio. "Dobbiamo parlare" Mi disse Rick serio.
"Dobbiamo parlare" Urlo Bu al telefono.

Durante la notte ero guarita. Mi guardai allo specchio un ultima volta prima di uscire e non c'era alcun segno che dimostrasse la violenza.
"Sicura di voler andare a scuola piccola?"
"Rick sto bene. Anzi mai stata meglio dopo aver trangugiato sangue magico" Tentai di sdrammatizzare.
"È andata male Ali, non so da quanto tempo non succedeva un attacco. Pensavo non esistessero più i segugi. Non lascerà perdere ci cercherà. "

"Nel frattempo che pensiamo a cosa fare allora vivremo normalmente come abbiamo sempre fatto."
"Non so cosa dovremmo fare"
"Mamma e papà sono morti comunque, anche se nessun segugio li aveva trovati. Le persone muoiono comunque. Non possiamo sapere cosa succederà..ma so che non diventerò mai una buona infermiera se tu mi impedisci di andare a scuola."

Stavo per mettere in moto la macchina e partire quando la portiera dal lato del guidatore si spalancò all'improvviso.
"Ehi tu"Disse Mark.
Il mio cuore batteva a mille e probabilmente mi si leggeva sul volto la paura perché anche lui la notò.
"Sono solo io, non aver paura. Spostati guido io."
"So guidare la mia macchina, grazie."
"Spostati comunque, grazie."

Strafottente come sempre, con quel sorriso obliquo.
"Ascolta non è stata una grande serata, non ho voglia di socializzare questa mattina."

"Peccato é la prima mattina dove sei quasi simpatica senza quel sorriso falso stampato sul volto e ora sposta il tuo culo e fammi entrare, dobbiamo parlare."

Troppo stanca per obbiettare mi spostai all'altro lato lasciandolo alla guida. Passammo i primi minuti di strada in silenzio. Lo guardai di nascosto. Era davvero bello, aveva quel fascino da ragazzo ribelle. Vestito di nero, con le converse ai piedi ostentava sicurezza e forza. Forza. Ma forse solo all'apparenza.

"Avrei dovuto lasciarti morire"
"Oh perfetto sei entrato nella mia macchina per infastidirmi e basta. Potevo farcela da sola"

"Me lo ricordo. Mi ricordo il primo giorno che ti ho visto" Disse entrando nel parcheggio della scuola. Mi guardò negli occhi.
"Pioveva ma a te non importava. Ballavi nel tuo giardino e ridevi. Sembravi un po' pazza onestamente. Ma eri bella. Ti ho guardata quel giorno e anche i giorni dopo quando uscivi di casa e sorridevi se mi vedevi alla finestra. Mi ricordo che un giorno ho pensato ora esco, attraverso la strada e vado da lei. La sbatto contro la parete della casa e le infilo la lingua in bocca, le sposto i capelli con una mano e con l'altra le accarezzo le braccia. Le dico di entrare in casa con me per fare sesso, e la faccio venire come non è mai riuscito nessuno"

l'intensità dei nostri sguardi era troppa, non potevo sostenerla, non potevo guardarlo ancora. 

"Ma ho scelto. Ho scelto di rimanere in casa mia, di non parlarti, di non sorriderti. Ho scelto di non permetterti di avvicinarti. L'ho scelto perché sto bene così senza nessuno. Perché sono pericoloso. Perché non so affezionarmi alle persone e perché combino casini. È per questo che non posso proteggerti ed è per questo che devi stare alla larga da me."

Non feci in tempo a rispondergli mentre usciva dalla macchina e se ne andava. Con il fiato corto feci due respiri profondi. Dovevo ancora affrontare Bu.


IndistruttibileWhere stories live. Discover now