13. Eric

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Prendete Times Square nell'ora di punta. Aggiungeteci due fratelli con problemi relazionali e dateli in pasto ad un'orda di newyorkesi affamati e turisti che brandiscono i loro selfie stick. Ambulanti che gridano? Quanto basta. Qualche gomitata, un paio di spintoni e un pizzico di smog. Condite il tutto con una spruzzatina di piogga estiva - sì, proprio lei, l'infame acquetta putrida che t'incolla le palle ai boxer - e mescolate con decisione. Cuocete a fuoco lento finché non udite la sorella strepitare et voilà, il dramma è servito.

«Se mai riusciremo ad arrivare dall'altra parte della strada, ricordami di ammazzarti».

Em si fa largo tra la folla con una tenacia da fare invidia ad un navy SEAL.

Non posso biasimarla, questo incrocio è una bolgia. Una masnada di disperati senza arte né parte, vomitata su di una colata di cemento da un qualche Dio distratto. Ed è per questo motivo che mi piace da matti. Coraggio, venite a farvi schiaffeggiare dalla sua violenta ed indomabile bellezza! Lasciatevi aggredire dalla sua selvaggia civiltà! Ma siate cauti. In questo oceano di colori potreste perdere qualcosa - un lembo di pelle o un pezzo di cuore; potreste dimenticare il suono della vostra voce ed essere costretti a cercarla tra le migliaia di altre voci che compongono la sua assordante sinfonia. Siate pronti a vagare per ore, la mente annebbiata dall'odore di spezie e sigarette e cibo pronto e valigette di cuoio.

Qui siamo tutti alla ricerca di qualcosa, tutti in attesa di qualcuno. Tutti costretti a sfregare il proprio corpo contro il corpo altrui solo per realizzare che al mondo ogni cosa è dominata dal caso. Avreste potuto essere voi - sì, proprio voi con quell'elegante cravatta di Armani - il senzatetto che ricicla bottiglie vuote in cambio di qualche penny giù in strada. Forse un giorno toccherà a voi finire su un'ingombrante sedia a rotelle per una cazzo di sclerosi. Magari se i vostri genitori fossero stati più avventati stareste mangiando avanzi da un cassonetto proprio come il tipo laggiù.

Suvvia, non siate timidi! Venite a sfidare le vostre paure, guardate negli occhi i fantasmi della Città! E ringraziate il Cielo che la fortuna vi abbia baciato il culo.

«Cerca di darti una mossa!».

Em mi afferra per un braccio e mi trascina a sé. Ancora pochi metri e avremo raggiunto il nostro obiettivo. Non ho mai provato particolare interesse per Forever 21 ma, se ciò che Instagram declama è vero, forse troveremo dei vestiti che non facciano somigliare mia sorella ad un personaggio di Tutti insieme appassionatamente.

«Non faceva parte degli accordi» brontola Em, «neanche tu avessi la benché minima nozione di stile! Ti vesti come un idiota a cui è andato a fuoco l'armadio».

«Ma sentitela, la zitellona dello Yorkshire! Oh, guardate come sono elegante nel mio completo di tweed a scacchi grigi! Nemmeno mia zia Evelina si veste così».

«Tu non hai nessuna zia di nome Evelina!».

«Beh, se ce l'avessi avrebbe certamente più gusto di te».

Per un breve istante, Em si volta a guardarmi. Ha l'aria di chi darebbe via un rene pur di essere altrove. Il sopracciglio destro sollevato indica che sta aspettando una risposta.

«Che c'è?» domando, stringendomi nelle spalle, «ho sempre sognato di avere una zia inglese con i denti gialli per il troppo tè».

È la verità. Ricordo ancora con ardore Evelina Anderson, la zia del mio amico Bob Anderson. Il frigorifero del povero Bob era tappezzato di primissimi piani dell'arcigno volto di sua zia e di ritratti dei suoi pregiati Sacri di Birmania. Ho sempre avuto un debole per quella donna grigia e misteriosa. Povera zia Evelina, tutta sola nelle campagne della piovosa Inghilterra.

Quel che resta della città [Em & Eric]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora