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Colors/Stripped, Halsey

Quando sono fuori c'è già una sigaretta tra le mie labbra, mentre sento di aspettare qualcosa che non accadrà. Ci sono volte in cui sei cosciente di non aspettare niente, in cui sei stanca anche di aspettare qualcosa, perché quel qualcosa in cui sperare non ce l'hai neanche più. E allora sopravvivi, ti limiti ad esistere e basta, perché non puoi fare altro. Perché sei troppo stanca anche per dire basta. Nell'altra mano ho un libro, sulle spalle c'è lo zaino più vuoto del solito, e so che per quest'esame avrei dovuto studiare di più, che lo dico sempre, ma alla fine torno sempre allo stesso punto.

Arrivo ed è presto, neanche Matt c'è. Sono giorni come questo in cui penso tanto, perché penso a quello che sarei potuta essere e mi vedo completamente diversa da come sono adesso. Penso a quanto ho perso e a quanto ho fatto realmente per tenerlo con me. Forse non così tanto, forse non abbastanza. Vorrei riuscire a non pensare in questo modo. Vorrei riuscire a spegnere la mente e a fermare tutto anche soltanto per un solo singolo istante. Ma non posso. Allora mi riverso nel lavoro, in quelle vite che entrano da quella porta senza fare rumore e in quelle che il silenzio non lo conoscono neanche. In quelle che fingono, quelle che vengono qui soltanto per abitudine o perché sono di passaggio, in quelle che vanno di fretta e pagano più di quanto meriti senza nemmeno guardarti. In quelle che vanno di corsa, in quelle che vengono qui insieme a qualcuno e in quelle che invece ci vengono da sole.

Io non so con chi ci verrei. Forse con Eve o con Darlene, forse da sola come succede la maggior parte delle volte. Solo che io non ci vengo di proposito, ci rimango solo dopo il mio turno o vengo prima.

Mi piace stare da sola, non mi è mai pesato più di quanto si potesse pensare. E ho passato così tanto da sola che a certe mancanze ti ci abitui, devi farlo per forza altrimenti avanti non riesci ad andarci. Impari a bastarti: prendere o lasciare.

«Com'è andato il tuo esame?» la voce di Matt mi fa voltare verso di lui mentre arriva dietro il bancone.
Quando ho un esame non lo dico. Non dico tante cose, non a tutti, forse neanche a Eve dico tutto.

Mi volto appena mentre gli rispondo. «Bene» dico, anche se non è vero. È andato come tutte le altre volte, come tutti gli altri esami. E le altre volte non sono come quelle di Paula, io se dico qualcosa è perché lo penso davvero. Se dico che non ho studiato abbastanza, lo ammetto perché ne sono consapevole, non per poi entrare in quell'aula e prendere il massimo dei voti non meravigliandomi neanche.

Matt mi sorride. Lo fa sempre, lo fa con tutti. È gentile anche con chi non dovrebbe, non l'ho mai visto o sentito urlare dentro o fuori il locale, anche se non lo conosco abbastanza. Probabilmente non lo conosco per niente, forse anche lui usa quel sorriso contro di lui, ma io non posso saperlo. Siamo tutti bravi a nascondere qualcosa. Anche questo impari a farlo.

Non ci sono molte persone, il locale non si riempie più di tanto. Tra una pausa e l'altra esco sul retro a fumare; l'aria fredda di Bath ogni volta mi colpisce e mi avvolge, ma non ci faccio caso. Mi stringo nel parka lasciato aperto sul davanti e consumo la sigaretta tra le dita. L'elastico che mi raccoglie i capelli sta cedendo, così prima di rientrare me lo sfilo e poi li raccolgo ancora.

Darlene non viene stasera. Mi ha scritto un messaggio, diceva che non ce la faceva con i tempi, che è stanca e non riesce a passare per il locale. Quando rientro Matt me lo chiede, mi chiede sempre di Darlene.

«Stasera non ce la fa a passare» gli riferisco, e lui annuisce. Io e Matt non parliamo tanto, ma so che se mi servisse una mano e in quel momento non ne avessi, potrei fidarmi di lui.

È venerdì sera e il ragazzo del taccuino non c'è. Forse è vero, forse sono davvero attenta ai dettagli, ma non sono l'unica.

È più tardi del solito quando entra nel locale facendo debolmente sbattere la porta alle sue spalle. La sua espressione non è quella di sempre, arriva al bancone quasi a testa bassa e quando vi si siede si poggia sul legno con entrambi i gomiti. Io sono dall'altro lato, non si volta neanche a guardarmi. Vado verso Matt con il bicchiere che sto asciugando ancora tra le mani.

«Lascia, faccio io» gli dico, e lui raggiunge il lato del bancone che prima occupavo io.
Poggio il bicchiere sul ripiano e poi ne prendo un altro, prima di riempirlo e di farlo scivolare tra le mani del ragazzo di fronte a me. Lui alza subito lo sguardo su di me e i suoi occhi verdi sono sempre intensi, ma sembrano più stanchi e meno luminosi delle altre volte. Il taccuino è sempre sul bancone, sempre avvolto allo stesso modo dallo stesso laccio di cuoio.

«Ciao» dice accennando un sorriso, che è troppo debole perché la fossetta ai lati della sua bocca riesca a formarsi. Io gli faccio soltanto un cenno, lui scuote la testa e prende il bicchiere tra le mani. So che se ne è reso conto, ma non dice niente.

«L'hai cambiato» lo fa dopo, quando il bicchiere ormai è già quasi vuoto.

«Sembrava che avessi bisogno di qualcosa di più del solito» gli rispondo non guardandolo. Però questa volta non resisto tanto, e allora lo guardo.

«Si nota così tanto?» Mi chiede, la voce roca che rispecchia la stanchezza nel suo sguardo.

Io scrollo le spalle, poi lo guardo ancora.

«Sono brava con i dettagli» dico e allora lui sorride, questa volta più di prima, questa volta più sinceramente. Questa volta la fossetta ai lati del suo volto compare.

𝐔𝐓𝐎𝐏𝐈𝐀 [𝐇𝐚𝐫𝐫𝐲 𝐒𝐭𝐲𝐥𝐞𝐬]Where stories live. Discover now