ventisette

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Home, Aron Wright

Eve ieri si è addormentata tra le mie braccia in un silenzio leggero che ci ha accompagnate per tutta la notte.

Quando ieri sera ho preso il cellulare per avvisare mia madre e per chiederle se se la sentiva di restare da sola mi sono accorta di un messaggio di Darlene. Risaliva a qualche ora prima, dopo il mio primo tentativo di rintracciarla quando ero ancora a casa, inconsapevole di tutto e persa nei miei stessi passi come ogni volta.

Io le ho risposto con la notizia di Chris, facendole credere che quella chiamata fosse partita esclusivamente per quello, e non me ne sono pentita. Mi ha chiesto di Eve e quando ci saranno i funerali, così ci vedremo più tardi. Ha avvertito lei Matt e Alex, anche se entrambi conoscono poco Chris e Eve.

Mi volto verso di lei che è ancora sdraiata, avvolta dalle coperte che ho adagiato sui nostri corpi poco dopo essermi accorta che si era addormentata. Il suo respiro è regolare, ma il suo corpo ai miei occhi appare talmente piccolo e vulnerabile in questo momento da sembrare privo di ogni froza. Vorrei restare ancora con lei, però ho bisogno di tornare a casa per qualche ora. Ho bisogno di vedere mia madre, nonostante tutto ed essere sicura che almeno Evan possa starle accanto anche soltanto metaforicamente oggi.

Francis entra piano nella stanza mentre sto allacciando gli stivali; l'odore di vaniglia è più leggero, ma si sente ancora tra le pareti.

«Dorme ancora» sussurra Francis, dopo aver osservato Eve.

Annuisco brevemente e poi la guardo anch'io. «Credo sia un bene che riposi, finché può.»

«Leyla sta andando a prendere Ginny» mi avvisa, e spero che lei riesca ad avere almeno la forza necessaria per poter affrontare questa giornata senza crollare.

«Io devo andare a casa, ma cercherò di arrivare in Chiesa prima dell'inizio» dico, finendo di legare i lacci del secondo stivale. «È un problema per te restare da solo con lei?»

Francis scuote la testa un paio di volte prima di rispondermi. «Ma certo, Mia. Vai pure, mi prenderò io cura di lei.»

Gli sorrido piano dopo aver recuperato la giacca e la borsa, poi gli appoggio una mano sulla spalla prima di uscire dalla stanza. «Non riesce ancora a rendersene conto, ma ha bisogno anche di te.»

Gli occhi di Francis sembrano velarsi di lacrime per un istante alle mie parole, e poi fa qualcosa che ha fatto poche volte, forse mai. Mi abbraccia, ed è un abbraccio lento, non stretto ma sentito, caldo, che trasmette tanto anche se dura poco. Io lo ricambio, e nel farlo riesco quasi a sentire tutto quello che sta attraversando dentro.

«Grazie per essere corsa qua, Mia.»

Sospiro mentre ci allontaniamo e lo guardo. «Avrei fatto qualunque cosa, lo sai. Spero solo che sia abbastanza.»

È presto e il cielo è ancora piuttosto scuro, sono poche le venature attraversate dai raggi del sole che ancora non è alto come lo sarà tra qualche ora. Mi accorgo che questa notte ha piovigginato grazie alle strade che sono leggermente bagnate e umide; cerco di moderare i miei passi per evitare di scivolare e cadere miseramente.

La metro è quasi vuota, ma ho bisogno di sedermi nonostante ci siano solo poche fermate a dividermi dalla mia. Sono stanca e mi sento tale, come se tutti i muscoli del corpo mi dolessero nello stesso momento; li sento pesanti, le gambe molli e di piombo che si impiantano sulla gomma del vagone. Ho un braccio poggiato sul corrimano al mio fianco, piegato, la mano a sostenermi la testa.

𝐔𝐓𝐎𝐏𝐈𝐀 [𝐇𝐚𝐫𝐫𝐲 𝐒𝐭𝐲𝐥𝐞𝐬]Where stories live. Discover now