40. L'incoerente

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HUNTER


Di me si potevano dire tante cose, tranne che fossi incoerente. Avevo sempre seguito una linea coerente, seppur illogica o strampalata agli occhi degli altri.

Non ero mai stato incoerente. O almeno, non lo ero mai stato fino a quel momento, perché quando aprii gli occhi a causa del suono trapanante della sveglia di un cellulare e mi resi conto di non essere il solo a occupare quel letto, realizzai di non essere stato coerente. Per la seconda volta in poco tempo, oltretutto.

Avevo dormito con Eleanor.

Di nuovo.

E senza doppi scopi.

Mi voltai a guardarla con gli occhi appannati dalla bruma del sonno e lei era lì, ancora addormentata, una mano sotto la guancia, le labbra dischiuse e quella folta nuvola di capelli a formare un'aureola di cioccolato sul cuscino.

Quella notte, quando mi aveva chiesto di restare lì anziché tornare a casa, avevo accettato dopo un attimo di titubanza, perché rimanevo comunque recalcitrante a condividere il letto con una donna, soprattutto se non si trattava di sesso. Tuttavia, avevo compreso quanto fosse stato pesante per lei a livello psicologico doversi trovare faccia a faccia con la lapide di suo figlio, e nonostante avesse cercato di mascherare le sue vere emozioni dietro una maschera di finta tranquillità, ormai ero convinto che i suoi occhi riuscissero a parlare da soli, oppure ero diventato semplicemente molto bravo a leggere cosa celassero dietro quelle iridi scure. Perciò, non ero riuscito a dire declinare quella proposta e, sorprendentemente, mi ero addormentato senza neanche accorgermene, dopo averle augurato la buonanotte e averla osservata socchiudere le palpebre.

Era la seconda volta che capitava e io non riuscivo a capacitarmi di come ci fossi riuscito, considerando che mai prima d'ora ero stato in grado di accettare l'idea di dover dormire con una donna senza il sesso di mezzo.

Forse esisteva per tutti una prima volta, però sospettavo che dietro quel mio cedimento ci fosse qualcosa che ancora era lontano dalla mia comprensione.

La sveglia continuò a suonare ed Eleanor non diede cenno di voler aprire gli occhi, così le spostai la ciocca di capelli che le copriva il viso. «Roberts», la richiamai piano, con la voce ancora impastata.

Le sue palpebre tremolarono appena, poi lentamente si dischiusero per rivelare i suoi occhi. Lei mi guardò in silenzio, la mano ancora incastrata tra il cuscino e la guancia.

«Che ore sono?» sussurrò.

«Circa le sette.»

Mugugnò qualcosa e rotolò a pancia in su. «Dobbiamo andare al lavoro...»

«Per quanto mi riguarda, possiamo anche prenderci un giorno di vacanza.»

«Non se ne parla», ribatté lei, poi si mise seduta.

Mentirei se dicessi di non aver visualizzato nella mente una serie di immagini poco caste, e sebbene non ritenessi quella la situazione adatta per cercare di sedurla, il mio istinto ebbe la meglio quando mi accorsi che doveva essersi sfilata quel ridicolo pigiama rosa durante la notte, dato che indossava solo un completino intimo nero.

No, forse non era la mossa giusta, ma il sesso era solo sesso e l'erezione contenuta nelle mie mutande era fastidiosa.

Mi alzai a sedere e, con il suono della sveglia in sottofondo, le spostai lentamente i capelli su una spalla, lasciando scorrere di proposito le dita sulla sua schiena, su quella pelle candida e morbida.

Tutto il suo corpo si irrigidì di riflesso.

Le posai un bacio casto sulla spalla, poi un altro dietro l'orecchio.

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