46. La cosa giusta

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ELEANOR

L'annuncio ufficiale era arrivato a tutti i dipendenti una mattina di inizio aprile, quando la primavera aveva già cominciato a colorare Manhattan e le giornate avevano iniziato ad allungarsi.

Bill Hawthorne aveva deciso di lasciare la sede di New York per trasferirsi in quella di Londra.

Il motivo? Ovviamente il suo ritorno con Gwen e il loro matrimonio imminente, che si sarebbe tenuto a fine agosto nella loro villa negli Hamptons.

Nessuno dei dipendenti aveva gioito alla notizia della decisione di Bill, soprattutto perché era stata seguita da un'altra: la sede di New York sarebbe stata gestita da Hunter, che si sarebbe trasferito ufficialmente qualche settimana più tardi.

Ricordavo quel giorno perché ero scappata in bagno e avevo vomitato il croissant che avevo mangiato prima di entrare in ufficio, a causa dell'agitazione che mi aveva scombussolato lo stomaco e mi aveva riempito di brividi freddi.

Avevo finto di avere l'influenza ed ero tornata a casa, al sicuro nel mio appartamento, dove ero rimasta per i tre giorni successivi, in compagnia di Ryan che aveva ascoltato le mie paturnie quando avevo avuto bisogno di sfogarmi e aveva rispettato il mio silenzio quando ero talmente immersa nei miei pensieri da non riuscire ad articolare una sola parola.

Il pensiero che Hunter sarebbe diventato a tutti gli effetti il mio capo non mi preoccupava. Il pensiero che avrei dovuto avere a che fare con Hunter ogni giorno mi aveva obbligata a prendere una decisione. E l'avevo fatto per salvaguardare me stessa, per tenere al sicuro quel cuore ammaccato che si era ritrovato a patire la sua mancanza, quando aveva deciso di tornare a Londra, due mesi prima.

Non avevamo avuto nemmeno una relazione vera e propria, non c'era stato il tempo, e a volte pensavo che fosse stato meglio così, perché in fondo non ero capace di reggere una vera rottura. Eppure, nonostante tutto ciò che c'era tra di noi si fosse interrotto prima ancora di cominciare, quando aveva deciso di tagliarmi fuori dalla sua vita, quel pomeriggio nel mio appartamento, aveva portato con sé una piccola parte di me che ancora non era tornata a casa. L'avevo persa, proprio come avevo perso lui.

Ecco perché avevo dovuto prendere quella decisione, che avevo comunicato a Bill poco prima di quella festa.

«E cosa farai?» mi domandò Kim, stretta in un abitino blu elettrico, gli occhi chiari intrisi di una nota di tristezza.

«Cercherò un altro lavoro e forse, nel frattempo, seguirò anche un corso di aggiornamento di interior design.»

«Non capisco, davvero. Credevo fossi felice del tuo lavoro.»

Kim non poteva sapere il motivo per cui avessi dato le dimissioni, nessuno era a conoscenza di ciò che c'era stato tra me e Hunter, e io non avevo mai avuto l'intenzione di parlarne con qualcun altro al di fuori dei miei migliori amici.

Mandai giù un piccolo sorso di champagne. «Lo ero. Lo sono tuttora», ammisi poi. «La Hawthorne Enterprise avrà sempre un posto speciale nel mio cuore, ma ho bisogno di cambiare aria e fare nuove esperienze.»

Ho bisogno di allontanarmi prima che Hunter piombi di nuovo nella mia vita.

Averlo attorno mi farebbe troppo male, e io sono stanca di stare male.

Ho bisogno di allontanarmi perché devo salvaguardare quel poco che è rimasto del mio cuore.

Kim mi cinse le spalle con un braccio. «Mi mancherai.»

Non potei far a meno di sorriderle. Aveva gli occhi intrisi di dispiacere, e in fondo dispiaceva anche a me. «Anche tu. Però ci vedremo lo stesso, non sto lasciando la città.»

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