Capitolo 24 - Beauty and the Beast

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Scesero dalla sua auto rapidamente, perché nessuno dei due aveva ricordato di portare un ombrello: dal cielo precipitava quella pioggia delicata e fitta tale da avvolgere tutto ciò che inghiottiva in una coltre di nebbia liquida. Non produceva nemmeno rumore: solo un placidissimo fruscio di sottofondo che inglobava in un silenzio ovattato la vastità di Brooklyn.
Sam si sveltì a raggiungere la ragazza, nel tentativo di fare della sua grossa giacca uno scudo adeguato a riparare entrambi dall'acqua scrosciante. Avvertì la risata di Alex e i colpetti rapidi dei suoi tacchetti sull'asfalto scandire i passi che l'avvicinavano alla porta del suo palazzo, provvidenzialmente già aperta per lasciarli passare.
«Corri!» cinguettò lei, cercando di sfuggire alla pioggia con un ultimo scatto in avanti. L'altro la seguì subito dopo, con un sorriso divertito dipinto sulle labbra sottili.

Entrarono entrambi.
Non che qualcuno avesse invitato Sam a seguire la donna. Lei non gli aveva chiesto di accompagnarla fino alla porta dell'appartamento; lui non si era offerto di scortarla sin all'ultima riva di quel loro comune naufragio. Eppure, nessuno dei due avanzò alcuna domanda a riguardo.
Piuttosto, la mano di Sam – tremante come se fosse stata azzannata da un colpo di gelo – cercava timidamente quella della compagna, esitante, nel tentativo di raggiungerla. Ne sfiorò dolcemente le dita (fredde, forse a causa del maltempo e del vento sferzante che aveva portato con sé), ma esitò nell'afferrarle e stringerle nelle sue. Si accontentò di quel contatto breve, di quella carezza azzardata della quale tuttavia si sentì allo stesso tempo sazio e affamato. Avrebbe voluto tenerla nella sua, quella mano.
Alex si voltò verso di lui, rivolgendogli un sorriso. Poi, quelle dita si allontanarono dalle sue, sfuggendo inesorabilmente ad ogni intento.

Tlack, tlack, tlack
L'unico rumore – regolare – era quello risonante degli stivaletti neri di Alex sul marmo rosso del pavimento, il quale colore sembrava diventare più intenso mano a mano che si addentravano nell'edificio. Quant'era lungo quel dannato corridoio? C'era un'unica porta, in fondo all'immensa navata che stavano percorrendo: strano, si ritrovò a pensare, perché effettivamente ricordava di dover percorrere delle scale per raggiungere l'appartamento della cameriera che gli passeggiava a fianco.
Però non avevano certo mancato l'indirizzo, la giovane cameriera procedeva sicura verso quella che doveva essere la porta di casa sua; ma sì: doveva necessariamente essersi sbagliato. Forse quello che aveva in mente non era nemmeno l'appartamento di Alex Black e di Catherine Hall. Probabilmente aveva sovrapposto al suo ricordo quello riguardante un'altra donna, in un altro tempo; di quelle che aveva visto soltanto in sogno, da bambino, e che poi si erano dissolte nella sua fantasia come la rugiada del mattino.
Insomma, con tutti gli scombussolamenti che la sua mente già provata aveva subito di recente... c'era da aspettarsi che dovesse trovarsi ad affrontare qualche conseguenza.

Raggiunsero quell'ultima (e unica) porta dopo un'infinità di secondi. Un'eternità alla quale si aggiunse il tempo che la ragazza impiegò per infilare le mani nella borsa a tracolla appesa alla sua spalla nel tentativo di cercare le chiavi di casa. Non disse una parola quando le trovò: parlarono per lei i tintinnii che provenivano dal mazzo nelle sue mani e il cozzare del metallo sbattuto contro i componenti interni della serratura.
Uno, due, tre scatti: l'anta si aprì, rivelando l'appartamento in penombra. Osservò Alex voltarsi verso di lui e fargli cenno di seguirla con un sorriso, mentre con la mano cercava l'interruttore della luce tastando la parete.
Esitò ancora, forse scioccamente.
«Devo entrare?» chiese, con il tono di un bambino che chiede il permesso di giocare ad un genitore. Ascoltò la sua risata di rimando e si sentì ridicolo.
«Perché, programmi di restare fuori?».
Scosse debolmente il capo in risposta, stirando la bocca senza riuscire a nascondere un'aria visibilmente stanca. Era notte inoltrata, avrebbe fatto meglio a tornarsene a Staten Island, considerato quanto il suo quartiere fosse distante da Brooklyn; senza considerare che non operava una scelta saggia decidendo di privarsi volontariamente del sonno, quando per lui era già un bene estremamente prezioso quanto raro. Quanto avrebbe resistito, prima di stramazzare al suolo privo di forze?

Hypnophobia (#wattys2017)Nơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ