Capitolo 34, parte 1 - Ellipsism

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Dall'alto del suo trono incastonato nel cielo, la luna avvolgeva ogni cosa con la sua luce soffusa e spettrale, quieta come se nulla fosse accaduto sotto la sua guardia. Affascinato da quel disco latteo, senza sapere se sentirsene rassicurato o, piuttosto, inquietato, Sam prese un profondo respiro e scese dall'auto; finalmente, avvertì la sensazione dei polmoni che si spalancavano per rifornirsi di buon ossigeno.
Staten Island, New York. Con un movimento pigro del braccio sinistro, Sam si richiuse la portiera nera alle spalle e assaporò la sicurezza del terreno di casa sotto le scarpe; cercò in quel vialetto che lo separava dall'ingresso uno spazio sicuro nel quale rifugiarsi, accertandosi che William ne restasse rigorosamente fuori.

«Sei un uomo bizzarro, Samuel.» esordì quello, dopo aver passato l'intero periodo del tragitto chiuso nel suo stesso silenzio; o forse aveva parlato, ma Sam s'era perso troppo in fumosi pensieri per accorgersene. «Buonanotte, William.» tagliò corto lui; non aveva voglia di assecondare osservazioni banali, era troppo stanco, troppo provato.
«Sei un agente federale di rinomato talento,» proseguì però il medico, per nulla impressionato dal penoso tentativo di defilarsi della sua vittima «al punto che tieni perfino delle lezioni all'accademia; eppure non ti sei nemmeno domandato come conoscessi l'indirizzo di casa tua».
Certo che se l'era domandato; ma come il dubbio era sorto in lui rapidamente, con altrettanta velocità si era diradato. C'erano talmente tante porte spalancate, in quel mondo paranormale nel quale stava precipitando, che scegliere l'una o l'altra soluzione faceva poca differenza: poteva trattarsi di un suggerimento di Aidan, che aveva dato eloquente prova delle sue abilità decisamente fuori dal comune, o forse lo osservavano da giorni; o, ancora, si trattava di un'informazione strappata a Nicholas Smith, che - per quanto ne sapeva - si era preso perfino la briga di rovistare a casa sua appena qualche giorno addietro.

«Buonanotte, William!» ripetè, stavolta sottolineando la sua esasperazione sollevando il tono della voce. Gli diede le spalle senza troppa cortesia ed avanzò rapidamente verso la porta.
«Non vuoi sapere come lo so?» insistette l'altro, quando ormai Sam aveva calcato metà del sentiero che attraversava il suo modesto giardino.
No, non voleva saperlo; non in quel momento, almeno, dato che il suo unico e viscerale desiderio prevedeva di crollare sulla poltrona del soggiorno e lasciarsi sprofondare nelle sue riflessioni paranoiche fino allo sfinimento; una fuga provvisoria dalla spaventosa realtà per venire inghiottito dai soliti, familiari incubi. Tuttavia, capì che se non avesse compiaciuto l'ego di quel corvo dalle fattezze umane, non avrebbe potuto congedarsi tanto facilmente da lui.
«Come lo sai?» domandò, voltandosi con un lungo sospiro di rassegnazione e facendo appello a tutta la pazienza rimastagli in corpo. Osservò così il sorriso di William - quella piega sottile e sbilenca che gli tagliava a metà la faccia come una vecchia cicatrice - stirarsi lentamente e divenire una fessura nera sulla superficie bianca della pelle. Quella visione, sola, gli provocò brividi che di certo non sarebbe riuscito a dimenticare facilmente.
«I risultati delle analisi.» lo sentì sbuffare, assieme al fumo della sigaretta che tratteneva tra le dita aghiformi «Te li farò avere il prima possibile. Assieme alla parcella, naturalmente: le mie prestazioni valgono sempre il loro compenso».

Dal momento in cui era apparso nel suo campo visivo, quella stessa sera, Sam era stato assalito dalla sensazione di aver già visto quell'uomo aguzzo prima; tuttavia, troppo occupato a gestire la difficile situazione, non s'era soffermato sulla sua identità.
Ma ora, con quel briciolo di lucidità che le ore di sospensione gli avevano restituito, riconoscerlo s'era fatto un compito alla sua portata. Lo guardò negli occhi, riavvolgendo il nastro di quella voce profonda che pronunciava le sue criptiche parole.
E tutto gli tornò in mente.
Tutto: il ronzio del macchinario, il bip intermittente che emetteva mentre gli monitorava le pulsazioni cardiache, lo strofinio della penna sui fogli della cartella che il dottor "W." Anderson compilava sotto i suoi occhi: così alto e asciutto da risultare perfino ossuto, sotto il camice bianco che gli scivolava addosso, piatto, come una vecchia tenda d'ospedale. Ricordava il suo sguardo sfingeo e raggelante, le brevi occhiate che gli scoccava dalle fessure degli occhi come dardi avvelenati; la voce di Ariane gli squillò nelle orecchie come il trillo d'una sveglia: "Abbiamo quasi finito, Samuel".

Hypnophobia (#wattys2017)Where stories live. Discover now