Undicesimo Capitolo.

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Seconda partita a San Siro. Seconda partita persa in campionato. Oltre il danno anche la beffa, lo dico da tifosa e non da figlia del Presidente, perché Paulo si è fatto male ad un muscolo e secondo Pavel non ritornerà in campo prima di due settimane. Prima del triplice fischio dell'arbitro che stasera ha fatto lo stronzo con entrambe la squadra, scendo con papà e Beppe nello spogliatoio della squadra dove troviamo già il numero 21 ad aspettarci. Dopo qualche minuto ci raggiunge anche il resto della squadra e allora papà comincia il suo solito discorso che smuove poco i ragazzi. Alcuni sono amareggiati per la sconfitta, altri sono semplicemente arrabbiati con loro stessi per non aver dato di più.

<<Forza ragazzi, andiamo su.>> sono le parole con cui Gigi spera di incitare i ragazzi. Si alzano tutti quanti ma Paulo rimane seduto. Gli fa male la gamba, forse troppo. Lui è già pronto per andare via, indossa l'abito nero della società. Con l'aiuto del nuovo fisioterapista si alza in piedi e si dirige verso la porta, non riesco a vederlo così. Lui è un ragazzo che non si fa aiutare mai da nessuno, evita proprio perché si vuole mostrare forte ed inattaccabile ma solo chi gli è veramente vicino, e lo vive ogni giorno, sa che non è affatto così. E' ancora un bimbo, nel senso buono della cosa. Ed io lo amo proprio per questo.

<<Va' con lui, ne ha bisogno.>> mi dice Bonnie che si trova a qualche passo da me, cerco negli occhi di mio padre l'approvazione e quando la ottengo corro via nel vano tentativo di raggiungerlo il prima possibile.

Lui è già seduto nel pullman della società quando arrivo nel garage dello stadio, lo vedo da lontano che si è sistemato negli ultimi posti. Cerco di raggiungerlo il più velocemente possibile, per fortuna indosso un paio di scarpe basse oggi, ,a vengo interrotta da una voce che mi richiama.

<<Charlotte, tu che ci fai qui? Che bello rivederti...>> davanti a me c'è James, gioca nella Primavera della Roma, ed ha intenzione di avvicinarsi sempre d più. Sorrido e mi fermo anche se vorrei tanto salire su quel cazzo di pullman per abbracciare il mio ragazzo. <<Sei cambiata dall'ultima volta che ci siamo visti...sei molto più bella.>> ma perché deve fare sempre il casca morto? Proprio non lo so.

<<Si, grazie...James ora devo proprio andare...>> cerco di sfuggire da questa conversazione ma non appena mi volto per andarmene lui mi afferra il polso e mi rigira. Si avvicina sempre di più al mio viso, le mie parole sono inutili perché dopo qualche secondo le sue labbra sono sulle mie. Mi fa schifo, non è assolutamente come baciare Paulo. Per niente. Mi stacco subito e, senza dire neanche un'altra parola, corro verso il pullman della società.

Lo trovo in piedi, ad aspettare che io lo raggiunga, poi parla: <<Ti prego, dimmi che non ti ha baciato.>> il suo tono è rassegnato, come se già conoscesse la risposta. Abbasso la testa e mi torturo le dita, anche se non è stata colpa mia, ho paura di quello che mi dirà. Ma devo provarci, non voglio rovinare tutto quanto.

<<Ti giuro, io non ho fatto nulla. E' stato lui.>> con mia grande sorpresa lascia che io mi rifugi tra le sue braccia senza battere ciglio, porto le sue mani sui miei fianchi che subito stringe. Forse anche troppo. <<Io non volevo, credimi.>>

<<Lo so, è solo che non voglio più vederlo accanto a te. Potrei fargli molto male la prossima volta.>> annuisco nel suo collo respirando a pieno il suo profumo. Però mi ricordo del suo infortunio e lo trascino a sedersi nei sedili posteriori del pullman, ci mettiamo comodi ad aspettare gli altri ed intanto parliamo.

<<Ti fa tanto male?>> gli domando mentre gli accarezzo la coscia destra, quella infortunata. Scuote la testa, è occupato a farmi le coccole, sorrido ma continuo comunque a massaggiarlo. Mi lascia qualche tenero bacio sulla guancia e qualcun altro sulle labbra.

Il più bel goal||Paulo DybalaWhere stories live. Discover now