Capitolo 40.

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Sbattei le palpebre più volte, scossa da ciò che era appena accaduto. Sentii il respiro mancarmi nei polmoni e la mia vista si annebbiò; inizialmente pensai che fosse per colpa della luce del sole, dato che quest'ultimo ci stava inondando con i suoi raggi caldi, ma solo quando sentii qualcosa di umido bagnarmi le guance, allora capii che il merito per quella vista così sfocata andasse solamente alle mie lacrime. Come era possibile che Newt se ne fosse andato semplicemente così? Non potevo crederci.

Continuai a fissare il portellone della Berga a lungo con occhi e mente vuota, anche dopo che questo si chiuse definitivamente. Non riuscivo a pensare ad altro che non fosse il modo in cui Newt se ne era andato, abbandonandomi tra le braccia dei suoi amici come se fossi una bimba capricciosa. Perché non capiva che volevo rimanere per lui, che aveva bisogno di me per non impazzire da solo?

Percepii le lacrime scorrere dentro il mio corpo, raggruppandosi tutte dietro agli occhi e dentro la gola, impedendomi anche di respirare, e solo quando sentii delle braccia attorcigliarsi attorno alla mia schiena per sorreggermi venni riportata bruscamente alla realtà. Distolsi lo sguardo dalla Berga e mi focalizzai sul volto che si era situato a nemmeno un palmo di distanza dal mio. Sbattei le palpebre per la millesima volta, cercando di cancellare le lacrime e l'offuscamento che queste avevano causato, ma non appena capii di chi fosse quel viso familiare, mi rimase semplice cancellare la tristezza e rimpiazzarla con della pura rabbia.

Serrai la mascella, allargando le narici ed espirando profondamente.
"È per il tuo bene." mi sussurrò Stephen, utilizzando il suo zigomo per asciugare una lacrima ancora umida sulla mia guancia. Non appena entrai in contatto con la sua pelle, non riuscii più a contenermi: mi distaccai immediatamente e lo spintonai all'indietro in modo brusco, suscitando un urletto da parte di Hailie; gli lanciai un'occhiataccia di disgusto e scossi la testa.
"Tu non sai cosa sia bene o male per me. Tantomeno per Newt." replicai furiosa e, non volendo neanche ascoltare la sua risposta, mi voltai di spalle, aumentando il passo per superare tutti e starmene un po' per i fatti miei in modo da calmarmi.

Sentii i richiami da parte di Stephen e di Minho, ma li ignorai entrambi dato che era anche e soprattutto colpa loro se ora Newt sarebbe impazzito lentamente da solo dentro una Berga.
Ormai non c'era modo di rientrare dentro quell'aggeggio meccanico, perciò ero decisa a non sprecare tempo ed entrare a Denver il più velocemente possibile: prima avremmo risolto le nostre questioni dentro la città, prima saremmo tornati da Newt.
Continuai a camminare a grandi falcate e in pochi secondi mi ritrovai sotto l'ombra causata dal grande muro di cemento che isolava Denver. Alzai lo sguardo su di esso, per ammirarne l'immensità ed ebbi un attimo di esitazione, frenata dal mio pessimo presentimento: quelle mura mi ricordavano quelle del Labirinto e tutte le cose brutte che lo avevano riguardato.

Scossi la testa, scacciando quella brutta immagine dalla mia testa: ero già troppo di pessimo umore per pensare alle bellissime e serene memorie che avevo dei Dolenti.
Assottigliai lo sguardo e solo allora notai le gigantesche porte che si ergevano davanti a me e che davano accesso alla città.
Sentii i passi dei miei compagni raggiungermi in fretta e quando finalmente arrivarono al mio pari, si sentì un ronzio elettronico, seguito da una voce femminile. "Dichiarate il vostro nome e la professione."
Alzai un sopracciglio, ricordandomi immediatamente di non sapere cosa rispondere: Jorge non ci aveva informato riguardo alle nostre false identità.

Come se mi avesse letto nel pensiero, il pilota di Berga mi afferrò un braccio e mi trascinò dietro di lui, facendosi avanti e prendendo la parola: "Mi chiamo Jorge Gallaraga, e questi sono i miei collaboratori: Brenda Despain, Thomas Murphy e Minho Park. Siamo qui per raccogliere delle informazioni e fare dei collaudi. Io ho il brevetto da pilota di Berghe. Ho tutta la documentazione con me, ma può controllarla lei stessa." detto ciò con voce molto alta, l'uomo tirò fuori delle tessere dalla tasca posteriore e le sollevò verso la telecamera nel muro. "Loro invece..." aggiunse subito, indicando me, Stephen e Hailie. "Sono Stephen e Hailie McLaren, mentre lei è Elena Reed. Li abbiamo incontrati durante una sosta e li abbiamo accompagnati fino a qua. Prima di perdere il lavoro a causa dell'Eruzione esercitavano la professione di infermieri, mentre quella è la loro bambina. Sono immuni, ma questo lo potrete constatare voi stessi."

The Maze Runner - RunDonde viven las historias. Descúbrelo ahora