13.♠

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Quella notte,cominciò il mio calvario,per la seconda volta.

Il siero faceva male,bruciava,ma avrebbe fatto più male ricordare ciò che una bambina di quasi otto anni ha dovuto sopportare,da sola.

Orfanotrofio-Asylum,Aberon,1968.

Mi rividi,ero sola,davanti al grande cancello nero. Una valigia in mano e i tutori dietro di me.

-Eccoci arrivati,portatela dentro,immediatamente.- disse uno.

Mi presero di forza,piangevo,piangevo tanto e nessuno sembrava ascoltare,a nessuno importava.

Una volta entrata,notai che era tutto scuro,opprimente.

Ero solo una bambina,solo una bambina,a cui erano capitate tante cose brutte.

Ricordo,come se fosse ieri,l'ultimo abbraccio con i miei fratelli.

Ognuno era stato mandato in complessi diversi dell'orfanatrofio,sarebbe stato impossibile ritrovarci.

Ci promettemmo li uni con gli altri di resistere,di combattere.

I nostri genitori erano stati brutalmente uccisi,erano stati uccisi da cospiratori, da quei demoni senza scrupoli,poco inclini ad avere dei sovrani. Iezabel,Abigor e Abrael,si chiamavano.

Sono riusciti a scappare,lasciando me e i miei fratelli a piangere,dentro una casa troppo vuota e priva di senso.

Fummo subito prelevati con la forza,urlavamo di non dividerci,di farci restare uniti,ma niente.

Adesso,qui da sola,cercavo un modo per resistere,per sopravvivere fino alla fine.

Feci come mi era stato detto,senza replicare.

-Eccoci arrivati,starai con altre bambine. Comportati bene,altrimenti verrai punita. Questa la prendo io,non ti serviranno i tuoi vestiti.- disse,strappandomi dalle mani la valigia.

-Era la mia..- piansi.

-Non piangere.- disse,tirandomi uno schiaffo.

Mi ammutolì.

-Ti porterò una divisa,uguale alle tue compagne,qui non sei diversa dalle altre,sei come tutti,una povera bambina senza genitori,vittima degli eventi e di noi grandi.- rise.

Non risposi,mi aveva fatto capire che obbiettare sarebbe stato inutile.

-Come ti chiami?- chiese una bambina.

-Emily.- dissi solo.

-Ti capisco,è così per tutte all'inizio,ci possiamo aiutare,mi chiamo Anna.- disse sorridendomi.

Non risposi,non volevo affezionarmi a nessuno,mi mancavano i miei fratelli.

Dopo un pò la donna tornò e mi portò una divisa grigia,come quella delle mie compagne.

-Indossala,nel frattempo ti taglierò i capelli,sono troppo lunghi.- disse.

-I miei capelli,no! Non voglio!- urlai piangendo.

-Stupida bambina,ti ho già detto di non piangere! Stai zitta! Zitta,ho detto!- disse schiaffeggiandomi.

Smisi di piangere,guardai impaurita i miei capelli diventare corti,troppo corti per me.

Mi vedevo brutta,ancora più brutta di quanto mi credessi.

Da quel giorno,però,cercai di non piangere molto.

Ogni pianto era uno schiaffo,o peggio,una frustrata.

Ricordo che il cibo era poco,tanto per sopravvivere,si andava a scuola e a noi bambine veniva insegnato a sottomettersi,a non contare nulla.

Era l'inferno,davvero,per una bambina di soli otto anni.


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