Capitolo 10 |Moon in the sky

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Il telefonò squillò. L'orologio digitale segnava in rosso le quattro e mezza del mattino. -Aleksandra! Prendi questo dannato telefono! Sarà TUA figlia!- il marito sputò quelle parole così violentemente che Aleksandra sobbalzò dal letto e di corsa attraversò il corridoio e lo spostamento d'aria fece smuovere i petali delle rose rosse sul tavolino di betulla. Corse veloce verso il ripiano della cucina ed afferrò il telefono.

-Pronto Kassy? Che è successo? -

-Sorellina sono io... -

-Oh, sei tu... pensavo fosse... che cosa è successo perché mi hai chiamata? Si tratta di Kassy? O di Filtiarn?- ci fu un attimo di esitazione poi dall'altro capo del telefono uscì una voce triste, quasi sofferente -Kassandra... le habbiamo detto tutto, o quasi... -

-Voi le avete detto cosa? Come vi siete permes... -

-Accalia! Abbiamo dovuto farlo. Non ci restava altra scelta. Aveva visto Sebastian trasformarsi. Perdonami -Aleksandra sentì la frustrazione in quelle parole. Si passò le mani tra i capelli biondi -Sto arrivando. Di' a mia figlia che sto venendo a prenderla- chiuse la telefonata sospirando. Si girò e balzò in aria -Peter! Mi hai fatto prendere un colpo! Dio mio- il marito la guardò dritta negli occhi, era pochi centimetri più alto di lei. Accalia non riuscì a far a meno di fare un confronto: Filtiarn era più alto di lui, molto più possente e ovviamente era, e in fondo in fondo vi rimarrà, il primo amore della sua vita. Pensò a Kassandra. Già da appena nata le aveva subito fatto capire che era, purtroppo, figlia di un mostro: i lineamenti e i colori erano i suoi e crescendo ne aveva dato prova più volte con il suo carattere permaloso e testardo. 

-Che è successo a Kassandra? Che cazzo le hanno raccontato? Da una faccia così sconvolta non mi resta che pensare che le abbiano raccontato come sia stata veramente concepita- gli angoli della bocca di Peter salirono verso l'alto, si incurvarono quindi le labbra e venne fuori un sorriso smaccato che le fece venire la pelle d'oca.

-Non so ancora niente. Non mi è chiara la cosa- disse Aleksandra con nonchalance per celare la paura e l'angoscia che le stavano corrodendo lo stomaco -Per questo sto andando a prenderla- lo guardò con una freddezza tale da gelare la stanza. Fece per andarsene ma venne bloccata saldamente per un polso -Non posso dire di amare Kassandra, ma l'ho vista crescere, e in un certo senso mi sono affezionata a lei, nonostante mi ricordi giorno e notte il tuo tradimento...-Peter prese una piccola chiave che aveva appesa al collo e aprì il cassettino della scrivania -... e sinceramente. Non sarebbe bello vedere una ragazza bella come lei, venir sciupata piano piano da questa o altra robaccia... -prese dal cassetto un bustina di polvere bianca e gliela scosse davanti - ...per colpa tua. So perché non ti stai ribellando a tutto lo schifo che faccio e che, sappilo, continuerò a fare. Ti senti in colpa tesoro mio, già già, ti senti in colpa per quello che mi hai fatto. Pensavi che questa polvere di fata, mi avesse bruciato le cellule del cervello a tal punto da non saper riconoscere i sentimenti della mia fedele moglie? Avanti amore mio, ascolta il mio consiglio: di' a Kassandra tutta la verità. Non far soffrire anche lei. Adesso però vattene e lasciami solo, e se vuoi sballarti non sei la benvenuta- si girò e tirò fuori dal cassetto la sua pipa artigianale fatta con una bottiglia di plastica.

Aleksandra si mise una mano alla bocca, prese le chiavi della macchina ed uscì di casa ancora in pantofole. Si diresse verso l'auto con le lacrime agli occhi che le rendevano la vista appannata. Si mise al volante e singhiozzando percorse la strada verso casa di sua sorella Klarisa.

-Aleksandra! Accalia! Che cosa hai fatto?- lei vide il suo riflesso nel pomello della porta: sangue ovunque, sui capelli, sul viso, sulle mani e su tutto il resto del proprio corpo, nudo. Guardò i brandelli dei propri vestiti macchiati di rosso che vi erano accanto a lei mentre gli occhi verdi di Filtiarn la fissavano increduli. Il sapore del sangue le si diffondeva per tutta la bocca e lì, accanto ai piedi del camino, vi era un corpicino squartato in mille pezzi. Aleksandra si guardò le mani tremanti, tinte di un rosso vermiglio. Crollò a terra fin quando vide tutto buio, riusciva a sentire soltanto la frase che le riecheggiava nel cranio "Cosa hai fatto al nostro Fenris?".

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