Capitolo 21

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Non so perché sto correndo.
Non so perché sto andando incontro al Dolente.
Ma sento che devo farlo.
E allora le mie gambe si muovono da sole, continuano a muoversi veloci.
Oltrepasso il primo albero.
Un'altro ululato agghiacciante.
Scarto verso destra, sorpassando un largo tronco tagliato.
Mi abbasso per passare sotto un ramo, e poi mi fermo, acuattandomi dietro a un grosso cespuglio.
Sento qualcosa, dei rami che si spezzano sotto un grande peso.
E poi, una sorta di respiro.
Mi sporgo leggermente dal mio nascondiglio.
Ed eccolo lì, il Dolente.
È proprio come quello visto attraverso il vetro, proprio ieri, ma... più piccolo.
Dev'essere largo un quarto, con meno sporgenze metalliche.
Dalla pelle viscida e grinzosa fuoriesce un liquido verde viscoso, che puzza da morire.
Lo osservo curiosa, con una sorta di paura controllata che mi pompa nel petto.
Perché sono venuta qui?
Non ho nemmeno un'arma.
Cosa diavolo sto facendo?
- Cosa diavolo stai facendo? - chiede qualcuno sottovoce dietro di me.
Mi volto verso Newt.
Mi deve aver seguito.
È accucciato accanto a me, e mi guarda teso.
- Non lo... - inizio in un bisbiglio. Poi mi accorgo che è ovviamente quello che vuole sentirsi rispondere. - Cioè, voglio ammazzare quel fottuto coso. - dico con tono convinto.
Lui sbuffa piano.
- Sì, ma ti pare - sibila - Non hai nemmeno un'arma, razza di rincaspiata. Con cosa lo vuoi uccidere esattamente, con la forza della mente? -
Lo guardo storto.
- Tornatene alla Radura. È pericoloso. - dice.
Inarco un sopracciglio.
- Ma no, davvero? Pensavo che quello fosse un dolce cucciolotto di cane, allora scusa tanto, me ne vado - dico sarcastica.
- Non voglio che ti faccia del male inutilmente - ribatte come se non mi avesse nemmeno sentito.
Gli lancio uno sguardo di sfida.
- Non me ne vado da nessuna parte. - ribatto.
Lui sospira e fa roteare gli occhi.
Allora mi passa un grosso coltello, tirato fuori dal nulla.
Lo afferro per il manico.
- Me l'ha dato Frypan - bisbiglia sbrigativo, rispondendo alla mia occhiata interrogativa, prendendone un'altro.
Mi guarda a lungo.
- Lo sai no che nessuno ha mai ucciso un Dolente, vero? - sussurra teso.
- No, ma sarò ben felice di essere la prima - ribatto.
Lui sospira.
Mi sporgo di nuovo a guardare oltre il cespuglio.
Il mostro è sempre lì, come se stesse aspettando qualcosa.
Sento una mano appoggiarmisi sul braccio.
Lancio un'occhiata indietro da sopra la spalla
- Stai attenta - mi sussurra Newt.
Incontro i suoi occhi marroni, ora pieni di un qualcosa che non riesco a definire.
- Lo sai che non lo farò, giusto? - ribatto piano.
Lui sospira.
- Lo so - borbotta, lasciando cadere la mano.
Torno a guardare il Dolente.
È ancora fermo.
- Andiamo - dico.
Sento una sorta di carica montarmi dentro, adrenalina che inizia a circolare nel sangue.
Poi esco dal nascondiglio, balzando dietro ad un largo albero.
E poi mi viene tutto naturale, come se lo facessi ogni giorno, da tutta la vita.
Come avevo previsto, il Dolente fa scattare un braccio metallico appuntito verso il tronco, andandocisi a conficcare con un tonfo sordo, seguito da un verso di protesta del mostro.
La punta ha trapassato il legno, e ora sporge ad alcuni centimetri dal mio viso.
Mi lancio di nuovo lontano dall'albero, e mi piego per schivare un'altro attacco.
Questo, va a finire sul terreno poco lontano da me.
Non vedo Newt in giro, e inizio a preoccuparmi.
Che se ne sia andato?
No, non è una cosa da lui.
O almeno lo spero, perché sennò quando, e SE, lo rivedo, lo ammazzo.
Mi tuffo in mezzo a un altro cespuglio.
Il Dolente si sta dimenando in tutte le direzioni, cercando di liberarsi dal tronco a cui è incagliato uno dei bracci, producendo versi inumani.
- Sei una fottuta stratega! - esclama Minho.
Minho?
Che cacchio ci fa qua Minho?!
Mi volto nella direzione da cui proviene.
Sta guardando strabiliato il Dolente intrappolato in sé stesso.
Ha un taglio sul braccio, ma non sembra una cosa grave, ed è pieno di terra sul viso e sui vestiti.
Perciò dev'essere qui da un po'.
Eppure ero talmente occupata che non mi ero accorta della sua presenza.
Invece il peso dell'assenza di Newt si fa sentire sempre di più.
Dove diavolo è finito?
Ignoro il commento, anche se positivo, e scaglio il mio coltello verso il centro del corpo del viscido essere.
Questo produce un ululato acuto, mentre il coltello si conficca nella carne con un rumore viscido.
Una sorta di sangue nero fuoriesce dalla ferita aperta, spandendosi sul terreno mentre il mostro crolla a terra.
Ma non è ancora finito.
Si rialza su tre delle restanti zampe, e scatta all'indietro, strappando la quarta dal corpo.
Questa rimane appesa all'albero come un ramo deforme, dal cui esce il liquido nerastro.
- Che fottuto schifo - borbotta una voce familiare.
Mi rassicura sentirla.
Se Newt sta imprecando significa che sta bene.
Il Dolente si volta verso di me, emettendo un'altra di quelle urla micidiali, ma ormai il coltello datomi da Newt è stato sprecato.
Indietreggio lentamente, cercando con lo sguardo qualunque cosa possa essere abbastanza appuntita da essere utilizzata come arma.
Il mostro evidentemente decide che seguirmi con calma non è abbastanza divertente.
Parte alla carica verso di me, mentre ormai mi volto freneticamente in tutte le direzioni.
Finalmente, avvisto un ramo lungo e robusto, dall'aspetto molto resistente, con una estremità molto aguzza.
Ma è troppo lontano, non riuscirò mai a raggiungerlo senza farmi tagliare in due.
Quando ormai mi sto arrendendo-che non è decisamente da me-alla mia prossima fine, succede qualcosa.
Il Dolente ulula acuto, ripiegandosi su sé stesso verso l'indietro.
Vedo sul lato destro del corpo della creatura una lunga ascia.
Non è andata in profondità, ma è pur sempre una ferita.
Con mia estrema sorpresa, Alby è dietro di essa.
Il sangue nero del Dolente lo imbratta dalla testa ai piedi.
Mi lancia un'occhiata gelida.
È davvero ancora incazzato con me?
Con tutto quello che sta succedendo?
Ora che il mostro è distratto, agonizzante, mi slancio verso il ramo e lo agguanto.
Guardo il mostro, cercando con gli occhi il centro del suo corpo repellente.
E inizio a correre, il ramo sollevato come un'asta stretto nella mano destra.
Stringo i denti, mentre i miei muscoli lavorano da sé.
È assurdo come sia la prima volta, ora che sto quasi per morire, da quando sia arrivata in cui mi sento davvero viva.
Sembra un paradosso, o sbaglio?
Quando sono abbastanza vicina al Dolente, sollevo il ramo e lo calo nel corpo del mostro con forza.
La cosa emette un grido fortissimo strapazzatimpani, ma io spingo più in giù, sempre più giù, finché non sento qualcosa all'interno scricchiolare, e poi spezzarsi.
A quel punto faccio un salto indietro, atterrando incredibilmente su due piedi.
Poi però mi piego sulle ginocchia, e inizio a prendere grandi boccate d'aria.
Ora ho il respiro affannoso, cerco di respirare profondamente, ma inalo il terribile olezzo che ormai impregna quest'area delle Faccemorte.
Il mostro si dimena ancora, debolmente, a pancia all'aria.
E poi, si ferma.
E poi, tutto tace.

L'ErroreWhere stories live. Discover now