Capitolo 23

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Ci fermiamo davanti alla Gattabuia.
Newt cerca alla rinfusa qualcosa nella tasca, e ne tira fuori una chiave.
La fa girare nella serratura, e apre la porta. Mi fa un cenno con la mano, indicandomi di entrare.
Incrocio le braccia al petto e oltrepasso la soglia della piccola costruzione in pietra. Subito dopo, Newt mi richiude la porta alle spalle.
Mi volto verso la porta chiusa.
- Tornerò appena posso, va bene? - chiede.
Riesco a vedere una parte del suo viso attraverso la piccola grata in alto.
Inarco un sopracciglio.
- Da quando in qua sei così gentile? In genere sei uno stronzo. - dico sinceramente stupita, per la prima volta senza intenzione di offendere. Beh, non più del solito insomma. Ma in effetti era una domanda che mi girava nella testa da un po'.
Lui fa roteare gli occhi.
- Stavo solo cercando di rassicurarti, se vuoi torno alla stronzo-mode - ribatte.
- Non ho bisogno di essere rassicurata. - replico fredda.
Lui sbuffa.
- Bene così, Fagio. - sbotta - Allora ti avverto che non ho idea di quando cacchio tornerò, e che mi frega ben poco di quanto te ne stai là dentro. Ci vediamo. - dice, poi si volta, e sparisce dalla mia vista.
Sento come uno strano dolore allo stomaco, non bene identificato.
Perché fa così male?
E cos'è che mi provoca questo dolore?
Aggrotto le sopracciglia tra me e me, e decido di guardarmi intorno. Non che si riveli essere una grandissima idea.
Non si può dire che il posticino sia accogliente.
Primo di tutto, puzza come se fosse pieno di sploff. E ho anche il forte sospetto che lo sia. Cercando di adattare la vista al buio, distinguo cose che non avrei voluto vedere.
Sospiro e vado a sedermi con la schiena contro la porta.

Rimango lì ferma per quella che sembra un'eternità.
Dev'essere mezzogiorno, o forse l'una di pomeriggio.
Non è venuto nessuno, e mi sto annoiando a morte. Non c'è un granché da fare, se non pensare alla mia situazione. Cosa che preferirei evitare.
A un tratto sento dei passi, sull'erba nello spiazzo proprio oltre la porta.
Mi stupisco a sperare che appartengano al biondino.
- Ehy? - mi chiama una voce familiare.
Mi alzo in piedi, andando a guardare attraverso la grata.
- Ehy, ciao George - dico, sperando che la punta di delusione che traspare nel tono venga attribuita alla mia situazione di sploff.
- Come va? - chiede il rosso, l'espressione  preoccupata.
Scrollo le spalle.
- Potrebbe andar peggio - rispondo.
Lui sorride lievemente, evidentemente ricordandosi che quella è stata effettivamente la prima frase che gli ho rivolto, il primo giorno.
- Che succede là fuori? Hanno già fatto quella caspio di Adunanza? - chiedo.
Il ragazzo si guarda intorno come se volesse scappare. Pessimo segno.
- Sputa il rospo - dico.
George torna a guardarmi, sospirando.
- Sì, e ormai sta durando da due ore, come minimo. Non sembra mai avere fine quella cacchio di Adunanza. - dice sbuffando - Non vedo Frypan e gli altri da un'infinità. -
Sospiro.
- Odio procurarvi così tanti casini del cacchio - dico, in parte dispiaciuta, in parte irritata. Questo perché, beh, io in realtà non ho procurato casini proprio a nessuno.
- Ehy, non è colpa tua - dice lui, mettendo un che di dolce e rassicurante nella voce - Anzi, tutto quello che hai fatto per ora è stato far schiattare un fottuto Dolente che ci stava per ammazzare tutti. E non è poco. -
Sbuffo.
- Ah, e... grazie per prima - aggiunge, grattandosi la testa imbarazzato.
Aggrotto le sopracciglia, confusa.
- Prima, quando ho visto il Dolente. Ero in piena crisi isterica e... beh sei riuscita a calmarmi. - dice, arrossendo lievemente, cosa che fa risaltare ancora di più le sue numerose lentiggini sparse sul naso e sulle guance - Grazie. -
Scrollo le spalle.
- Di nulla. - rispondo.
Rimaniamo in silenzio per alcuni istanti.
- Ah si, ti ho portato il pranzo - dice.
Mi passa un panino attraverso le grate.
È "ripieno" di carne.
Beh, metto le virgolette perché c'è n'è talmente poca e talmente brutta da vedere che non so se si può considerare un ripieno vero e proprio.
- Non sarà un granché, ma d'altronde non puoi aspettarti niente buono se esce dalle Cucine - dice ridacchiando teso.
Ridacchio anch'io.
- Grazie - rispondo riconoscente.
Afferro il panino e lo addento. Stranamente, ha un sapore meno disgustoso del solito.
- Ora devo andare - mi dice George - Sta tranquilla -
Sorrido lievemente.
- Ciao - lo saluto.
- Ciao - risponde.
Mi guarda ancora qualche secondo, poi si volta e corre via.
Beh, in effetti dopo alcune decine di metri inizia già a prendere a camminare, perciò ne deduco che non deve avere una gran resistenza.
Sospiro.
E sono di nuovo sola.

Angolo autrice

Va be', questo capitolo non mi piace neanche un po' ma ok😅😐
Allora come va? Vi sta piacendo la storia finora? 💓

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