Capitolo 30

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"Piccola, oggi pomeriggio, dopo scuola, ti porto in un posto, voglio farti fare una cosa" mi disse mentre eravamo ancora a letto.
Era mattina ed eravamo avvinghiati uno all'altro.

La serata precedente era stata bellissima. Ci siamo divertiti tanto, a parte la sosta in ospedale. Una di quelle serate semplici ma che ti riempiono di felicità.
"Mh mh" annuii e poi chiesi "Cosa?"
"Penso che ti piacerà e che ti divertirai, è un posto importante per me"
"E perché mi ci vuoi portare?" chiesi.
"Non lo so nemmeno io" alzò le spalle e mi strinse di più a sè.
Lo vidi perso nei suoi pensieri e iniziai a fargli dei piccoli grattini sulla schiena. Sorrise godendosi quella sensazione che tanto adorava.
"Quasi meglio un orgasmo" disse a occhi chiusi facendomi ridacchiare.

***

Arrivammo davanti a una specie di palestra.
Avevamo appena mangiato al Mc dopo una dura giornata di scuola, ero sazia e vedere una palestra mi stava deprimendo. Perché mai avrebbe dovuto portarmi in una palestra? Ci aveva già provato e mi aveva trovata dopo dieci minuti comodamente sdraiata su un materassone da palestra.
"Non guardalo in quel modo. Non è il tipo di palestra che credi, ci ho già provato una volta e può bastare. È il posto in cui mi posso sfogare e liberare" sorrise con occhi luminosi.

Aveva quell'espressione quando vedeva o parlava di una cosa davvero importante, tipo quella volta con sua nonna, al ristorante.
Che poi aveva mantenuto la promessa: e l'aveva fatta davvero conoscere. Era una vecchietta arzilla e davvero dolce. Mi aveva accolto in un caloroso abbraccio appena entrata in casa. Quel tipo di abbraccio che ti riscalda ogni singola cellula del tuo corpo, quello che non avevo mai ricevuto nemmeno da mia madre. Ci aveva preparato le lasagne e mi ha fatto molte domande. Non domande invadenti, tutt'altro. Non mi ha chiesto di scuola, della famiglia, o del futuro. Solo su me e Tayler, sul cibo che mi piace, il mio colore preferito, sogni, hobby, libri, musica. Tutto quello con cui parli con un'amica.
Prima di uscire la salutai allungandole la mano. Lei me la guardò quasi schifata e mi accolse di nuovo in un abbraccio.
"Se provi ancora a darmi la mano dico a tutte le mie amiche del paese che quando eri piccola hai fatto popò nel secchiello della sabbiera dell'Oratorio. E non te lo consiglio perché sono un pochetto fissate con la chiesa e poi sono delle grandissime pettegole. E non ti azzardare nemmeno a chiamarmi col cognome. O nonna, o nulla" mi aveva detto mentre mi abbracciava sotto le risate di Tayler.
Quando si staccò non dissi nemmeno una parola, ero sconvolta.
"Nonna". Mi sentivo importante: una donna quasi sconosciuta mi aveva praticamente obbligato a chiamarla nonna.
Poi andò da Tayler e, come mi aveva raccontato, gli pizzicò le guancie.
"Stai attento con questa ragazza, perché se te la lasci scappare e mi porti un'altra bisbetica come Biondo Platino, ti scomunico come nipote" gli disse facendomi ridere.
Quella donna era praticamente me da vecchia, mi capiva perfettamente.
"Tranquilla, nonna, non me la faccio scappare" disse abbracciandola mentre guardava me con quei pozzi neri che sembravano così profondi da annegarci.
Quel giorno mi è entrata nel cuore e non ne è più uscita. "Nonna" mi ripetevo in macchina. E ora ne ero sicura, era la mia nonna.

"A cosa pensi?" mi guardò risvegliandomi da quei pensieri così felici.
"Nulla, andiamo" gli presi la mano

Entrammo.
Una specie di segreteria, o cassa, si presentò davanti a noi. Un uomo di mezza età ci venne incontro.
"Tayler,che ci fai qui?" chiese guardandomi.
Qualcosa mi diceva che il suo stupore non era nel vedere lui, bensì me.
"Jake, volevo presentarti Emily, la mia ragazza" sorrise orgoglioso.
Mi allungò una mano e io la presi con decisione. Se credeva di potermi mettere paura squadrandomi dalla testa ai piedi, si sbagliava di grosso. Non capivo che avesse contro di me.
Era un uomo grande e grosso, spalle larghe e i muscoli si vedevano attraverso la maglietta maniche corte nera. Mi ricordava molto Tayler. Lo stesso sguardo gelido e diffidente.
"Jake, abbassa la guardia" Tayler fece un cenno con la testa.
Si guardarono a lungo negli occhi, sembrava che stessero parlando.

Poi vidi Jake sorridere.
"Scusami, è solo che per me Tayler è come un figlio e ha sofferto fin troppo. Volevo solo assicurarmi che..." balbettó grattandosi la nuca.
"È okay" sorrisi "È comprensibile, non si preoccupi"
"Ricominciamo?" sorrise a sua volta.
Allungai la mano e dissi: "Emily, piacere"
"Jake, piacere mio"
Vidi Tayler sorridere.
"Cosa posso fare per voi?" chiese cordialmente guardando prima Tayler e poi me.
È così strano come una persona, per proteggere qualcuno, possa cambiare totalmente. Diventare freddo, scorbutico, acido e assolutamente antipatico. La verità è che sembrava davvero una brava persona e in quel momento capivo il motivo per cui Tayler mi avesse portato lì. Perché c'era una persona che lo ha sempre trattato come un figlio e che Tayler stesso lo considera un padre.
"Devi farle tirare fuori la parte peggiore di lei, come hai fatto con me" disse mentre si guardavano negli occhi.
"Quello?" chiese Jake.
"Quello" affermò Tayler.
"Cosa?" chiesi confusa guardando a occhi sbarati prima uno e poi l'altro.
"Trevor e Brandon" rispose quasi in un sussurro.
Sentii una rabbia attraversarmi il corpo e i miei pugni si chiusero talmente forte da farmi conficcare le unghie nei palmi
"Ora ho capito" disse Jake fissando le mie mani.
"Cosa hai capito?" chiesi.
Forse potevo sembrare davvero un'impicciona ma, diamine, parlavano di me, dovevo sapere quello che lui sapeva e che io non capivo.
"Quello che devo fare e credo che sarà semplice come lo è stato con Tayler"
Se ci avevo capito qualcosa? No, assolutamente niente. Diamine, manco sapevo dove mi trovassi.
"Andiamo" disse e si incamminò verso la stanza alle sue spalle.
Rimasi immobile. I piedi non riuscivano a muoversi come se fossero di piombo. Il respiro era corto.
"Piccola, tranquilla. Semplicemente devi preparati, in caso di bisogno. Devi imparare a canalizzare la rabbia e usarla a tuo favore" mi prese il viso tra le mani e mi baciò dolcemente.

Entrammo e un ring mi fece rimanere spiazzata.
"Boxe? Scherzi?" chiesi a Tayler non levando gli occhi dal sacco nero che pendeva dal soffitto.
Sorrise e mi prese la mano.

"Tieni" Jake mi lanciò due guanti rossi.
Li presi per un pelo, avevo dei riflessi di merda.
"Dovremo lavorare sui riflessi" notò Jake.
"Si, un elefante obeso ne ha più di lei" mi prese in giro Tayler.
"Non è affatto vero" sbottai lanciandogli un guanto.
"Sicuro Tayler? Questa ti uccide" ridacchiò Jake e poco dopo lo seguimmo.
Tayler sorrise, mi prese di nuovo la mano e ci lasciò un bacio dolce sul dorso.
Mi fece sedere su una panca e mi mise i guantoni.
Quando ebbe finito mi prese il viso tra le mani e mi diede un bacio dolce.
"Non farti sopraffare dall'imbarazzo e ascolta attentamente a quello che dice. Agisci solo d'istinto" mi guardò negli occhi calmandomi.
Aveva quel pregio che nessuno aveva, riusciva ma calmarmi e darmi forza solo guardandomi negli occhi.
Ce la potevo fare. Tayler credeva in me.
E poi dovevo tirare pugni, il muro negli anni era stato un ottimo insegnante.

Spero che vi piaccia.
All the love, -M

Un errore bellissimo 2Where stories live. Discover now