I Quattro Cavalli

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Correva. Stava correndo, vero? Davanti ai suoi occhi, c'era solo verde e marrone, verde e marrone. Si lappò il naso, inumidendolo. Sì, stava correndo. E si sentiva bene, si sentiva libero. Libero come non si era mai sentito prima d'ora. La zampa non gli faceva male e l'aria odorava di fresco e di libertà e di selvatico.

Ma c'era un altro odore nell'aria. Da qualche parte nella sua mente, una vocina gli disse di conoscerlo, ma non seppe dare un dato concreto e credibile, come un nome: lo conosceva e basta. Deviò sapientemente nella direzione di quell'odore, verso la sorgente di quell'odore che lo stava facendo impazzire di ansia e voglia e fame.

...fame?

La foresta si spalancò davanti ai suoi occhi e si ritrovò a saettare in uno spiazzo erboso, con il sole in faccia e l'aria improvvisamente più fresca. In lontananza, una figura che sentiva di conoscere bene: strinse le palpebre per quei secondi a lui necessari per riconoscerla. Sì, non c'erano dubbi. Era senza ombra di dubbio

(Judy Hopps)

un coniglio; una preda. E lui aveva fame, una fame pungente, una fame che, in un altro dove e quando, avrebbe definito anarchica. Il coniglio si volse nella sua direzione, troppo tardi per fare qualsiasi cosa. Vide i suoi occhi viola posarsi su di lui, poi saltò verso il suo collo e ci affondò i denti.

Quello che lo strappò dal sonno fu uno scatto decisamente troppo repentino per una volpe con due costole incrinate. Fissò il muro davanti al letto e prese due bei respiri, prima di guaire per il dolore delle ossa danneggiate. Si abbandonò nuovamente sul cuscino, pensando che quel dolore in fondo se lo meritava.

Portò distrattamente una zampa al muso mentre percorse con la punta della lingua i denti: se chiudeva gli occhi e si concentrava, poteva ancora sentirlo. Deglutì al ricordo del sapore ramato sulla lingua e dietro le palpebre abbassate vide distintamente che quel sapore aveva un lugubre, denso colore rosso.

Perché non aveva detto nulla a Vixen? Perché aveva dissimulato? Perché aveva utilizzato il suo miglior muso da poker per celare il disgusto di quei ricordi in cui lui era a quattro zampe, con la mente a senso unico? Erano domande che avevano cominciato a perseguitarlo già dentro la camera d'ospedale e lui, in quei rari momenti di intimità, quando era solo e quindi poteva abbassare la maschera del Nick convalescente e con una leggera amnesia. Poteva far vedere la luce al Nick convalescenze senza una leggera amnesia.

Perché non hai detto nulla a Vixen?

E ricordava, ricordava tutto: la decisione e la sensazione dei peli umidi sul collo, il blackout non più lungo di un secondo e poi gli istinti, che nulla avevano di logico o di razionale. Ricordava come un sogno Vixen allontanarsi da lui ed estrarre la pistola, in un momento in cui la sua mente era completamente concentrata su Clawhauser, il cui nome in quel momento era così lontano da lui.

Perché hai dissimulato?

Ricordava la lotta, gli artigli e le zanne che scattavano e rilucevano, cercandolo e cacciandolo, ma lui era troppo piccolo, troppo veloce e guizzava lungo il suo corpo. Ricordava gli squittii del ghepardo, ma veramente i ghepardi fanno un verso così? Ricordava le provette ed i mobili cadere ed infrangersi, come componenti di un'instabile ring solo per loro due.

Perché hai usato il muso da poker?

E ricordava l'attimo della vittoria condito dal dolore a quella zampa, ora in fondo al suo corpo ingessata ed inutile, che non faceva che aumentargli l'adrenalina, fargli battere il cuore più velocemente, fargli guizzare i muscoli e sentire meno male. Ricordava quel sapore che in quello stesso momento, complice il suo cervello impegnato a scacciare la noia, sentiva sulla lingua e contro i denti. Ricordava il sangue.

I Quattro CavalliWhere stories live. Discover now