Cavallo cattura cavallo

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Bonnie Hopps era uno di quei conigli con la mente stranamente aperta, ma di indole cauta e timorosa come voleva per lei quella parte di natura che l'evoluzione proprio non era riuscita a sradicare. La sua nidiata, di dimensioni modeste vista la sua età e comparata con le famiglie accanto, era cresciuta con pochi divieti ed ancor meno rimproveri, tutti celermente compensati da Stu: lui non vedeva effettivamente l'ora di sfoderare il suo sguardo orgoglioso alla vista dei suoi figli che si occupavano di un singolo filone di carote a testa.

Bonnie Hopps era uno di quei conigli atipici: un coniglio strano, un coniglio che remava controcorrente, che faceva a pugni con sé stessa e l'aveva dimostrato al mondo intero quando, qualche anno prima, aveva dichiarato che il numero dei loro figli non sarebbe più salito. Alle orecchie di tutta Bunnybureau, un villaggio popolato da soli conigli, era parso quasi contro natura, al punto che per qualche tempo era serpeggiata la voce che lei non fosse un vero coniglio ma qualcos'altro, qualcosa di sbagliato, frutto della violazione di un tacito e mai scritto tabù.

Dentro di sé, in un angolino ben nascosto della sua mente, rifletteva ogni tanto sulla banalità della loro natura: i conigli nascono, si dedicano interamente alla famiglia finché i genitori non decidono che devono averne una anche loro, normalmente in coincidenza con il primo calore. E allora partiva una trafila noiosa, monotona e ripetitiva che rimbalzava dal fare figli al produrre cibo che sarebbe servito per guadagnare i soldi che servivano per crescere altri figli che avrebbero prodotto ancora più cibo per guadagnare più soldi per più figli: questo gioco dell'altalena l'aveva stancata, al punto da farle provare il sordo desiderio di scendere.

Quando una piccola Judy sopra un palcoscenico troppo alto per loro si era calcata sulla testolina un cappello da poliziotto, aveva ricambiato con il marito uno sguardo confuso e preoccupato che tuttavia serviva unicamente da maschera per celare l'orgoglio che sentì divampare dentro di sé. Ma Stu...beh, lui era aperto di mente quanto bastava per non gettare le carote che nascevano con una forma grottesca, bizzarra e talvolta anche erotica: sicuramente non poteva pensare che una delle sue figlie si sarebbe trasferita a Zootropolis perché nei suoi sogni più grandi c'era uno scintillante e dorato distintivo e non un cappello di paglia e delle casse di verdura.

La sua natura titubante e timida le aveva lasciato in eredità un istintivo moto di sospetto per le cose nuove e strane e una di quelle era stato lo spettacolo che la sera prima aveva preannunciato Judy durante la loro video telefonata su Furrbook, assieme all'invito ad assistervi perché, sue testuali parole, sarebbe stata la ciliegina sulla torta alla sua prima indagine.

Se c'era una cosa che Stu Hopps adorava, a parte il suo lavoro, la monotonia della sua vita e coltivare la terra, era l'azzurro. Parecchie volte si perdeva ad osservare il cielo estivo e poco sembrava importargliene della calura e del sole e dell'emicrania che l'avrebbe aspettato la sera: lui guardava il cielo con occhi persi.

"I nostri antenati non lo guardavano mai il cielo" diceva ogni volta che uno dei suoi figli gli chiedeva il motivo. Come se quella fosse una risposta soddisfacente per una mente curiosa come quella di un cucciolo di coniglio. La cappa azzurra, come l'aveva battezzata pochi secondi dopo la fine della chiamata con Judy, sarebbe stata a momenti, ma lui era seduto sulla veranda della sua casa già da due ore, fissando l'ombra lontana della città con occhi pieni di speranza ed aspettativa.

Dieci secondi.

Bonnie era rimasta in casa: i cambiamenti e le cose nuove la lasciavano titubante e proprio non riusciva a comprenderne il motivo. Tutto quello che sentiva era una sorda voglia di lasciare almeno un vetro tra lei e quello spettacolo che sarebbe iniziato in qualunque momento.

Era stata naturalmente felice per la figlia e non aveva dubbi sul fatto che sarebbe andato tutto bene: aveva Nick Wilde al suo fianco e, sebbene non l'avesse mai visto, sentiva quasi di conoscerlo dai racconti di Judy. Le piaceva pensare a quella strana volpe truffaldina e dalla risposta pronta e sagace come una specie di angelo custode: anche Stu lo vedeva in quel ruolo e la prova era stata il suo augurio che non diventasse qualcosa di più. Lavorare con le volpi era ok, ma spingersi sul non professionale era assolutamente inaccettabile, specie se la cosa includeva sua figlia con quello sguardo e quella voce.

I Quattro CavalliWhere stories live. Discover now