Capitolo 18

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La foto che ho in mano potrebbe consumarsi da un momento all'altro poichè i miei occhi continuano a fissarla. Niente in questo momento riuscirebbe a distrarmi e farmi distogliere lo sguardo da essa. Cerco di cogliere ogni singolo particolare in questo scatto fatto quasi quindici anni fa. Blacky continua a leccarmi l'avambraccio e fa le fusa, ma io continuo a spostarlo.
Mio padre, in tutti questi anni, ha continuato a ripetermi che nessuna donna, dopo mia madre, ha avuto l'occasione di conoscere i nonni. Mi ha mentito? Non riesco a cogliere alcuna somiglianza tra me e lei, nonostante i suoi capelli neri, neri come quelli del bambino che stringe con il braccio destro, mentre io sono seduta sulle sue ginocchia. Non può essere mia madre. Non può esserlo perchè in questa foto riesco a cogliere quell'amore che una madre che ha abbandonato la propria figlia non riuscirebbe a nutrire. La sola idea che possa essere sua figlia mi fa sentire male. Sto sudando freddo. Mi alzo dal divano lasciando per un attimo le foto sopra ad un enorme cuscino arancione e giallo, che non si intona per nulla con il copridivano azzurro. Prendo un bicchiere e lo riempio di acqua fredda, ghiacciata. Lo bevo tutto d'un sorso, talmente in fretta che inizia a farmi male il setto nasale. Cerco di alleviare il dolore stringendolo con il pollice e l'indice, assumendo una strana espressione. Il battito del mio cuore inizia a decelerare. Sono le 13 in punto e mio padre potrebbe rientrare dal nuovo lavoro da un momento all'altro. Non riesco ancora a memorizzare i suoi orari. Si, ha un nuovo lavoro. La redazione di un quotidiano molto famoso ha deciso di dargli un'opportunità e così ora si ritrova a scrivere articoli sportivi.
Mio padre non è al corrente della chiamata tra me e sua madre, nonché mia nonna e tanto meno delle foto. Le prendo frettolosamente e mi dirigo verso la camera da letto. Lascio la porta leggermente aperta in modo tale da poter sentire i rumori che emette quando torna a casa. Il letto è cosparso di foto e lascio libero un piccolo angolino dove mi adagio lentamente per non farle cadere. Resto a guardarle fin quando il rumore della porta che sbatte mi fa sobbalzare.
<< Charlotte sono a casa! >> urla mio padre.
Ho il cuore in gola. Il battito dei suoi passi si fanno sempre più forti. La casa è talmente piccola che bastano due passi per arrivare in camera. Inizio a raccogliere velocemente le foto e le butto sotto al letto.
<< Ah ma sei qui. >> dice mio padre.
Sono ancora impegnata a sistemare le coperte che scendono ai lati del letto quando lui entra in camera.
<< Ehm, si si sono tornata poco fa >> dico spostando dietro l'orecchio una piccola ciocca di capelli che continua a cadermi davanti agli occhi. Forse non sono stata molto convincente.
<< Cos'è quella faccia? Sei stata travolta da un Tram? >> dice continuando a fissarmi con aria curiosa.
<< No è tutto ok, sono solo un pò stanca. Il rientro a scuola è sempre stato faticoso per me, come ben sai. >> Come ben sai? Lui non sa proprio nulla di me.
<< Cerco di fidarmi >> replica mentre esce dalla mia camera, assumendo un espressione strana, quasi come fosse insospettito.
Non sono mai stata brava a dire le bugie, mi si legge subito dagli occhi. Stavolta però sono sicura che con lui ci sia riuscita, lui non mi conosce affatto da poterlo capire.
<< Vieni a preparare il pranzo? >> urla mio padre.
<< Si arrivo >> rispondo. Il fatto che mi tratti come una serva piuttosto che come una figlia non mi sorprende più da un paio di anni ormai.
Vado in cucina e il frigo è completamente vuoto. Le uniche cose che abbiamo sono bottiglie di birra, due pacchi quasi pieni e delle uova.
<< Ma non dovevi fare la spesa stamattina? >> dico a mio padre continuando a fissare il frigo vuoto.
<< Shh fammi vedere la partita! >> risponde, portandosi un dito in bocca.
<< Senti, evidentemente non hai così tanta fame! Io esco e vado a mangiare qualcosa fuori! >> replico chiudendo con violenza l'anta del frigorifero.
<< Vai vai, andate via tutte >> urla guardando una partita di football.
<< Certo che me ne vado, sei un insopportabile coglione! >>. Cerco di urlare più forte di lui. Corro in camera e prendo il mio cappotto e la mia sciarpa al volo. Poi mi dirigo in camera di mio padre. Il portafogli é proprio all'interno dei suoi soliti pantaloni neri che indossa quasi ogni giorno. Lo sfilo dalla tasca e lo apro sperando di trovare qualche spicciolo. Prendo un paio di banconote e la mia attenzione è catturata da una foto sgualcita e consumata ai bordi. Raffigura la stessa donna della foto di stamattina. Ho la tachicardia e le gambe sembrano non reggere. Prima che il portafogli mi cada dalle mani tremolanti, lo metto nella tasca dove si trovava. Esco di corsa da casa ancora scossa e non saluto neanche mio padre che sembra non accorgersene neanche. Scendo lentamente le scale, sorretta dalla ringhiera in ferro.
<< Tutto ok? >>
Alzo lo sguardo ed è Noel.
<< Si, un pó di incomprensioni con mio padre ma sono all'ordine del giorno >> rispondo.
<< Cos'è successo? >> sembra essere interessato davvero o forse è così bravo a mentire. Non riesco più a fidarmi di nessuno, specialmente degli uomini.
<< Scusami ma ora non mi va di parlarne, perdonami >> rispondo scendendo due scalini, avvicinandomi sempre di più a lui che e' fermo sull'uscio della sua porta.
<< Tranquilla, anzi forse sono stato troppo invadente! >>
Io mi limito ad un sorriso e continuo a scendere le scale salutandolo e augurandogli una buona giornata. Lui ricambia il saluto.
<< E stasera invece ti andrebbe di parlarne? Magari difronte ad una birra. >> sembra un pò imbarazzato.
<< Stasera magari si >> dico voltandomi.
<< Allora a stasera! >>

SunshineWhere stories live. Discover now