Capitolo 5

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Il weekend passa così velocemente, che sarei rimasto a Las Vegas per divertitemi ancóra un po'.
Louis mi aveva fatto avere le scorte di sangue, ed io mi ero nutrito per i fatti miei.
Entro in classe, sapendo che oggi mi toccano due ore con quei ragazzini delle quinta A, non che gli altri mi stanno simpatici, ma almeno con loro mi diverto di più.
Inizio a fare l'appello, fino a che non arrivo a un nome famigliare.
-Julya Roder, sapete dov'è?- chiedo ai compagni, che non sembrano aver notato la sua assenza.
-Si sarà nascosta, o forse suicidata.- Dice una di quelle bionde, che sembra la brutta copia di Barbie.
-Perché dici questo?- chiedo, prima di scatenare la mia rabbia contro di loro.
-Professore, lei è nuovo, ma quella ragazza ha ucciso i suoi genitori e il nostro amico William! È un'assassina- risponde Baker, mentre tutti confermavano la sua teoria.
Lessi nella loro mente: ognuno di loro aveva una propria versione, ma nessuno sapeva cosa realmente fosse successo.
-Voi eravate lì?- chiesi, mentre tutti iniziarono a guardarmi senza capire.
-Mio padre è un poliziotto, e ha visto tutto!- rispose Melany, mentre nella sua mente vidi che lei non sapeva niente.
-Beh, imparate che se non avete visto o sentito, non dovete giudicare!- dissi, mentre i loro pensieri erano andati in tilt a causa del mio discorso.
-Bene, riprendiamo...- aggiunsi, mentre iniziai la lezione.
Avrei avuto un'altra lezione, ma la curiosità di sapere come mai quella ragazzina non fosse in classe, si fece più grande.
-Gill, salve -guardai la professoressa di spagnolo, mentre si muoveva sensualmente verso di me. Se non fosse stata una mia collega, e contro la mia moralità di attaccare qualcuno nella zona dove risiedevo, un pensierino ce l'avrei fatto.
-Daniel, tutto bene?- chiese, sbattendo più volte le ciglia, mentre si mordeva il labbro.
-Devo andare, tu prenderai il mio posto nella classe della seconda C. E quando te lo chiederanno, dirai che me l'hai chiesto tu da tempo.- Sussurrai vicino al suo orecchio, mentre lei iniziò a camminare una volta finito il mio discorso.

In un attimo mi ritrovai davanti a casa sua. Suonai più volte, finché lei non aprì la porta.
Il suo viso era diverso: le guance rosse, mentre in mano aveva dei fazzoletti per via del naso che colava.
-Professore... - riuscì a dire, prima di starnutire.
-Posso?- Se fossimo in altri tempi, avrei dovuto fare tutta una serie di discorsi per chiederle il permesso. Facendo entrare con me una donna, per non offendere la sua immagine. Ma per fortuna siamo nel 2016, e tutto è cambiato.
Lei ebbe un attimo di esitazione, per poi aprire di più la porta e farmi entrare.
Mi guardai attorno: la casa era grande, con un po' di polvere. Il salotto era apparecchiato come se ci fosse stata una cena mai avvenuta.
Mi fece segno di sedermi su una poltrona, mentre lei si appoggiò sul divano.
-Non è venuta a scuola.- Mi affrettai a dire, mentre i miei occhi registravano tutto quello c'era attorno.
-Sto male, mi è venuto il raffreddore!- aggiunse, mentre lessi un frammento confuso nella sua mente.
Riuscii a capire a fatica, che quel branco di idioti ieri l'avevano legata, continuando a buttarle palloni d'acqua.
-Ho capito. È andata da un dottore?- chiesi, cercando di capire qualcosa in più di lei.

-No, è un semplice raffreddore.- Provò a dire, prima di starnutire di nuovo. -Passerà!-
In un'epoca lontana ero stato un dottore. Era più facile per me avvicinarmi ai corpi, senza essere ucciso.
Mi alzai mettendomi di fronte a lei, e lei si alzò in piedi. Appoggiai la mia mano sulla sua fronte, sentendo una leggera scossa.
-questo è ancora più strano- dissi tra me.
-Ha 38 di febbre. Ha mangiato qualcosa?- le chiesi, mentre la guardavo.
Le sue labbra erano screpolate, lei mi fece segno di sì con la testa, ma capii che stava mentendo.
-Dove sono i tuoi genitori?- chiesi, con la speranza che la sua mente mi mostrasse qualche frammento del suo passato.
-Professore, sto bene. Forse è il caso che vada. Avrà da fare, e io cercherò di guarire per tornare. È gentile da parte sua essere passato.- Si affrettò a dire, mentre mi indicava con la mano la porta d'uscita.
Iniziai a camminare verso la porta, non prima di riprovare a persuaderla con il mio potere nel dirmi la verità, ma anche in questo caso, qualcosa non funzionò. Uscii dalla casa molto confuso.
In 1.500 anni era la prima volta che mi accadeva una cosa del genere.









-Arr-arrivo. Professore?- suonai alla sua porta all'ora di pranzo. La oltrepassai con un sacchetto del McDonald recuperato a Las Vegas. Non sapendo cosa le piaceva avevo preso un po' di tutto.
-Non ho lezione, quindi non mi disturba. Non ha mangiato e non mi menta mai più! Mi dica dov'è la cucina- le mostrai i sacchetti del fast food che tanto amano i giovani di adesso.
Lei mi fece segno di andare dritto, e iniziai a camminare con lei dietro.
La cucina era davvero spaziosa, sembrava che dovesse ospitare dieci persone. Guardai il colore, mentre mi sedevo al tavolo.
-McDonald? Non c'è qui- Disse, mentre le passavo i menù che avevo ordinato. Lasciai la sua domanda senza risposta, mentre addentava una patatina fritta.
Aspettai che finisse di mangiare, continuando a provare ad usare il mio "dono" ossia leggere i suoi pensieri. Ma tutti i miei sforzi furono invani. Decisi di usare un altro mio potere, l'avrei persuasa a raccontarmi qualcosa.
-Ora mi dirai la verità su di te- dissi lentamente guardando i suoi occhi.
-La verità... beh, le ho detto la verità. Ho la febbre, e lei stesso l'ha detto!- mi rispose, mentre le sue guance diventarono rosse. E non riuscivo a capire cosa mi stava accadendo.
Decisi di riprovare; forse non ero stato convincente.
-Julya, come ti sei presa il raffreddore?- feci una domanda stupida, conoscendo già la risposta.
-Come tutte le persone normali! Si sente bene professore?.- Disse, mentre feci un lungo respiro.
-Cosa diavolo sta succedendo? Perché non funziona con lei- continuai a chiedermi, sentendo la sua piccola mano sul mio braccio.
Un'altra scossa, ma questa volta anche lei la sentì, allontanando subito la sua mano.
-Ahia, wow, elettricità pura- disse, e le comparve un leggero sorriso.
-Ti sei fatta male?- domandai.
-No, no, sto bene. Sono solo un po' stanca.- Aggiunse, e capii che era il momento di andarmene.
-Qui c'è dell'altro cibo! Se domani non ti senti meglio, questo è il mio numero di telefono, mandami un messaggio.- Aggiunsi, tirando fuori un bigliettino con i miei dati. Lei lo prese per poi riaccompagnarmi alla porta.
-Grazie professore.- Mi voltai verso di lei, nonostante il mio stato confusionale era aumentato ancóra di più.
-Daniel. Quando siamo fuori dalla scuola, puoi chiamami così.- Le risposi, prima di sparire per ritornare a Las Vegas. Cercai nella clinica Louis. Non so nemmeno perché sia venuto da lui. Non sa niente di me, del mio mondo, è un umano. Eppure, ogni volta correvo qui.
-Daniel?- la sua voce alle mie spalle, mi distolse per un attimo dai miei pensieri. -Ho un problema!- dissi, mentre il suo sguardo cambiava, pensando a quale danno avessi fatto.

 -Ho un problema!- dissi, mentre il suo sguardo cambiava, pensando a quale danno avessi fatto

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ETKEN - l'ultimo Principe Where stories live. Discover now