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 Tiffany's POV

"Guardi! Sta aprendo gli occhi, si sta svegliando!" Sento strillare, mentre cerco di aprire gli occhi incredibilmente pesanti ed assonnati. Li apro definitivamente e ci metto un po' a capire dove sono.

Sono distesa su un lettino, avvolta in un lenzuolo interamente bianco. Le pareti sono di un giallo angosciante e posso scorgere un tappeto bianco ed un tavolino accanto alla finestra.

Guardo davanti a me per vedere mamma e Liz che si alzano dalle loro sedie e mi vengono incontro con occhi pieni di preoccupazione : sono in ospedale.

"Mamma, Liz." Dico, ma la mia voce è troppo rauca per poterci capire qualcosa, come se le mie corde vocali stessero implorando di ricevere un po' d'acqua.

"Bambina mia!" Esclama mia madre abbracciandomi, Liz fa lo stesso. Posso vedere i loro occhi lucidi e la loro voce rotta dai possibili pianti.

"Cosa...cosa mi è successo?" Chiedo, ancora confusa.

"Non lo so, sono tornata a casa e ti ho trovata in camera tua, con il braccio sanguinante e la guancia tagliata. Sembravi priva di vita, eri pallidissima." I suoi occhi sono spalancati, come se la scena di me priva di sensi fosse nella sua testa.

"Chi è stato a ridurti così?" Parla Liz dopo qualche minuto.

"Io...voglio dell'acqua." Borbotto, portando una mano alla gola, che brucia terribilmente tanto.

Mia madre si alza del lettino, per poi prendere una bottiglietta d'acqua ancora sigillata e porgermela. Sorseggio velocemente, mentre sento del sollievo per la mia povera gola.

Guardo prima Liz e poi mamma, che sembra sul punto di parlare, ma viene interrotta dall'aprirsi della porta.

"Oh, vedo che ti sei svegliata." Il dottore davanti a me sorride cordialmente.

"A quanto pare eri stata ferita al braccio da un'arma da taglio, non troppo profondamente per fortuna. Ti abbiamo fasciato il braccio, mentre la tua guancia l'abbiamo medicata e disinfettata, era una piccola ferita." Spiega, mentre io faccio mente locale di tutto quello che era successo ieri. Questo basta a far apparire il suo viso nella mente, il che mi fa sedere di scatto sul lettino, mentre quelle immagini si riproducono all'infinito nel mio cervello.

"Chi è stato a farti questo, Tiffany?" Sussurra mia madre, sembra quasi una supplica.

"Io..." Cerco di parlare, ma non ci riesco.

"Signora, piano, è ancora un po' scossa dalla sera precedente, non è il caso di farla sforzare molto." Le consiglia il dottore e lei annuisce.

"Comunque, se firma tutti i documenti necessari, potrà uscire entro un paio di ore, dopo aver fatto qualche controllo per accertarsi che sia tutto in regola." Continua poco dopo. Mia madre allora si dirige fuori dalla stanza, mentre Liz mi fissa per un po'.

"Cosa è successo, Tiffany?" Chiede, prendendomi la mano e stringendola nella sua.

"Non lo so, per favore non chiedermelo." La supplico, la mia voce è solo un sussurro.

Lei sembra capire, sospira e dice solo "Ci vediamo più tardi, guarisci presto," prima di uscire dalla stanza e lasciarmi sola ad i miei offuscati pensieri. Pensieri che comprendono due occhi color ghiaccio terribilmente inquietanti che mi fissano e quel sorriso che si allarga di più ogni qual volta provi dolore.

-

"Bevi la camomilla e mangia qualche biscotto, se hai bisogno di qualcosa, qualunque cosa, non esitare a chiamarmi." Dice mia madre, mentre posa un vassoio con una tazza fumante e dei biscotti sul mio letto, ricoperto da un piumone viola: il mio colore preferito.

"Si, mamma. Tranquilla." Provo a rassicurarla, mentre mi metto a sedere e adagio il vassoio sulle mie gambe.

"Per favore, bambina mia, dimmi chi ti ha fatto tutto questo!" Afferma improvvisamente, facendomi sussultare per la sorpresa.

"Io...non me lo ricordo, mi dispiace."

Mentire a lei ed a Liz è una delle cose più brutte che io possa fare, ma non ho altra scelta. Loro cercherebbero di parlarne con la polizia e Jeff, cattivo com'è, per salvare se stesso farebbe loro del male. Non voglio nemmeno pensare alle terribili cose che potrebbe fare. Il solo pensiero mi fa rabbrividire.

"Va bene, ora ti lascio un po' da sola." Sospira, cercando di sforzare un sorriso, faccio del mio meglio per sorriderle anch'io e poi la vedo attraversare la stanza per uscire. So che non si sarebbe arresa fino a quanto non avrebbe scoperto la verità.

Quando chiude la porta alle sue spalle prendo la tazza, ancora bollente, e la porto alla bocca, cercando di rilassare i muscoli e far andare via dal mio corpo lo stress e la paura.

"Bentornata a casa!" Sento dire e per poco non mi va la camomilla di traverso. Poso la tazza sul vassoio e mi giro velocemente verso la finestra.

"Che ci fai di nuovo qui? Va' via!" Gli ordino, cercando di restare calma, anche se la cosa mi risulta più che difficile, quasi impossibile.

"Uh, la ragazzina è nervosa." Mi schernisce, scendendo dal davanzale della finestra e piazzandosi difronte a me.

"Non chiamarmi ragazzina." Rispondo a tono, distogliendo lo sguardo dal suo.

"Quando ti parlo, o mi parli, devi guardarmi negli occhi, hai capito?" Asserisce, stringendo con la mano il mio mento, facendomi deglutire a quella vicinanza.

"Hai perso la lingua?" Ghigna, allentando la presa dal mio viso.

"Sono stanca, lasciami in pace." Sbuffo, guardando il soffitto.

"Credi che solo perché sei andata in ospedale e adesso stai male, io non possa torturarti?" Parla sempre come se quello che dice fosse la cosa più normale del mondo.

Io rifletto meglio su quello che vorrei dire: vorrei tirargli addosso milioni di insulti, prenderlo a pugni, urlargli di andarsene e non tornare mai più, di morire per tutto il male che ha causato, di marcire in una cella buia fino alla morte; ma non lo faccio. Non perché non ne abbia il coraggio, ma perché urlare comporterebbe mamma a precipitarsi qui ed a quel punto potrebbero accadere due cose: Jeff potrebbe andarsene e mia madre in quel caso crederebbe che io sia pazza e che gridi da sola, così da farmi finire in manicomio; la seconda opzione è che Jeff faccia del male a mamma, l'opzione più brutta, aggiungerei.

Così mantengo la calma, respiro profondamente e poi lo guardo negli occhi.

"Ti chiedo solo una tregua per oggi, domani ritorneremo, anzi, ritornerai a torturarmi ed io ad oppormi. Ma oggi lasciamo stare."Dico, ormai stanca di tutto. Sono davvero arrivata a questo punto? A supplicarlo di avere pietà di me?

"Bene." ,inizia a parlare, appoggiandosi al davanzale della finestra, "Voglio sapere qualcosa di più sulla mia vittima." Continua, accendendo una sigaretta.

"Be', innanzitutto odio l'odore del fumo, quindi spegni quella cosa." Sbotto innervosita. Lui si avvicina a me, fa un lungo tiro e poi mi sputa tutto il fumo in faccia con un ghigno.

Io inizio a tossire e guardo la sua espressione, rimanendo per un attimo stranita: l'azione appena compiuta l'aveva fatto apparire quasi...attraente. Devono essere effetti collaterali dovuti a qualche farmaco che mi hanno iniettato, sicuramente è questa la ragione per la quale sto delirando.

A quel punto inizio a fissarlo, provando ad immaginare come sarebbe il suo viso pulito: senza quelle cicatrici inquietanti a contornargli il sorriso, con i capelli più chiari e la pelle...di un colorito normale, non di qualcuno che sembra sul punto di morire. Come può un essere umano avere quest'aspetto?

"C-cosa vuoi sapere su di me?" Chiedo, maledicendomi di star balbettando come un idiota.

"Dimmi quello che ti pare." Fa spallucce, sedendosi con noncuranza al bordo del letto.

"Ad una condizione." Mi affretto a rispondere, mettendomi meglio a sedere e fissandolo dritto in quegli occhi talmente chiari da sembrare finti.

"Quale?" Chiede, prestandomi maggiore attenzione.

Io guardo bene la sua espressione, cercando di decifrarla inutilmente. Avvicino la mano ai suoi tagli sulle guance, senza toccarli, poi dico:

"Dimmi come ti sei ridotto così."

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