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Tiffany's POV

Dopo la mia ultima affermazione, lui si irrigidisce visibilmente e, quando inizia a parlare, ha uno sguardo così perso nel vuoto che sembra stia parlando da solo, invece che con me.

"È successo tutto per colpa loro...quegli stupidi bulletti del cazzo, quella stupida festa di compleanno, io sapevo che non ci sarei dovuto andare, ma ovviamente dovevano obbligarmi. Tutto questo non sarebbe successo!" Esclama con rabbia, passandosi una mano tra i capelli corvini.

"Non...non capisco..." Ammetto, guardandolo stranita.

Quali bulli? Quale festa? Cosa non sarebbe successo?

Lui mi guarda negli occhi e sospira pesantemente, abbassando lo sguardo, poi lo rialza di colpo, facendomi sobbalzare per lo spavento.

"Basta, non voglio parlarne più!" Afferma, serrando i pugni.

"Ma se non hai detto nulla che mi faccia capire!" Gli rispondo, mentre lui mi guarda male.

"No, no, non voglio parlarne più, non ce la faccio! Ti ho chiesto di parlarmi di te, fallo e basta." Mi ordina con la mascella serrata, stringendo lentamente gli occhi in due fessure.

"Non ci penso proprio. Il patto era parlarti di me solo se tu mi avessi detto come sei diventato così." Ribatto, incrociando le braccia e poi serrando gli occhi di colpo a causa del dolore ancora lancinante al braccio.

"Per ora non ti dirò niente, per cui fattene una ragione. Adesso hai due possibilità: o mi parli di te, o la tregua finisce qui...e sai che vuol dire." Amplia un sorriso inquietante.

Io deglutisco. Fine della tregua significa che mi avrebbe torturata di nuovo.

Non voglio sembrare debole, ma non voglio neanche subire nuovi danni, per cui per questa volta mi sono limitata ad annuire.

"Vedi come vanno meglio le cose quando collabori, Tiffany?" Il modo in cui pronuncia il mio nome mi fa salire una serie di brividi lungo la schiena, ma cerco di non darlo a vedere.

"Io...mi chiamo Tiffany Prank, ho diciassette anni, sono figlia unica e vivo con mia madre perché i miei sono divorziati. Studio psicologia e frequento il quarto anno del liceo di New York...tutto qui." Concludo, lui sembra annuire, anche se di poco.

"Puoi dirmi almeno qualcosina su di te? Non per forza nei minimi particolari, le cose basilari." Chiedo, vorrei davvero sapere qualcosa in più su di lui. Magari qualcosa che avrebbe potuto aiutarmi a sbarazzarmene una volta per tutte.

Lui sospira per la milionesima volta, visibilmente irritato.

"Il mio nome completo è... Jeffrey Alan Woods, ma lo odio per cui per te io sono solo Jeff. Ho diciotto anni e i miei genitori, così come mio fratello, sono morti." Ammette, io sgrano gli occhi. Mi ero inizialmente concentrata sul modo in cui aveva pronunciato il suo nome, ma le informazioni successive mi hanno decisamente scioccata.

Sarà questo il motivo che l'ha spinto ad essere un killer?

"Hai solo un anno in più di me...e...m-mi dispiace per i tuoi cari." Provo ad usare un tono che non risultasse pateticamente scontato, ma lui invece amplia un sorriso.

"Non è di certo colpa tua." Aggiunge, con qualcosa di altamente cattivo nel tono di voce.

"Come..." Non mi dà il tempo di porgli quella domanda, perché mi blocca parlando sopra la mia voce e sovrastandola.

"Non chiedermi come sono morti, questo mi porterebbe a doverti spiegare tutta la mia storia, quindi no." Dice con un tono duro, prima di saltare fuori dalla finestra e sparire dalla mia visuale.

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