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Tiffany's POV

"Signora, a questo punto credo che si possa dedurre cosa sia successo." Sento dire. Ho gli occhi pesantissimi, non riesco ad aprirli. Continuo a mantenerli chiusi così da poter ascoltare la conversazione che sta avvenendo attorno a me.

"Mi dica, cosa sta succedendo? Cosa è successo a mia figlia?" La voce disperata di mia madre risuona tra le pareti della stanza.

"Quello che sto per dire non sarà bello, ma ho paura che sua figlia si sia prodotta queste ferite da sola." Dice l'uomo, il dottore.

Cosa? Ci mancava solo questa: che per colpa di quell'essere mi considerassero un' autolesionista.

"No, assolutamente no, Tiffany non lo farebbe mai! Non ne avrebbe alcun motivo!" Ribatte mia madre.

"Ascolti, so che è duro da sentire, ma sua figlia non le ha voluto dire chi è stato a farle del male la scorsa volta e adesso si ritrova con dei tagli, mentre è in camera sua e non trova nessuno. Io non sono di certo un poliziotto oppure un investigatore, sto soltanto deducendo le mie conclusioni. Sua figlia...solo lei sa la verità." Conclude, uscendo dalla stanza.

"Perché, bambina mia? Perché? So che non avresti motivo di farti del male da sola, sei una ragazza forte ed intelligente, ma allora chi è stato?" Singhiozza al mio fianco, facendomi sentire dolore all'altezza del petto.

Dopo le sue parole, trovo la forza di aprire gli occhi e vengo travolta dall'accecante luce solare che penetra dalla piccola finestra della stessa camera d'ospedale dell'altro giorno. Lo stesso luogo freddo e spoglio.

"M-mamma." Balbetto, sentendo un male lancinante che mi tira verso destra, esattamente dove si trova il grosso cerotto bianco sul mio collo. Proprio dove lui ci aveva lasciato quel taglio.

"Tiffany, sapessi quanto ero preoccupata!" Esclama, abbracciandomi. Io cerco di sorriderle, quando un'infermiera entra nella stanza.

"Ah, vedo che si è svegliata." Dice, annotando qualcosa su una cartellina.

"Ti abbiamo già medicato la ferita, tieni quel cerotto per tutto il giorno e non toglierlo. Signora, lei può firmare dei moduli e sarà libera di portare sua figlia a casa." Mia madre annuisce ed esce dalla stanza, seguita dall'infermiera.

Sospiro sonoramente e profondamente quando rimango sola nella stanza, pensando a come tutto questo stesse andando di male in peggio.

Non sono un'autolesionista, ma come avrei mai potuto spiegare tutto questo a mia madre? Chissà come avrebbe reagito, avrebbe dato sicuramente di matto.

Una volta aver firmato tutti i moduli, mia madre ed io siamo uscite dall'ospedale e siamo tornate a casa. Sono salita silenziosamente nella mia camera, non avendo voglia di parlare.

Guardo queste quattro mura che mi circondano, non potendo fare a meno che sentirmi terribilmente in pericolo. Una volta questa stanza risultava ai miei occhi come un rifugio, ma adesso non mi faceva sentire più al sicuro. Adesso lui sapeva che fossi qui.

Affondo la testa nel cuscino e, grazie alla stanchezza che sto accumulando giorno per giorno, sprofondo nel sonno.

Tonfo. Sento un tonfo particolarmente rumoroso. Il pavimento sotto di me scricchiola mentre qualcuno cammina nella mia direzione.

Mi sento completamente indolenzita e la mia testa sembra implorare di ricevere il quanto più sonno possibile.

Trovo la forza di aprire gli occhi e la scena che mi si prospetta davanti mi sconvolge.

Sono legata per le mani al muro e le mie ginocchia sono sul pavimento, mentre la mia testa è chinata verso il basso, ma non è questa la parte peggiore.

Ci sono corpi. Corpi di persone morte, uccise, tagliate, sgozzate. E su ognuna di loro...c'è inciso un enorme sorriso rosso che sale fin sopra le guance. Esattamente come il suo.

Alzo di poco la testa per vedere lui che finisce di sgozzare un'altra delle povere vittime che mi circondano, il che mi fa salire l'istinto di piangere e di vomitare allo stesso tempo, soprattutto quando lecca la lama del suo coltello insanguinato.

"Ciao, Tiffany." Si avvicina a me, ampliando un sorriso perfido.

"Che cosa vuoi da me? Lasciami in pace!" Grido, provando inutilmente ad allontanarmi.

"È arrivata la tua fine, dolcezza." Dice, mentre affonda il coltello nel mio cuore. Io emetto un urlo strozzato a causa del dolore.

Si posa un dito sulla bocca, intimandomi di fare silenzio, per poi sussurrare "Torna a dormire."

"Tiffany, ti prego svegliati!" Sento qualcuno scuotermi, quindi apro gli occhi mentre mi asciugo il sudore sulla mia fronte.

Era solo un sogno, un dannato sogno.

Eppure...eppure sembrava così reale, così incredibilmente reale, aggiungerei. Quelle persone... era come se fossero veramente lì, come se lui le stesse davvero uccidendo davanti ai miei occhi. E poi quando mi ha uccisa avevo sentito davvero la lama perforare il mio petto. È stato l'incubo più brutto che abbia mai avuto.

"Cosa ti è successo, Tiffany? Sono salita per controllarti e ho visto che gridavi e piangevi nel sonno, sembravi impazzita." I suoi occhi sembrano star riproducendo quello che ha visto, mentre io cerco di mettere insieme le cose confusionarie che ho in testa.

"Ho fatto...un incubo." Sussurro, non volendo entrare nei dettagli. Solo a ripensarci mi viene da piangere dalla paura. Non ne posso più.

"Tiffany, prima non te ne ho parlato perché volevo ti riposassi, ma adesso voglio farlo. Per caso...ti sei...fatta del male da sola?" Mi chiede e credo che in cuor suo stia pregando tutti i Santi del Paradiso affinché non fosse così.

"No, mamma. Ovvio che no, come puoi anche solo pensare che me lo sia fatto da sola?" Affermo, irritata dal fatto che possa pensare queste cose.

Evidentemente anche io avrei potuto pensarlo al posto suo, ma si tratta di me, lei mi conosce e sa che non l'avrei fatto. Non l'ho fatto quando ne avevo motivo, perché avrei dovuto farlo adesso?

"Menomale! Ma allora...chi è stato? Ti prego Tiffany, dimmelo!" Mi scuote per le spalle, supplicandomi.

"Se c'è qualcuno che ti fa del male devi dirmelo, così potremmo denunciarlo e tutto tornerà alla normalità."

Sembra la cosa più semplice del mondo, detta così. Ma lei non sa che sono nelle grinfie dell'assassino più temuto del momento, non lo immagina neanche lontanamente.

"Mamma, ho fame." Cerco di sviare il discorso, sperando che non ne parli più.

Lei sospira, ma io continuo ad insistere così non le resta altro da fare se non annuire e dire di tornare tra poco con del cibo.

Ritorna da me qualche minuto dopo, porgendomi un sandwich preparato poco prima, io mi affretto ad addentarlo, per far sembrare che stessi realmente morendo di fame, quando in realtà nello stomaco mi si è aperta una voragine.

Il suo insistente modo di fissarmi mi snerva un po', così giro la testa di lato, verso la finestra, per poi urlare dallo spavento.

"Cosa succede Tiffany?" Mi chiede mia madre, che è sobbalzata dallo spavento.

"Lui, lui è qui mamma, va' via prima che se la prenda con te!" Strillo, lei guarda fuori dalla finestra, assumendo un'espressione stranita.

"Ma cosa dici? Non c'è nessuno lì!" Esclama, passandomi una mano sulla fronte.

"Ti dico che c'era, non sono malata, lui era lì!" Affermo, impaurita.

"Chi? Chi era lì?" Chiede ancora, non capendo di cosa stessi parlando.

"Il ragazzo con il sorriso fin sopra le guance. La sua pelle è così bianca, i suoi capelli neri come la pece, gli occhi di ghiaccio!" Dico e poi mi lascio sfuggire un grido disperato.

"Basta, Tiffany. Sei ancora scossa e stanca, non sai quello che dici. Riposati adesso." Sbotta, aprendo la porta della stanza.

"Mamma, ho detto la verità!" Grido, ma lei è già uscita.

Non posso fare a meno di piangere per la disperazione, credendo di star davvero impazzendo. Tutto questo mi avrebbe distrutta.

MadnessWhere stories live. Discover now