L'errore

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«Ragazzi, oggi impareremo l'arte del leggere le fogl-»

La porta si spalancò improvvisamente, lasciando entrare nell'aula un affannato Scorpius con tanto di zaino e schizzi di inchiostro provenienti dal calamaio che teneva pericolosamente in bilico sulla pila di libri.

Il professor Hoyle non se ne accorse minimamente e continuò deciso il suo discorso, troppo preso dalle prodigiose rivelazioni che, secondo lui, avrebbero fatto quei ridicoli pezzi verdi.

«Si può sapere dove sei stato?» domandai appena prese posto accanto a me.

«Al bagno.»

Maghi, streghe e babbani, la classica scusa infallibile per non destare alcun sospetto era appena stata dichiarata.

«Una scusa migliore?» chiesi sarcasticamente.

«È la verità» rispose.

Non tollerai quel genere di risposta, calcolando il tono di voce fin troppo calmo, al contrario del mio che stava per esplodere come una bomba ad orologeria.

«Insomma, che diavolo ti succede?!
Arrivi tardi a lezione, a colazione non degni nessuno di uno sguardo, te ne vai senza preavviso e ora ti metti a mentire come se nulla fosse!»

Presi un bel respiro aspettando una sua risposta, la quale però non arrivò.

Decisi dunque di andare subito al sodo.

«Tanto è inutile, perché so che c'entra mia cugina, quindi ora ti conviene spiegarmi tutto.»

Si irrigidì sul posto e potei sentire le esclamazioni di felicità dagli spalti durante la partita di Quidditch che si stava svolgendo nella mia testa.

GOAL!

Potter 10 Malfoy 0

Pluffa al centro.

«Albus.. io e lei ecco.. ci siamo già conosciuti in un modo.. come dire, non molto carino» disse lentamente, scandendo ogni parola.

«Non si parla nelle mie lezioni, signorini!» esclamò improvvisamente il professor Hoyle lanciandoci un'occhiata di rimprovero, ritornato sulla terra da chissà quale pianeta di foglie a me sconosciuto.

Non gli prestai alcuna attenzione, deciso di andare fino in fondo alla questione.

«In che senso?»

«Vedi.. quando sono sceso con altri del primo anno dal treno, ci stavamo dirigendo alle barchette, quando una ragazzina davanti a noi è caduta in malo modo.

Come uno stupido, mi sono avvicinato e l'ho presa in giro, ovviamente anche lei non è stata da meno.
Ma vedi Al, quella ragazza era Rose!»

Rimasi spiazzato, ma appena sentii quello che aveva cercato di fare il mio amico, nessuna parola fu più in grado di uscire dalla mia bocca.

«Sono arrivato tardi perché sono andato a cercarla per chiederle scusa!»

«Potter, Malfoy, 15 punti in meno a Serpeverde!»

***

La Sala Grande era gremita di studenti, la cena stava per essere servita e all'appello mancava solo una Corvonero.

«È strano, è sempre puntuale!» fece notare Scorpius torturandosi le mani.

«Arriverà.»

Quella sera era nervoso quanto uno studente prima di un esame: avevo cercato di chiedergli il motivo, senza successo.

Come se qualcuno avesse lanciato un incantesimo di appello, una chioma rosso fuoco entrò dalla porta, per dirigersi al tavolo blu-bronzo.

Scorpius scattò in piedi e la raggiunse velocemente.

«Malfoy, così ostruisci il passaggio.»

«Non mi interessa, devo dirti una cosa abbastanza importante da non far passare nessuno.»

Il tono di Scorpius era ferreo.

«Beh, a me non interessa affat-»

«Ti chiedo scusa.
Scusa per come ti ho trattata il giorno che sei caduta.
Scusa per come ti ho deriso e preso in giro.
Non te lo meritavi.
Mi dispiace.»

Nella Sala Grande tutti trattennero il respiro, nessun rumore, nessuna parola: sembrava che l'incantesimo Silencio fosse stato scagliato in maniera molto potente.

Io compreso rimasi a bocca aperta da quello che avevo appena visto e sentito; certo, Scorpius mi aveva accennato che quella mattina era andata a cercarla per chiederle scusa, ma non avrei mai pensato, visto che non l'aveva trovata, che lo avrebbe fatto davanti a tutta Hogwarts la sera stessa.

Rose rimase immobile, come paralizzata, gli occhi sgranati e la bocca socchiusa dallo stupore; in genere nei momenti in cui vedeva un ragno.

Nella mente di tutti faceva capolino un solo pensiero: un Malfoy non chiede mai scusa, mai.

Dopo interminabili minuti di silenzio, Rose si riprese e dichiarò in tono sorprendentemente indifferente: «Sono contenta che tu l'abbia capito, ora, se non ti dispiace vorrei sedermi, sai com'è, ho fame.»

Errore.

Errore fatale.

Le parole che non avrebbe mai dovuto dire.

Il tono che non avrebbe mai dovuto usare.

L'atteggiamento che non avrebbe mai dovuto assumere.

La fine ancora prima dell'inizio.

I pezzi di un cuore spezzato che non sarebbe mai tornato come prima.

O forse si?

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