9-La terapia del paziente

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"Dr.Quinzel buongiorno. È un piacere svegliarsi con la sua incantevole voce di prima mattina. Come sta?"
Quel giorno fui puntuale e la mia seduta con Joker cominciò prima dell'orario stabilito sulla tabella.
"Buongiorno anche a lei. Stanca ma bene grazie. Lei invece? Come si sente?"
"Beh se le devo dire la verità sono un po triste..." mi rispose sconsolato mentre posò il volto lateralmente sul tavolo.
"Come mai? È successo qualcosa?" ero già pronta a prendere appunti con la penna.
"Vede la nostra chiacchierata di ieri mi ha tenuto sveglio tutta la notte. È da tanto che non parlavo di quella storia.
Capisce vero?"
"Assolutamente, le confido che non ha fatto dormire bene neanche me."
Si tirò nuovamente su. Rimase a bocca aperta per pochi secondi e spalancò gli occhi.
"Ah sì? Anche a lei ha fatto questo effetto?" abbassò il tono della voce.
"Non è una storia che si sente spesso in giro e lavoro qui da ormai un anno. I pazienti li conosco." posai la penna e mi misi a braccia conserte.
"E cosa ha fatto?"
"Cosa?"
"Non ha dormito quindi cosa ha fatto? Ha pensato? Ha letto qualcosa? Non so, glielo sto chiedendo." Si fece insistente, come se lo avesse incuriosito il fatto che non avessi dormito per lui.
"Eh sì ho pensato. Ma penso sempre." feci una leggera risatina, sapete una di quelle che fai quando sei in imbarazzo.
"A cosa ha pensato, Dr. Quinzel?"
Si chinò verso di me e riprese il suo tono malizioso.
"Mah... Alla sua infanzia sicuramente.. Poi vabbè cose personali ma nulla d'importante..." balbettai. Non era una domanda che mi aspettavo; non avevo nessuna risposta pronta che fosse adeguata -e soprattutto non ambigua-
"Mi dica, lei sa cose personali su di me. Non vedo perché io non dovrei saperle su di lei!" si fece serio, si mise composto sulla sedia. In un certo senso, scimmiottò quella che era la mia posizione abituale. D'altronde come aveva fatto anche le altre volte.
"Beh perché io sono una psicologa. Io la devo aiutare." Mi guardò e sbuffò.
"Perché secondo lei io non la potrei aiutare?" Rise. Un'altra volta.
"Come può aiutarmi lei se è qui per essere aiutato da me? Non ha senso" cominciai a ridere seriamente. Lui mi venne dietro.
"È sicura di non essere lei qui in cura da me dottoressa? La vedo piuttosto tesa. Mi dica cosa l'ha turbata questa notte?" la sua risata si fece isterica. Così come si fece anche la mia. Ne furono da prova le mie lacrime agli occhi. Faticavo a controllarmi.
"A quanto pare il mio trattamento é stato molto più efficace del vostro, Harleen."
Dannazione. Ecco di cosa parlavano i miei superiori. Era un abile manipolatore. Però, riuscì a farmi sorridere. Che strano, soltanto in quel momento mi resi conto che era passato tanto tempo dall'ultima volta in cui sorrisi.
Mi bloccai. Il mio sorriso s'incurvò nuovamente in un broncio, quello che avevo sempre.
"Non si lavora così però..." dissi mortificata a bassa voce.
"È stata bene. Però è stata bene, lo sono stato anche io. Non mi ha detto a cosa ha pensato questa notte."
Mi aprii. Feci un grosso respiro e gli confidai le mie piccole sofferenze.
Inclinò la testa verso sinistra e il suo ghigno si era trasformato in una tenera smorfia.
"Oh Harleen, non sei più sola. Da oggi io sarò tuo amico. Dimmi cara, ti posso chiamare Harley? Ti piace?"
Sorprendentemente arrossii. Non me lo aspettavo.
"Si, si. Harley va bene..."
Drinnn
"Allora a domani Harley!"

Birth of a Queen: The OriginsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora