Capitolo 5

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Dopo un'oretta i ragazzi erano tutti in soggiorno a ridere e scherzare. Mentre cenavamo realizzai che quasi tutti quelli che erano presenti nella stanza erano pericolosi: Caroline era un vampiro e il suo ragazzo un licantropo, Bonnie era una strega e il professore di storia era un cacciatore di vampiri nel suo tempo libero. Solo mentre eravamo seduti a tavola, un brivido iniziò a scorrermi lungo la schiena, avendo finalmente realizzato, un po' a scoppio ritardato, del fatto che la mia vita avrebbe potuto finire da un momento all'altro com'era precedentemente successo a tutti i miei cari.
-Nora, mi puoi passare il sale?-, mi chiese Damon.
-Certo.
Mi allungai sul tavolo per potergli passare il sale e per una frazione di secondo le nostre dita si sfiorarono. Quel contatto casuale bastò a farmi venire altri brividi di paura e mollai di colpo il contenitore, facendo rovesciare tutto il suo contenuto sul tavolo.
-Ehi! Ma che ti prende?-, mi chiese Damon stupito.
-Ni...niente... mi dispiace. Scusate, ma non mi sento molto bene...
Senza aspettare una risposta mi alzai e corsi nella mia stanza.
-No, Damon, lasciala andare: ha bisogno di un po' di tempo per assimilare la cosa-, sentii dire da Stefan, mentre lasciavo la stanza.
-Ma prima quando l'ho presa in braccio non sembrava per nulla terrorizzata, anzi...
Non sentii la risposta di Stefan, perché ormai avevo raggiunto le scale. Entrai nella mia stanza, chiusi la porta a chiave e mi raggomitolai su me stessa per terra ed iniziai a piangere silenziosamente. Piangevo perché mi dispiaceva avere paura dei miei cugini; piangevo per quello che era successo ai miei zii; piangevo perché ormai ero rimasta sola. In quel momento versavo tutte le lacrime che cercavo di trattenere da mesi. Non mi accorsi nemmeno di quanto tempo ero stata a piangere in posizione fetale per terra, fino a quando bussarono alla porta e mi alzai per aprire sentendomi tutti i muscoli indolenziti. Appena socchiusi la porta mi ritrovai davanti Damon che mi fissava impassibile. Non sapevo cosa dire. Le parole mi morirono in gola, sovrastate dalla paura e dal senso di colpa.
-Lo sai che non ti farei mai del male, te l'ho dimostrato oggi pomeriggio, ma se questa scoperta è troppo per te, posso fartelo dimenticare-, mi disse con voce grave.
-Non voglio dimenticare!-, esclamai con voce acuta indietreggiando, spaventata dall'idea che lui potesse prendere i miei ricordi.
-Allora cosa hai intenzione di fare? Di restare chiusa qui dentro terrorizzata dall'idea di incrociare anche solo il nostro sguardo?-, mi chiese con tono derisorio, avanzando verso di me. Ogni passo avanti che lui faceva io indietreggiavo di uno. Alla fine, passo dopo passo mi ritrovai con le spalle al muro, senza via d'uscita. Iniziai a tremare, di nuovo, mi sembrava di aver passato anni a tremare.
-Allora? Cosa vuoi fare? Hai paura di me?
Il suo tono sembrava voler prendermi in giro. Incominciai a piangere e lui, senza mostrare la benché minima emozione, se ne andò dalla mia stanza come un fantasma, sparendo con la sua super velocità. Quella sera mi addormentai in lacrime avendo impresse nella mente le ultime parole di Damon: "hai paura di me?".
Mi svegliai in piena notte, dopo poche ore di sonno tormentato. Rimasi alcuni minuti a fissare il soffitto riflettendo: avevo paura, ma non di Damon o di Stefan, realizzai, ma della sua natura. Pur sapendo che non mi avrebbe fatto del male, ogni volta mi veniva in mente che i suoi simili me ne avevano fatto tantissimo, ma mi resi conto che non potevo condannare loro due.
Mi alzai e uscii dalla mia camera, andando in cucina a cercare qualcosa da mangiare, perché tutta quella paura m aveva messo fame. Arrivata in salotto, però, mi bloccai vedendo Damon seduto sul divano che sorreggeva del bourbon.
-Quindi hai deciso di uscire dalla tua stanza solo la notte per evitare d'incrociarmi? Mi dispiace per te, ma visto che sono un vampiro, preferisco la vita notturna...
Quando pronunciò la parola vampiro sussultai, ma mi rifiutai di mantenere le distanze da lui a causa dei suoi simili violenti e crudeli. Feci un profondo respiro e mi avvicinai a lui, sedendomi sul divano al suo fianco.
-Mi dispiace. Mi sento tremendamente in colpa per aver paura di te e Stefan a causa della conoscenza violenta che ho avuto riguardo ai vampiri: so che voi non mi fareste mai del male, e mi sento un'idiota, ma ho bisogno di un po' di tempo...
-Ti sei seduta qui vicino, è già qualcosa-, mi disse.
Il suo tono era dolce e anche la sua espressione, ma poi sembrò ricordare qualcosa.
-Aspetta: tu sapevi già dell'esistenza dei vampiri? E come?
-Scusa, ma non me la sento di parlarne: te lo racconterò un giorno, promesso.
Damon si limitò a guardarmi e decise di non insistere. -Cosa stavi cercando?-, mi chiese, cambiando argomento.
-Mi era venuta un po' di fame...
-Vieni, è avanzata un po' di carne: se vuoi te la scaldo. Oppure vuoi tenere più sul leggero?-, mi chiese con un sorriso.
Con Damon era così: passava dall'essere scontroso e cinico, al comportamento simpatico e premuroso all'inverosimile. Mentre mi scaldava la carne mi dimenticai completamente di essere vicina ad un vampiro: in quel momento eravamo semplicemente io e Damon, due cugini non di sangue che si conoscono solo da un paio di giorni.
Mentre lo osservavo mettere la bistecca nel piatto sentii il bisogno di fare qualcosa per il suo dolore. Mangiai avidamente in silenzio e appena terminai mi misi a lavare il piatto.
-Tu lavi e io asciugo?-, mi propose Damon, che aveva passato tutto il tempo a guardarmi mangiare in silenzio.
Appena finimmo la delicata operazione lava-asciuga, mi girai a guardarlo e mi sorrise.
-Buona notte, Damon.
Mi alzai sulle punte e gli lasciai un delicato bacio sulla guancia.
-Buona notte, rossa. Se hai bisogno di qualcosa, chiamami-, mi rispose con una dolcezza infinita negli occhi.
Tornai in camera e mi riaddormentai, finalmente tranquilla.

Salvatore's cousinWhere stories live. Discover now