Capitolo 7

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-Tuo padre?
Ero sconvolta. Non poteva essere davvero il padre di Damon e Stefan, in tal caso mio zio avrebbe dovuto avere quasi 1000 anni!
–Me l'avrebbe detto! E poi nessuno può vivere così a lungo! A meno che...
-A meno che non sia un vampiro-, completò Damon. –Il che è impossibile: mio padre odiava i vampiri. Fu lui a dare l'ordine di rinchiuderli tutti nella cripta.
-Ma allora...?-, mormorai.
In quel momento Stefan entrò in cucina con passo svelto.
-Nora, mi vuoi spiegare perché ti sei messa ad urlare così contro ad Elena? Inoltre hai anche saltato la scuola.
-Ma chissene della tua Elena e della scuola!-, esclamò Damon. –Nora ha scoperto una cosa sconvolgente e del tutto impossibile.
-Senti, Damon, risparmiami le tue battutine con il doppio senso.
-Ma quale battuta. Magari lo fosse! Oggi la rossa qui presente ha fatto un giro della casa e si è imbattuta nel ritratto del nostro caro papà che tu credevi di aver ucciso-, iniziò Damon.
-Cosa c'entra? E poi io l'ho ucciso!
Stefan iniziava ad essere confuso.
-Beh, a quanto pare lo zio di Nora è identico a lui e hanno anche lo stesso nome...
-Con questo vorresti dire che sono la stessa persona? È assolutamente impossibile!
-Mi sembra una coincidenza troppo grande...-, mormorò Damon, afferrando il cellulare per comporre un numero.
–Alaric, ho bisogno che tu faccia delle ricerche. Non servono solo a me, sono anche per Nora. Ok... no, non importa quanto ci metti... va bene, grazie. Chiuse la chiamata dopo un minuto scarso.
-Perché l'hai chiesto al professore?-, gli chiesi curiosa.
-Lui ha accesso a dei documenti che possono esserci utili...-, rispose Damon in modo evasivo.
-Non ci resta che aspettare...-, dichiarò Stefan.
–Ora, Nora, mi spieghi cosa è successo con Elena?
-Lei non te l'ha raccontato?-, gli risposi mettendomi sulla difensiva.
-Sì, però vorrei sapere anche la tua versione dei fatti. In quell'istante a Damon suonò il cellulare.
–Scusate, ma credo proprio che dovrete fare a meno della mia presenza... No, vi prego, non disperatevi: tornerò il prima possibile-, annunciò sarcastico.
Si alzò, mi diede un bacio sulla testa e se ne andò lasciandomi sola con Stefan.
-Allora?-, insistette quest'ultimo appena il fratello chiuse la porta.
-Sono andata a chiederle aiuto per Damon e lei mi ha risposto che non merita il suo aiuto perché ha già fatto troppi errori, secondo lei...-, risposi con uno sbuffo.
-E serviva mettersi ad urlare?
-Sì! Lei non è nessuno per poter decretare chi può essere aiutato! Inoltre ha detto che le fa comodo avere Damon infatuato di lei perché così qualsiasi cosa gli chieda lui la farà. Lo sta sfruttando!-, dissi infuriata.
-Senti, Nora, tu Damon non lo conosci ancora bene e ti posso assicurare che le sue azioni hanno fatto soffrire molte persone, compresa Elena...-, cercò di spiegarmi.
-Questo non la giustifica! Non può usarlo così: non è un oggetto! E poi con me è sempre stato premuroso, tralasciando la prima volta che l'ho incontrato...
-Penso che il fatto di avere una persona che ha bisogno di cure in casa stia facendo uscire il suo lato migliore. In ogni caso vedrai che Elena penserà a quello che ti ha detto oggi e si verrà a scusare-, disse fiducioso, con un sorriso.
-Se lo dici tu...
-Comunque stasera andiamo tutti al Grill. Ti unisci a noi?-, mi propose sorridendo.
-Perché no? L'incazzatura di stamattina si fa ancora sentire e ho bisogno di sfogarmi in qualche modo...-, dichiarai.
–A che ora?
-Alle 18.00: ceniamo là.
-Cavolo, sono già le 15.30! devo decidere come vestirmi.-, esclamai, salendo subito in camera mia. Quella sera mi sentivo più aggressiva del solito, quindi optai per dei pantaloni stretti di pelle nera con una canottiera (ovviamente nera) con la stampa di un teschio con ragnatele e canini insanguinati in bella mostra; infilai degli stivaletti neri borchiati con il tacco alto e mi misi davanti allo specchio per truccarmi e pettinarmi.
-Nora, scendi un attimo?-, mi chiamò Stefan dal piano inferiore.
-Che succede?-, chiesi, appena entrai in soggiorno.
-Forse Alaric ha trovato qualcosa...-, annunciò Damon. –Mmm, come siamo sexy, rossa...-, commentò dopo avermi squadrata da capo a piedi.
-Cosa ha trovato?-, chiesi, ignorando il suo commento.
- Giuseppe Salvatore è sparito dalla circolazione durante il 1800. Quando è sparito lui, è comparso un misterioso Roberto Scorzi, morto nel 1885 seguito di un'aggressione. Poco tempo dopo, nello stesso luogo in cui è morto il signor Scorzi, è apparso Alberto Salvi. È ironica come cosa: ha sempre scelto dei nomi italiani e per la sua penultima identità ha mantenuto in parte il suo vero cognome. Salvi, Salvatore...-, spiegò Damon, leggendo da un fascicolo che teneva in mano.
- Damon...-, lo richiamò Stefan, vedendo che si era distratto.
-Sì sì. Allora, Salvi muore a Portland nel 1955. Poco dopo, a Seattle, compare Giuseppe Salvatore, che sposa Kristel Stevenson nel 1985 e muore nel 2013-, conclude.
-Ma chi dice che siano sempre la stessa persona?-, chiesi, incapace di accettare una simile scoperta.
-Come Roberto Scorzi è stato sindaco di Mystick Falls, comico, vero? In biblioteca ci sono parecchie sue foto. E come Alberto Salvi abbiamo controllato le foto sui suoi documenti.
-Quindi mio zio in realtà è vostro padre, non che un vampiro millenario?-, chiesi sconvolta.
–Ma ora è morto! Quando sono tornata a casa ho trovato lui e mia zia sgozzati sul pavimento della cucina, sommersi nel sangue!
-Nora, calmati-, mi sussurrò Stefan, circondandomi le spalle con un braccio. Senza rendermene conto avevo iniziato a tremare.
-A questo punto non mi stupirei di vederlo comparire sulla soglia di casa nostra, un giorno.-, commentò Damon con indifferenza.
-Aspetta, tu quando sei arrivata hai detto che ti aveva raccontato di avere dei parenti qui, quindi vuol dire che lui ha sempre saputo i nostri movimenti-, disse sicuro Stefan, come se avesse avuto un'improvvisa illuminazione.
-Già, e non ha mai pensato di venire a farci visita. Probabilmente col passare dei secoli l'istinto paterno è andato scemando...-, commentò Damon.
Il suo modo di fare così indifferente mi diede fastidio.
–Potresti mostrare un minimo interesse per la cosa?-, lo accusai alterata.
Lui mi rivolse uno sguardo freddo. –Non ho intenzione di mostrare la minima emozione nei confronti di qualcuno che mi ha mentito e non ha mai provato il desiderio di ricongiungersi con suo figlio-, disse duro.
-Sei davvero senza cuore!-, lo accusai sconvolta.
Lui mi guardò impassibile, senza ribattere.
-Damon...!-, lo ammonì Stefan, vedendo i miei occhi che iniziavano a farsi lucidi.
–Nora era molto legata a nostro padre...
In quel momento qualcosa sembrò accendersi in Damon che mi guardò con espressione quasi colpevole. Senza dire una parola si alzò e mi si piazzò davanti.
-Scusa, me n'ero dimenticato...
-Già, perché a te importa solo di te stesso, vero?-, lo accusai cattiva.
-Ecco che inizi a parlare come loro: "Damon è uno stronzo, pensa solo a sé stesso"!-, disse, scimmiottando un voce femminile.
Il suo sguardo s'indurì e mi voltò le spalle.
Mi sentii subito in colpa, ma ero ancora troppo sconvolta per potergli chiedere scusa. Passai alcuni minuti in silenzio entrambi immobili, a fissargli la schiena, poi lui se ne andò, senza dire una parola, facendomi sentire ancora più in colpa. Appena chiuse la porta, mi passai una mano sul viso con fare stanco.
-Non avrei dovuto dirgli quelle cose: non lo pensavo davvero...-, mormorai.
-Avete esagerato entrambi. Tranquilla, gli passerà presto-, mi assicurò Stefan dolcemente.
-Dio, mi sento terribilmente in colpa...!
-Scommetto che sta andando al Grill a bere...-, dichiarò Stefan, con un mezzo sorriso.
Senza dire una parola, m'infilai la giacca di pelle nera, presi le chiavi della macchina e mi diressi al Grill, decisa a trovare Damon per chiedergli scusa. Arrivai al locale ed entrai, pronta a chiedergli scusa. Mentre camminavo mi resi conto che la giacca mi stava enorme. Mi fermai davanti alla vetrata per osservarmi e mi accorsi di aver preso inavvertitamente la giacca di Damon. Sorrisi e guardai lungo il bancone alla ricerca di una chioma nera.
-Mi dispiace...-, mormorai avvicinandomi a lui di spalle, appena lo vidi da solo a bere a un tavolo.
-Già...-, commentò senza voltarsi a guardarmi.
-Damon, sul serio. Non pensavo quelle cose: ero sconvolta...
Finalmente si girò e mi osservò attentamente. –Io lo pensavo davvero.
-Perché? È tuo padre...!-, dissi stupita, mentre mi sedevo su una sedia di fronte a lui.
-Mio padre mi ha sempre trattato come se fossi un disonore per lui, fin da quando ero piccolo, poi appena crebbi iniziai a fare tutto quello che sapevo gli avrebbe dato fastidio, compreso lasciare gli studi, come una sorte di vendetta...-, mi spiegò semplicemente.
In quel momento mi mostro tutto il suo dolore e mi straziò il petto.
-Ragazzi! Come mai già qui?
Mi voltai, scoprendo che a parlare era stata Caroline. Le sorrisi forzatamente. –Ciao, Caroline. Avevo bisogno di uscire...
- Caroline-, disse Damon, a mo' di saluto.
Quando lo guardai, notai che aveva eretto nuovamente un muro a nascondere tutte le sue emozioni.
-Carina la giacca, Nora. Non ti sta un po' grande, però?-, commentò Caroline.
-Ehm... nella fretta ho sbagliato giacca-, mi giustificai, sentendomi osservata.
Infatti,quando mi girai verso Damon, vidi che mi stava osservando con un mezzo sorriso sulle labbra. –Te la regalo: sta meglio a te-, disse sorridendo, circondandomi le spalle con un braccio, mentre seguivamo Caroline verso il tavolo che aveva prenotato.

Salvatore's cousinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora