11. Il pianeta blu

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Jayden non aveva mai visto gli alti alberi di cui leggeva nei suoi documentari; li conosceva attraverso dipinti, che nulla rendevano della loro imponenza naturale.
Era molto affezionata al suo paesaggio natio, ma sentiva l'eccitazione e la curiosità di vivere qualcosa di nuovo e sconosciuto.
Sapeva che si sarebbe sentita a casa, ovunque sarebbe andata.
Il deserto, l'oceano e lo Spazio avevano qualcosa in comune: l'immenso; ed era proprio questo qualcosa a farla sentire a casa. L'immenso non le faceva paura: l'inospitale, oscuro e vuoto Spazio era più vero, più vivo, più affascinante dei grandi centri urbani in cui la gente sembrava felice di affogare sé stessa fra piazze gremite di bancarelle.
L'accademia aeronavale non le avrebbe fatto venire nostalgia della sua città.

Aprì la porta di casa, che presto avrebbe varcato per non fare ritorno per tre anni e, con ogni speranza, anche di più.
Si ritrovò in una splendida piazza bianca, con una tettoia di pietre decorate turchesi, rosse e verde smeraldo.
Jayden uscì dai portici, e mise piede sul sabbioso terreno desertico. Ogni strada o piazza che collegava gli edifici abitati era delimitata ai lati da portici e coperta in alto da una tettoia decorata, per ripararsi dal cocente sole rosso. Per il loro caratteristico colore, esse venivano chiamate le Strade Bianche di Edresia. Al di fuori di esse, la città era immersa in una gigantesca nuvola di polvere rossa: tutto aveva un aspetto terroso e secco.
Jayden affondò il piede nella sabbia, ed alzò coraggiosamente gli occhi verso il cielo.
La luce intensa dell'alba desertica le feriva gli occhi: fu costretta a ripararsi con una mano.
Era stanca di quella luce rossastra e di quel paesaggio troppo familiare. Non voleva trascorrere lì anche quei pochi anni di libertà di cui poteva godere, perché, quando si fosse dovuta sposare, sarebbe tornata a vivere nella capitale e non avrebbe più avuto scampo dal rosso deserto per il resto della vita. Aveva bisogno di cambiare contesto: di sentirsi trapiantata in un paesaggio completamente straniero.

Jayden non si curò dei numerosi divieti, seminati ovunque appena fuori delle Strade Bianche. Quei cartelli gridavano a caratteri giganteschi: "Attenzione, non allontanarsi dalla città!".
Capiva quei divieti: se si fosse inoltrata troppo nel deserto, non l'avrebbero più ritrovata, dal momento che era impossibile vedere qualcosa in quella infinita massa di polvere. Se avesse perduto la strada, il ritorno a casa sarebbe stato un'utopia. Sin da quando era bambina, le era stato insegnato che lasciare le Strade Bianche di Edresia e porre piede sulla sabbia desertica era assolutamente vietato.
Ma, nonostante ciò, sentì il bisogno di infrangere quella regola, e di andare incontro a quel pericolo come se, per una volta in vita sua, fosse libera di decidere di sé stessa.

Fece qualche passo in direzione del nulla. Poteva vedere solo fino a qualche metro da lei, perché più oltre la nebbia era troppo fitta.
Improvvisamente, le parve di intravedere una grossa sagoma bianca prendere forma in quella nebbia rossa e diventare sempre più grande man mano che si avvicinava alla città. Probabilmente era il Traghetto del Deserto.
Quando il traghetto si fu avvicinato abbastanza, d'improvviso la nebbia si diradò ai suoi lati come il Mar Rosso di fronte a Mosé.
La gigantesca sagoma bianca divenne riconoscibile e ben visibile, come una lama che fende la gelatina di polvere. Jayden lo guardava affascinata dai ricordi che quella vista destava nella sua memoria. Presenziare all'arrivo o alla partenza del traghetto le faceva sempre un certo effetto: forse qualcuno giungeva dai confini remoti dell'impero dopo aver visto paesi e città che Jayden poteva solo immaginare.
Oppure era gente che se ne andava da
Edresia e partiva per esplorare lo Spazio. Proprio come avrebbe voluto fare anche Jayden, il prima possibile.
Era anche per questo, che aveva fatto domanda all'Accademia di Tridia.

Si credeva che l'Accademia avrebbe costituito la salvezza dell'Impero, ma Jayden sapeva che la situazione era ben più negativa di quello che si diceva: l'accademia aveva solamente tremila navi e, sebbene fossero tutte sparse per l'Universo in cerca di una
salvezza - eccetto alcune che servivano per gli addestramenti -,
ancora non avevano avuto la minima fortuna. Tremila navi erano troppo poche, e, per di più, l'accademia non aveva le risorse necessarie per esplorare l'immenso Spazio: ogni nave aveva un'autonomia di soli tre mesi, passati i quali doveva tornare a terra per fare rifornimento. In tre mesi non ci si poteva spingere abbastanza lontano da esplorare lo Spazio più esterno, e ormai lo Spazio confinante era conosciuto a menadito: non esisteva niente, tutto
era morto e sterile.
La vita era possibile solo su Amaria e su Veradria; e lo sarebbe stata ancora per poco. Le risorse prime bastavano ad assicurare la sopravvivenza di due-tre generazioni, ma dopo? Cosa avrebbero fatto i loro nipoti? Come avrebbero vissuto? Sarebbero sopravvissuti abbastanza da trovare la vita su un altro pianeta o sarebbero morti prima, per stenti e per fame?
Jayden sapeva la risposta: non avrebbero avuto materie prime sufficienti per spingersi più oltre di quanto non avessero già fatto le navi imperiali, e così sarebbero morti tutti.
Jayden voleva cambiare tutto questo, e donare un lungo, prospero e sereno futuro alla specie umana, che se lo meritasse oppure no.
In tutta Triplania c'era una sola accademia, ed era a Tridia, capitale del pianeta Veradria. Bisognava, infatti, che il monopolio delle navi spaziali fosse concentrato in un unico organo imperiale, per evitare sprechi che non ci si poteva permettere. Costruire nuove navi avrebbe richiesto materie prime che non si aveva.
E poiché l'accademia era una sola, le navi erano poche e la responsabilità era grande, i test di ingresso erano famosi per l'estrema difficoltà: per ciascun corso accademico c'era un numero massimo di iscritti, ed era un numero massimo molto ristretto.
Jayden aveva scelto il corso di Pilota Esploratore, ovvero uno di quelli in cui era più difficile entrare.
Si era preparata per quel corso da quando aveva undici anni, ma l'agitazione non è inversamente proporzionale al grado di preparazione. Anzi, proprio perché Jayden aveva speso una vita a prepararsi per quell'esame e perché aveva desiderato entrarvi da quando era piccola, l'agitazione era cresciuta negli anni fino a diventare insopportabile.
Tremava dalla punta dei piedi alla radice dei capelli. La cosa peggiore era il viaggio di circa dieci ore per raggiungere il pianeta Veradria, dove si trovava la città di Tridia. L'attesa era snervante, e l'ansia si moltiplicava di minuto in minuto.
Oltretutto, all'ansia del test d'ammissione, si aggiungeva l'eccitazione di scoprire un nuovo pianeta, Veradria, su cui era stata una sola volta, quando ancora non era abbastanza grande da memorizzare ciò che aveva visto e vissuto.

Triplania- il predestinatoWhere stories live. Discover now