Sorriso

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Louis sentiva caldo, e un immenso dolore ai polsi e alle caviglie.

Quanto aveva lavorato quel giorno?
Rabbrividiva solo al ricordo del peso di quelle pietre sulla schiena: era stanco, sudato, sporco e ferito.

Respirava a fatica, e dopo aver passato tutta la notte in un vano tentativo di riscaldare il suo piccolo corpo, adesso stava letteralmente morendo di caldo e asfissia.

Maledetto clima, pensò con ancora gli occhi chiusi.
Gli stranieri, pensano che l'Egitto, su tutto il suo esteso territorio, sia la patria del caldo, del sole ardente e dei cammelli. Effettivamente è così (soprattutto la parte dei cammelli). Infatti il clima è desertico su quasi tutto il paese. Quindi, le estati sono molto calde e secche e, in pieno deserto, le temperature raggiungono molto facilmente i 43-45°C (in pieno deserto si raggiungono anche i 50°C).
Gli inverni invece sono miti, anche se non mancano le gelate notturne a causa dell'escursione termica.
Invece al nord, la costa affacciata sul Mar Mediterraneo è più tempera, sebbene notevolmente più secca rispetto alla media.

Il giovane ragazzo però, non la pensava così.
La sera, quando il grande e potente Ra tramutava la sua forma e il suo nome in Atum [1], e la notte scendeva rapida, con i suoi misteri e i suoi spifferi gelati, il giovane credeva di morire congelato nella sua fredda cella.

Non aveva vestiti profumati e appena lavati a coprire la sua pelle delicata (non era un vestito quel lurido panno che aveva in torno alla vita, messo solo per coprire la sua nudità)

Non aveva un letto su cui giacere dopo una lunga giornata (Louis si rifiuta di chiamare quello sporco ammasso di paglia letto).

Non aveva una persona che giacesse al suo fianco. Che lo facesse ridere o anche solo sorridere. Che lo facesse sentire amato.

Nessuno con cui riuscisse a parlare e nessuno a cui raccontare tutte le emozioni che teneva segregate dentro il suo corpo.

Cosa doveva fare?
Cosa poteva fare?

Pregava.
Pregava che il giorno dopo fosse migliore del precedente.
Che cambiasse qualcosa.
Sperava di svegliarsi, e capire che tutto quello che viveva era solo un orribile incubo.

E pregava tutta la notte, affinché il grande Dio della prosperità, della luce e del calore[2] sorgesse, per fare in modo di avere una piccola speranza, e di avere la certezza di essere sopravvissuto un altro giorno.

Pregava di non esalare l'ultimo respiro, perché Louis
sperava ancora che qualcosa cambiasse.
Era giovane.
E i giovani se non hanno certezze a cui aggrapparsi si buttano sulla fantasia.

E adesso era a sedere, mentre stringeva il suo corpo nelle sue braccia magre e scarne, come a voler infondersi coraggio.

Andiamo Louis, ce la puoi fare.

Guardava con i suoi enormi occhi azzurri la piccola finestra messa in alto con un sorriso appena accennato, mentre i raggi del suo adorato sole gli scaldavano il viso.
Oggi sorrideva.
Si sentiva stranamente felice.
Sospirava sollevato con le spalle appoggiate contro una parete di pietra della sua "stanza", inondato dalla calma.

Altre volte piangeva, perché non vedeva altro modo di sfogarsi.
Avrebbe voluto urlare, picchiare il muro, provare a scappare, ma a che servirebbe riprovarci?
Quindi, quale modo migliore di commiserare la propria esistenza se non piangere?

Altre volte si arrabbiava.
Si arrabbiava con i suoi genitori per averlo abbandonato in mezzo ad una strada quando era ancora un bambino, per non averci pensato due volte.

Perché nessuno mi vuole bene?
Oppure si arrabbiava con se stesso per non essere come gli altri uomini.
Perché sono così minuto? Perché sono così basso?

Un Fiore sbocciato nella sabbia » larry stylinson Where stories live. Discover now