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L'ultimo "ring" della campanella aveva appena finito di rumoreggiare con eco nei corridoi pieni solo di qualche ragazzino insolente che non voleva fare lezione. Jeon Jeongguk spostò lo sguardo dal banco alla finestra ruotando la testa di qualche grado, prima appoggiata sulla mano sostenuta dal gomito, verso la sua sinistra per guardare il cielo. Il rumore della campanella era stato talmente forte da far spaventare, e volar via, alcuni uccelli negli alberi circostanti. Uno di essi in particolare catturò la sua attenzione. Mentre tutti si alzavano per recuperare i loro zaini e mentre la signorina Kim continuava a ripetere i compiti per il giorno seguente, pensava alla bellezza del volo, della libertà. Avrebbe pagato oro pur di sentirsi libero come quell'uccello che volava libero verso l'infinito orizzonte. Si passò una mano sulla fronte mentre con l'altra riordinava il materiale sul suo banco per poi infilarlo nello zaino azzurro. Se lo caricò in spalla e si rese conto che era più pesante del solito. Stava funzionando. Il suo metodo di autodistruzione stava funzionando. A breve quasi non avrebbe avuto la forza di alzarsi e poi sarebbe morto.
Eccitato dall'idea si diresse verso la soglia della porta. Ma quando mancava appena un passo all'uscio la signorina Kim lo richiamò. Si fermò sperando non fosse rivolto a lui ma lo fece di nuovo. "Si, signorina Kim."
"Signorina" se così poteva definirsi una cinquantenne dai capelli bianchi ancora zitella. 

"Ho visto che tutta la lezione non hai seguito. Il fatto che non ti richiami non vuol dire che puoi essere distratto." 
Il moro, che non aveva voglia di sentirsi tutta la ramanzina e voleva scrollarsela di dosso in modo rapido, accennò un "Mi scusi signorina, farò del mio meglio al compito di fine semestre." 
Si girò pronto a fuggire via a gambe levate ma l'insegnante non aveva finito.
"C'è qualcosa che ti turba? Possiamo fare qualcosa come scuola." 
"Signorina Kim, grazie di preoccuparsi per me ma non serve. Grazie ugualmente." 
Indietreggiò lentamente ma lei lo fermò .
"Per la prossima lezione vorrei che mi scrivessi un testo sulla felicità." 
Si trattenne con tutto se stesso da un maleducato sbuffare. Si limitò ad un: "Va bene signorina, alla prossima." 
Stavolta non lo fermò quando uscì a passo felpato dalla classe. Appena nei corridoi camminò, come d'obbligo, alla mensa scolastica. Odiava la mensa: cibo, chiasso, risse, pettegolezzi... 
Preferiva dormire su un banco in un angolo dello stanzone, e così fece. 
Dalla parte opposta, Kim Taehyung serviva con un sorriso stampato sul volto tutti i ragazzi dell'ultimo turno. Appena finito il suo turno, soddisfatto del suo lavoro, pulì il ripiano di metallo e lasciò le donne delle pulizie finire il resto. Recuperò qualche avanzo di corsa e andò verso Jeongguk, ancora appisolato. 
"Ehi, ehi!" lo svegliò lentamente con un leggero colpetto sulla spalla. 
Lui alzò la testa con i capelli disordinati che gli vennero aggiustati con un dito. 
Appena i suoi occhi incrociarono quelli del ragazzo sorridente, indietreggiò sulla panca squadrandolo. Taehyung era ancora in uniforme da inserviente, era un po' sudato e aveva i capelli mantenuti da una bandana. Non era di certo un bellissimo aspetto ma il suo sorriso splendeva a 32 denti.
"So che non sarò bellissimo, specialmente ora, in questo stato. E so anche che questo cibo non è il massimo. Ho preso tutto il possibile, mi spiace che non sia tanto. Puoi mangiarlo." fece lui guardando il pasto disposto disordinatamente per la fretta.
All'altro il cuore cominciò a pulsare più forte.
"Grazie per la tua offerta, ma sono l'ultima persona a cui puoi offrire il tuo pranzo." 
"E perché mai?" 
"In primo luogo non mangio per scelta e poi non hai sentito le voci che girano sul mio conto? Avanti, dopo tutte quelle cose nemmeno gli insetti si avvicinerebbero a me come stai facendo tu" gesticolò leggermente, sentendosi quasi in colpa il sorriso dell'altro si spense.
"Ti assicuro che quelle poche informazioni che mi sono arrivate su di te, detto francamente, sembravano delle grandissime idiozie." cercò di divincolarsi in quella freddezza paurosa.
"Grazie per farmi sentire umano, mi fa piacere che qualcuno mi veda e noti i miei atteggiamenti ma seriamente, non ho bisogno di aiuto." 
Una lampadina si illuminò sulla sua testa. Un'idea si fece spazio tra i pensieri. Un'idea assurda, incosciente, probabilmente a fine fallimentare e che se applicata male avrebbe provocato la fine di tutto. Perché Taehyung non era di certo scemo e aveva capito che gioco stavano giocando. Un malsano gioco dove chi tace muore e chi parla non è ascoltato.
E lui l'avrebbe accontentato. Se non avrebbe lottato lui avrebbe già potuto fare le condoglianze ai suoi genitori.
E per questo, aveva bisogno di una mano... 

𝘿𝙞𝙢𝙢𝙞 𝙘𝙝𝙚 𝙢𝙞 𝙖𝙢𝙞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora